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domenica 15 settembre 2024
 
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"Il trumpista medio? Un bianco con le tre D: defraudato, derubato, deluso"

07/01/2021  "Il sostenitore tipo di Trump è nostalgico di un passato che in realtà non è mai esistito. E che pensa che se non fosse stato per le donne, gli immigrati e i neri, oggi sarebbe un signore", osserva Ken Shulman, per 15 anni corrispondente dell'Associated Press da Roma. Volti e voci su una pagina nera della storia americana

(Foto Reuters sopra: un sostenitore Trump all'interno del Campidoglio con la bandiera degli Stati confederati)

E’ una strana Befana, quella passata nel cielo d’America, in una interminabile, quanto indimenticabile, giornata politica in cui ha portato (almeno ai democratici) la maggioranza in Senato, e l’ufficializzazione della vittoria elettorale di Joe Biden, il tutto però sporcato dal “carbone” contenuto nella stessa calza, cioè una delle giornate più nere – appunto - nella storia della democrazia piu antica del mondo. Ma andiamo per ordine: il primo “dono” (ritenuto tale da almeno la metà degli americani) è arrivato nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, la vittoria nel ballottaggio dello Stato della Georgia dei due candidati democratici in lizza per il Senato. Entrambi sfidanti ed entrambi riusciti nell’impresa storica di scalzare, dopo un testa a testa estenuante nello spoglio dei voti, i due rispettivi occupanti repubblicani – come da tradizione in molti Stati del Sud - di quei seggi. Ma più che per la Georgia, lo stato di Martin Luther King, che per la prima volta elegge un nero alla Camera alta degli Stati Uniti, quel risultato - che cambia (per quanto di misura) colore al Senato - diventa fondamentale per la presidenza Biden che può iniziare il mandato con entrambi i rami del Parlamento a suo favore. 

Carol Munroe, 72 anni.
Carol Munroe, 72 anni.

«Ci sono state tante organizzazioni, tanti donatori, tanta gente in gamba e tanti volontari come me che hanno convinto la gente ad andare a votare, e ha funzionato, sia nelle elezioni generali che nel ballottaggio, importantissimo, della Georgia», dice soddisfatta Carol Munroe, docente universitaria di Matematica in pensione che ha devoluto gran parte del suo tempo libero, fin dalle primarie, in attività di propaganda atte per lo più a combattere l’astensionismo (grande piaga della democrazia americana). Poi facendosi scura in volto continua: «Tra il voto della Georgia e la ratifica del voti elettorali al Congresso pensavo veramente che questa stagione di follia elettorale fosse finita, e invece …». 

Invece, visto che per l’altra metà del cielo (anzi dello spettro politico americano) la giornata era  cominciata con il primo pezzo di carbone, per il presidente Trump è stato più facile del previsto aizzare le migliaia di sostenitori convenuti al comizio tenuto davanti alla Casa Bianca con le solite teorie cospirative che ripete dal giorno della sconfitta e le cifre - astronomiche e assolutamente non corroborate - dei voti rubati. Poi indirizzarli verso il Campidoglio, a circa un chilometro di distanza dove il Parlamento avrebbe di lì a poco ratificato quella “frode” è stato in gioco da ragazzi (premeditato per giunta). E’ bastato dire “andiamo a fare il tifo per i nostri parlamentari e a sincerarci che facciano il loro dovere” ed è partita la carica degli hooligans. «Trump ha fatto il lavaggio del cervello ai suoi sostenitori come agli adepti di un culto. Ha cavalcato la loro storica sfiducia nei media lasciandoli alla mercé dei social», continua Carol ancora scioccata dalle immagini passate per tutto il giorno in televisione. «La maggioranza sono "credenti", credenti veri, nel fatto che lui è il “buono” della situazione, e che l’elezione gliel’hanno rubata i “cattivi” di turno». 

Ken Shulman, 63 anni.
Ken Shulman, 63 anni.

