Gaziantep dopo il sisma (foto Reuters).
Il suo ultimo film, Nezouh-Il buco nel cielo, arrivato nelle sale cinematografiche italiane a metà gennaio, è ambientato durante la guerra civile in Siria, in una Damasco devastata e quasi deserta, all'interno di un appartamento squarciato da una bomba, nel quale vive una famiglia, una padre, una madre e una figlia adolescente lacerati nella scelta sul loro futuro: restare a casa, nel proprio Paese, o andarsene e accettare di diventare profughi in un'altra terra.
Soudade Kaadan, regista di origine siriana, nata in Francia da genitori siriani, cresciuta a Damasco dove era tornata con la famiglia da bambina, oggi vive a Londra. Ma la Siria resta sempre scolpita nel suo cuore e ritorna costantemente nella sua cinematografia, nel lungometraggio The day I lost my shadow del 2018, nel cortometraggio Aziza del 2019. Oggi, osserva da lontano, con dolore, la tragedia delle popolazioni siriana e turca messe in ginocchio dal terrermoto. E pensa alla sua terra immensa nostalgia.
Nezouh, che ha vinto il Premio Diritti umani Amnesty International al Medfilm Festival, è stato girato interamente a Gaziantep, la città turca vicina al confine con la Siria che è stata distrurra dal sisma. «Gaziantep e Antiochia erano entrambe cttà bellissime che avevano accolto i profughi siriani in fuga dalla guerra per cominciare una nuiova vita», racconta la regista. «A Gaziantep ho lavorato per il mio filme e la ricordo come una città calda, generosa, con un paesaggio meraviglioso. Ma già si trovava in una condizione di povertà enorme e diffusa, di trascuratezza e abbandono ed era sovrappopolata. Ora non posso nemmeno immaginare cosa sarà successo ai luoghi delle nostre riprese con il sisma: già prima quei posti sembravano devatsati da una guerra, per questo avevamo scelto di girare il film a Gaziantep».
Kaadan ha lasciato la Siria nel 2012, un anno dopo lo scoppio della guerra. «I miei ricordi di Aleppo risalgono a peima del conflitto: una città splendida, una delle più grandi della Siria, con una architettura storica meravigliosa. L'ultima volta che sono stata là ero stata invitata a presentare il mio film Damascus Roof and Tales of Paradise nel 2011 in un club cinemtografico armeno nel quartiere della nuova Aleppo e durante la notte abbiamo camminato per le strade della vecchia Aleppo. Dieci anni di guerra e ora questo terremoto disastroso hanno cambiato in modo radicale Aleppo e molte altre nostre città per sempre. La mia casa non sarà mai più la stessa».
I genitori della regista, il padre medico e la madre insegnante di francese, vivono a Damasco e stanno bene. «Loro sono lontani dalla zona colpita, quella settentrionale, che purtroppo nelle prime ore cruciali dopo il terremoto si è ritrovata da sola, senza aiuti, con le persone che scavavano a mani nude nelle montagne di macerie - con piccole squadre di Caschi bianchi - per cercare i loro familiari». E aggiunge: «Da quando me ne sono andata dalla Siria io non ho più potuto fare ritorno. È sempre difficile e doloroso vivere lontano dai ricordi di casa tua, non poter essere lì, nella tua terra, per poter dare il tuo aiuto».
(Foto di Julien Chavaillaz: la regista siriana Soudade Kaadan)