Erano i mitici Anni 80 quando gli Spandau Ballet infiammavano la Londra post punk del rhytm & blues, creando con il primo album Journeys to Glory, il genere musicale New Romantic. Sullo sfondo la sfida con i Duran Duran a suon di "snare drum". Oggi, dopo la reunion del 2009 e il Reformation Tour sempre sold out, Tony Hadley torna con un nuovo progetto da solista, The Christmas Album (Universal Music): quattordici cover di Natale e due inediti, Every seconds I'm away e Snowing all over the world.
Camicia a righe bianche e fucsia, giacca piombata fresca di sartoria, humor tipicamente inglese. «Sono stanco, molto stanco», esordisce. Tanti gli impegni in giro per il mondo, da ultimo il reality, versione australiana, I'm a celebrity.
Perché ha affiancato a brani natalizi popolari altri meno conosciuti?
«Tanti cantanti hanno reinterpretato pezzi famosi, così Michael Bublé, Tony Bennett. Io volevo trovare una chiave originale. E poi i brani poco conosciuti in Italia, in Inghilterra sono famosissimi, come Stay another day degli East 17 o Lonely this Christmas di Mud. Oltre alle stupende performance con la chitarra acustica, sono i testi e la voce su cui dobbiamo concentrarci: se chiudiamo gli occhi, ecco il Natale».
Come nasce l'idea di questo album?
«Claudio (Guidetti, produttore del disco, ndr), che stimo molto, una sera, guardandomi in faccia, mi ha detto “perché non facciamo un album natalizio”? Ci siamo seduti e abbiamo pensato a realizzarlo. Senza perdere tempo».
Come ha scelto le collaborazioni italiane fra cui Nina Zilli, con cui duetta in “Fairy tale of New York”, Aldo Tagliapietra delle Orme, al sitar e chitarra acustica in “I believe in Father Christmas” e Annalisa Scarrone nell'inedito “Every seconds I'm away”?
«Claudio, che è un grandissimo musicista sia al piano sia alla chitarra, ha una conoscenza enorme della musica e dei cantanti. Questo è un album veramente italiano. Nina è una persona “lovely”, che ha fatto un lavoro straordinario nell'interpretazione personale di un testo tipicamente irlandese».
Cosa rapppresenta per lei questo progetto?
«Ho 55 anni, sono un sognatore e ho due bimbe, una sta per compiere nove anni, che mi trasmettono la parte “magica” del Natale. A volte sto lontano da casa sette o otto settimane. Questo album è il mio “driving back home” (altro testo dell'album, ndr). Ed è questo il messaggio: vivere il Natale con gli occhi incantati di un bambino».
Il brano natalizio cui è più affezionato?
«Have Yourself a Merry Little Christmas. Invece Ave Maria è stata una sfida: ho provato a inserire una parte elettronica e penso che funzioni. Da giovane ho preso lezioni da un cantante d'opera che mi ha insegnato a usare la voce».
Le manca il sapore della sfida tra Spandau Ballet e Duran Duran?
«Sì, anche se la nostra rivalità fu invenzione dei mass-media. I Duran mi piacevano perché sapevano rischiare. Ho anche reinterpretato la loro Save a Prayer, un pezzo pop che mi ha divertito molto. Nei cori è intervenuto lo stesso Simon Le Bon. Nella musica, come nella vita, non bisogna prendersi troppo sul serio».
Sta lavorando a un nuovo album?
«Spero di tornare in Italia la prossima primavera con un tour e scrivere nuove canzoni con Claudio che, al contrario di me, è bravissimo negli arrangiamenti. Recentemente ne ho scritte un paio, di cui una su mia figlia, che metterò nel nuovo album. Lo registrerò in Gran Bretagna».
Lei supporta diverse "charities" nel mondo. Come nasce questa sua sensibilità?
«Sono padre e provo orrore al pensiero che ogni anno milioni di bambini muoiano. È importante investire nella ricerca scientifica, in particolare nello studio delle malattie genetiche. Noi cantanti e attori facciamo quello che possiamo».
Cosa vorrebbe trovare sotto il suo albero di Natale?
«La mia famiglia. Non c'è bisogno di cose materiali ma di valori. Personalmente non amo i gadget, e poi non sono neanche così tecnologico: ho già un piano e una chitarra, e mi bastano».