«Credere che la sconfitta elettorale di Trump sia stata “truccata” dopo che tutti i livelli di giustizia hanno controllato e ricontrollato tutti i numeri e tutte le carte, è un atto di fede da parte loro, e uno di malafede da parte di chi glielo racconta». Riflette Ken Shulman, giornalista il cui curriculum, oltre a testate di tutto rispetto come Newsweek e Herald Tribune, include un master in Scienze Politiche alla prestigiosa Harvard Kennedy School. «Molti politici sono semplicemente opportunisti: sanno benissimo cosa stanno facendo ma pensano che il trumpismo sia una miniera di voti per il loro futuro politico». Di sicuro i deputati e senatori Usa – tutti, opportunisti e non - per diverse ore se la sono vista brutta. Seduta plenaria bruscamente interrotta e lockdown totale (per una volta il Covid non c’entra!) – con tanto di consegna di maschere antigas, fino a ben oltre il tramonto quando la polizia e le varie guardie nazionali sono riuscite a far rispettare il coprifuoco e disperdere la folla, venuta apposta - si è poi scoperto - a rispondere all’appello del grande sconfitto da ogni angolo d’America.  

Shulman tenta un identikit del trumpista medio: «Un cittadino probabilmente bianco, che si sente defraudato, derubato del posto nella società che secondo lui gli spetta di diritto non per merito ma per nascita. Nostalgico di un passato che in realtà non è mai esistito. E che pensa che se non fosse stato per le donne, gli immigrati, i neri o qualche altro capro espiatorio oggi sarebbe un signore. Praticamente le tre “D” defraudati, derubati, delusi!». Poi, essendo stato per 15 anni corrispondente dell'Associated Press da Roma, fa un paragone - incoraggiante - con il nostro Paese: «Le tre D ci sono anche in Italia  ma esprimono la loro frustrazione in modi un po’ diversi, … almeno lì non hanno il carattere individualista violento con il culto delle armi che c’è qua».

Luca Passani, 50 anni.
Luca Passani, 50 anni.

Alla fine il bilancio è stato di  4 vittime. Un bilancio tragico e poteva andare ancora peggio vista la piega presa dal pomeriggio. E poi resta la figuraccia internazionale di una nazione dalla reputazione già abbondantemente minata da quattro anni di “America First”. E i dubbi su come il tutto sia potuto succedere dal punto di vista dell’ordine pubblico. «Io sono a Washington da 11 anni e ho visto una marea di manifestazioni ma tutte, sempre sotto controllo,” racconta Luca Passani, ingegnere informatico e corrispondente a tempo perso dalla città della politica per la Voce di New York, rivista bilingue della grande Mela. «Lo scorso giugno ce ne sono state tante, tutte di Black Lives Matter, e lì la polizia era sempre pronta, schierata, lesta a usare il manganello e il gas lacrimogeno … e a provocare i manifestanti per avere poi una scusa per usare l’uno e l’altro».

«Veramente un giornata che ricorderemo per tanto tempo», continua Passani che dopo tanti reportage tra i palazzi del potere si lascia andare a una previsione. «Io la vedo un po’ come il canto del cigno di Trump. I repubblicani hanno generato un mostro, per aver successo elettorale l’hanno cavalcato, ed è sfuggito al loro controllo. E adesso finalmente comincia a far paura anche a loro».

Il Congresso ha ratificato la vittoria di Biden: quello che doveva essere un proforma si è protratto praticamente fino all’alba. E non per colpa dell’assalto dei hooligans del Maga ("Make America Great Again", facciamo l'America di nuovo grande). La seduta era cominciata all’una come da Costituzione e già si parlava di almeno 6 stati contestati, per ognuno dei quali era previsto un dibattito di circa due ore. Alla fine non sarebbe cambiato granché, ma era l’ultima occasione per dimostrare di "averci provato, a scovare quelle frodi fantomatiche” per salvare la faccia - e il voto piu che altro – agli occhi di quei “credenti”. 

Ora l’irruzione degli “adepti” a molti ha fatto passare la voglia, tanto che la presidente della Camera Nancy Pelosi (fervente cattolica) alla riapertura dei lavori aveva parlato di “epifania” riferendosi all’irruzione del pomeriggio come evento rivelatore della verità e del valore reale delle cose. In altre parole ha detto ai suoi colleghi: "Visto dove si arriva a dare adito alle teorie della frode elettorale?”. E per un po’ l’aula sembrava aver “orecchie da intendere”: le firme sulle mozioni a una a una venivano ritirate, finche in ordine alfabetico si è arrivati alla Pennsyslvania, si è tornati a dibattere, in Camere separate.  Alla fine 7 senatori e 138 deputati hanno avuto il coraggio di votare per aprire un inchiesta, già sapendo che non sarebbe successo.    

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La deriva violenta dell'America di Trump
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