Il sushi è una preparazione gastronomica
a base di pesce crudo,
di origine orientale ma molto richiesta
dai consumatori europei.
Mentre nel sushi (che a sua volta si divide
in varie specialità) il riso è una componente
essenziale, il sashimi è a base
solo di bocconcini di pesce composti in
modo esteticamente molto gradevole e
disposti nelle cosiddette barchette.
Si moltiplicano i ristoranti che propongono
sushi, disponibile anche nei
banchi di pesci dei supermercati. Si
tratta di piatti sicuramente gustosi e
fonte di preziosi nutrienti, ma in quanto
a base di pesce crudo comportano il rischio
di intossicazioni e infezioni causate
da virus e batteri patogeni, oppure di
infestazioni da parte di parassiti. «In generale
», dichiara Massimo Giubilesi , vicepresidente
dell’Ordine dei tecnologi
alimentari Lombardia e Liguria, « i prodotti
della pesca presentano maggiori
rischi rispetto ai prodotti di origine vegetale.
Nel mondo, fatte cento le malattie
trasmissibili di natura alimentare,
80 sono di origine animale. Tenendo
conto che il pesce si presta di più della
carne alla degradazione, la contaminazione
del pesce deriva da cattive pratiche
di preparazione e conservazione».
Il parassita per eccellenza dei pesci di
acqua salata è l’anisakis. «Si tratta di un
verme di tipo nematode», precisa Giubilesi,
«presente come parassita intestinale in
numerosi mammiferi marini e ospite intermedio,
nel suo stadio larvale, di molti
prodotti ittici di mare (soprattutto tonno,
salmone, aringhe, merluzzo, acciughe,
sgombro). Se al momento della cattura
il pesce non viene eviscerato, questi nematodi
possono migrare dalle viscere del
pesce alle sue carni. L’opisthorkis è un altro
verme che è invece presente nei pesci
di acqua dolce. Entrambi possono provocare
forme acute con dolori addominali,
nausea e vomito, ulcere, infiammazioni,
danni a fegato, milza e pancreas. La cura
richiede spesso l’intervento chirurgico.
Le forme croniche si manifestano quando
il parassita si lega ai tessuti intestinali.
Sono molti i casi di infezione di questo genere
nei Paesi asiatici, ma stanno aumentando
anche in Europa dove è triplicato il
consumo di pesce crudo».
La prima cosa da fare per assicurarsi
un prodotto salubre è comprarlo fresco
e consumarlo entro tre giorni. «Per
essere certi che i parassiti siano debellati,
secondo l’obbligo di legge», dettaglia
l’esperto, «ci sono due possibili trattamenti
di bonifica sanitaria: attraverso
un abbattitore rapido di temperatura
oppure un congelatore dedicato, il pesce
deve rimanere a 20° sotto zero per
24 ore oppure a 35 ° sotto zero per almeno
15 ore». Nel sushi c’è un’altra componente
a rischio contaminazione: il riso
bollito. Il riso viene cotto in un bollitore
di vapore e tende a diventare colloso
così da poter essere impastato con le
mani (e non tutti i ristoratori accettano
di usare i guanti). Per evitare la proliferazione
del bacillus cereus, molto attratto
da cereali e legumi, occorre raffreddare
il riso molto bene sotto acqua
corrente fresca e ghiaccio e acidificarlo
con aceto di mele o di riso per abbassare
il Ph. Questa procedura è valida sia
nella ristorazione che per preparazioni
casalinghe.