I 25 anni dalla strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, vengono ricordati stasera alle 21.30 su Rai 1 con la messa in onda di “Adesso tocca a me”, docufilm interpretato da Cesare Bocci (attore noto soprattutto per il ruolo del vice commissario Mimì Augello nella fiction Il commissario Montalbano). Per ricostruire la complessa vicenda che ruota intorno alla strage di Palermo si parte dai ricordi di Antonio Vullo, unico uomo della scorta sopravvissuto dell’attentato. Con il contributo di testimonianze, interviste e ricostruzioni, “Adesso tocca a me” racconta i diversi aspetti emersi nel primo grado dell’ultimo processo, il cosiddetto “Borsellino Quater”.
Persona semplice e tranquilla, Antonio Vullo ha accettato di raccontare la storia dal suo punto di vista, a partire dal fatto che scampò alla morte perché mentre la 126 carica di cento chili di esplosivo investì Borsellino e i suoi colleghi appena scesi dalle auto, Vullo stava ancora facendo manovra, e venne protetto dall’auto blindata. L’altro incontro fondamentale per il regista Francesco Miccichè e la sua troupe è stato quello con Manfredi Borsellino, oggi dirigente del Commissariato di Cefalù: il secondogenito del magistrato ha parlato in particolare dei famosi 57 giorni che separano la morte del padre all’attentato a Giovanni Falcone, che sono sempre stati descritti come il terribile arco temporale in cui Borsellino era consapevole che di lì a poco sarebbe toccato a lui (da qui il titolo della docufiction). Manfredi conferma che il padre era sì convinto del rischio imminente, ma rivela anche che credeva fermamente che prima avrebbe fatto in tempo a colpire in modo pesante Cosa Nostra e i suoi sostenitori, che proprio in quei giorni si convinse essere presenti anche nelle istituzioni.
Oltre al contributo di queste due importanti figure, afferma il regista, "mi piace ricordare i ragazzi siciliani che hanno partecipato a questa esperienza. In tutti loro c’è stato un profondo impegno e un sincero trasporto. E’ curioso pensare che molti dei giovani attori che sono stati con noi non erano ancora nati (o erano molto piccoli) quella domenica di luglio del 1992, ma è stato bello vedere che per loro questa docufiction è diventata una sorta di missione. (…) Ricordo in particolare la commozione dei ragazzi quando abbiamo girato la scena della riconsegna della borsa: quando la borsa bruciata è arrivata sul set c’è stato un lungo e significativo silenzio di rispetto. Ecco se vogliamo guardare al futuro - conclude Francesco Micciché - a una Sicilia e a un’Italia che verrà, mi piace pensare ai ragazzi che hanno fatto questo piccolo film (che mi ricordano tanto i ragazzi di allora!), mi piace pensare alla loro idea di giustizia e al senso profondo che hanno dato a quello che abbiamo fatto insieme. Sono convinto che quella di questi giovani è un’immagine di speranza di cui Paolo Borsellino sarebbe fiero".
Ecco alcuni stralci delle testimonianze presenti nella docufiction:
PIETRO GRASSO
Presidente Senato della Repubblica
“Paolo Borsellino mi disse, sai ci sono molti amici che mi consigliano di lasciar perdere, qualcuno mi dice che è già arrivato l’esplosivo per me, ma come posso deludere le aspettative di tanti cittadini onesti che credono in me. Io devo restare. Quindi io ho avuto la percezione precisa della consapevolezza che andasse incontro alla sua morte. E ancora a pensarci mi vengono i brividi.
“Cosa nostra in passato non ha mai attaccato lo Stato. In passato si cercava di trovare accordi col potere per poterne avere dei frutti, del profitto. Questa strategia assolutamente diversa non è di Cosa Nostra. Se ci sono stati dei contatti esterni i pentiti di Cosa Nostra, come Spatuzza, che sono a livello basso, non possono conoscere”.
ATTILIO BOLZONI
giornalista La Repubblica
“Qualcuno dice che ci vorrebbe un pentito di Stato. Probabilmente sì. Per far affiorare una verità più completa su quello che è successo in Italia 25 anni fa”.
SALVATORE BORSELLINO
fratello di Paolo
Paolo aveva una fede profondissima. Viveva anche in qualche maniera nell’imitazione di Cristo. Per realizzare quello che era il suo sogno, doveva morire, sapeva di dover morire e quindi è morto nell’imitazione di Cristo, è morto sacrificando la sua vita per quello in cui credeva.
RITA BORSELLINO
sorella di Paolo
“Paolo una volta durante un incontro con degli studenti disse una frase gravissima. Rispondendo a un ragazzo disse: alla volontà vera della politica di sconfiggere la mafia io non ho mai creduto. E dobbiamo crederci però. Perché sono cambiate tante cose sicuramente, ci sono generazioni di ragazzi che hanno assunto una consapevolezza che prima non c’era”.
VITTORIO TERESI
Magistrato
“Restano dubbi forti sulla individuazione dei mandanti. Sulla individuazione di coloro che hanno voluto, ideato, organizzato la strage stessa. E quando dico voluto intendo riferirmi a persone che non sono strettamente appartenenti a Cosa Nostra”.
ANTONIO VULLO
ex agente della scorta di Borsellino e unico sopravvissuto alla strage di via D’Amelio
Ci vado spesso in via D’Amelio. Preferisco andarci quando non c’è nessuno. Mi sento molto più libero quando sono da solo con loro. E ho quel senso proprio di liberazione, di stare assieme a degli amici, perché la mia vita un po’ l’ho persa in via D’Amelio ed è rimasta là assieme a loro. Perché penso sempre ai miei colleghi, al giudice. Ancora c’ho quell’immagine gioiosa quando stavamo a Villagrazia di Carini, quell’immagine quando si sono accesi la sigaretta in via D’Amelio. Ancora quelle immagini sono rimaste vive in me. Le ultime immagini che ho visto quelle persone vive.
Sono momenti, quei pochi minuti che passo là, che vengo liberato da questa inquietudine che mi porto dentro.