Suor Veronica Amata Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei
Il 22 e 23 settembre si svolgerà a Rimini “EXPO AID 2023 – Io, persona al centro”. Il più grande evento istituzionale, che coinvolge il mondo del Terzo Settore e dell’associazionismo italiano, per parlare di piena attuazione della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, partecipazione alla vita sociale, politica e civile di ogni persona e valorizzazione dei talenti e delle competenze di tutti (http://www.expoaid.it).
Suor Veronica Amata Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei, parteciperà all’iniziativa insieme a numerose rappresentanti delle realtà diocesane promossa dal ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli. «Gli Stati generali della Disabilità pensati a partire dal progetto di vita delle persone con disabilità vedranno oltre la parte teorica numerosi tavoli tematici su tutti i fronti, dal turismo, al lavoro, allo sport, al progetto di vita stesso. La cosa più bella sarà condividere e scambiar e testimonianze in maniera globale, con realtà locali e nazionali. Un’occasione per far rete insieme. La Diocesi di Rimini è coinvolta e il vescovo, monsignor Nicolò Anselmi, inaugurerà l’ExpoAid e taglierà il nastro».
Qual è il limite più grande oggi per chi vive la disabilità?
«La tendenza, soprattutto in caso di grave disabilità intellettiva o in presenza di comorbilità, a occuparsi solo dell’aspetto medico, riabilitativo e assistenziale. Mentre da anni come Cei stiamo puntando e lavorando sui loro desideri, bisogni, sul progetto. Perché queste persone si innamorano, si sposano, lavorano, crescono».
L’accesso ai servizi medici è un aspetto spinoso. Da una recente indagine Doxa per Paideia emerge che l’81% dei genitori di bambini o ragazzi con disabilità ha acquistato prestazioni sanitarie private per i propri figli nell’ultimo anno.
«È così; sul fronte medico, purtroppo, ci si muove ancora solo in ambito privato. Mentre, invece, vanno rimosse le barriere di accesso alle strutture pubbliche (sia fisiche sia temporali quando chiami per prenotare la visita). Ancora debole, poi, è il fronte scolastico; chiunque entri con una “diversità” di qualsiasi natura è catalogato come un problema da risolvere “delegato a”. Questo gli impedisce di avere un futuro di vita perché abbiamo ormai stereotipato le risposte. Finite le scuole medie questi ragazzi non hanno prospettive, non raggiungendo un diploma non possono decidere della loro vita. L’altro aspetto centrale è l’accompagnamento del genitore in un’ottica di progettualità. La sfida ora è l’adultità e l’anzianità della persona con disabilità».
La sua competenza nasce da una storia di famiglia…
«I miei genitori sono sordi, mia sorella è gravemente disabile. Ecco perché per me la disabilità non si esaurisce nell’orario di lavoro. L’Expo è un’opportunità per affrontare le nuove sfide che le stesse persone con disabilità ci chiedono oggi. Rimuovere non solo le barriere fisiche e culturali, ma progettare con loro portando insieme la fatica e la sfida».