Se abbiamo iniziato l’anno con
un piatto di lenticchie, abbiamo
fatto onore non solo alla tradizione,
ma anche alla nostra salute.
Rispettando il principio della nutraceutica
“Fa che il cibo sia la tua medicina
e la medicina il tuo cibo”, lanciato da Ippocrate
nel lontano IV secolo a.C., ma
ancora attualissimo. Mangia ciò che non
ti fa ammalare, e magari ti può anche curare.
I legumi, ad esempio. Fagioli, piselli,
ceci, fave, lenticchie e lupini sono nel
contempo gustosi per il palato e ricchi di
nutrienti preziosi per l’organismo.
Nella tradizione culinaria regionale, i
legumi sono ingredienti primari. In Italia
se ne producono molteplici varianti di
nicchia, alcune (ad esempio la lenticchia
di Castelluccio di Norcia o il fagiolo di Sorana)
riconosciute a livello europeo con
un marchio che crea reputazione commerciale
– quello Igp, Indicazione geografi
ca protetta.
Vengono commercializzati freschi,
surgelati, secchi o in barattolo (e in
quest’ordine decrescente mantengono le
qualità organolettiche). Sono ricchi di fibre. Eppure i consumi di legumi sono al
palo da trent’anni. Forse perché negli anni
Sessanta erano chiamati la “carne dei
poveri”. Oppure perché i lunghi tempi di
preparazione (i legumi secchi richiedono
ammollo, quelli freschi sbucciatura) li penalizzano
rispetto ai cibi a cottura veloce.
Ma, complice la crisi e la maggior consapevolezza
dei consumatori, la rivincita
dei legumi potrebbe essere in arrivo. Perché
fanno bene al corpo e all’ambiente.
Apportano all’organismo nutrienti analoghi
a quelli della carne, senza i rischi
associati al consumo di quest’ultima. Introdurli
nella dieta quotidiana aiuta la sostenibilità
del Pianeta: coltivare un chilo
di cereali richiede un decimo dell’energia
e un centesimo dell’acqua necessaria
a produrre un chilo di carne bovina.
«I legumi sono una fonte prioritaria di
proteine (e quindi di aminoacidi), specie
per i vegetariani e i vegani» spiega il dottor
Arrigo Cicero, esperto di nutraceuti ca dell’Università di Bologna. «Inoltre le
proteine dei legumi contengono meno
“scorie” e quindi sono meno pericolose
per i soggetti con declino funzionale del
rene (per patologia o per età)».
legumi sono dunque la fonte più cospicua
di proteine vegetali, che pur non
off rendo tutti i vantaggi di quelle animali,
non ne presentano i rilevanti svantaggi.
È statisticamente dimostrato come il
consumo di carne sia correlato con alcune
patologie, anche importanti, quali l’ipercolesterolemia
e il tumore al colon.
Uno stratagemma utile per migliorare
la qualità proteica dei legumi è quello di
associarli ai cereali. Evidenza che, prima
che dalle analisi di laboratorio, è stata individuata
dalla cultura gastronomica italiana,
che in diverse ricette regionali azzecca
l’abbinamento nutrizionalmente
corretto (pasta e fagioli, risi e bisi, cavatelli
con i ceci…).
I legumi hanno un unico svantaggio:
nel loro processo digestivo alcuni zuccheri,
fermentando nell’intestino, possono provocare gonfiori, fl atulenza, meteorismo.
Graduati individualmente e
dunque non sempre riscontrabili, tali fastidi
non vanno però confusi con quelli
derivanti da una cottura errata.
Quando sono secchi, i legumi richiedono
nella preparazione gesti semplici
ma una continua attenzione: la preventiva
cernita di eventuali impurità,
un ammollo che ne permetta la completa
reidratazione in base alla grandezza e
qualità (quelli piccoli non lo richiedono).
Per ridurre la fermentazione batterica è
utile sostituire una o due volte l’acqua di
ammollo, che può essere integrata con
del bicarbonato di sodio, che rende i semi
più digeribili e morbidi. Un altro suggerimento:
aggiungere una manciata di semi
di fi nocchio all’acqua di cottura.
Tra vantaggi e svantaggi, sicuramente
la bilancia pende a favore dei primi. I legumi
fanno bene, costano poco, la loro produzione
non impatta sull’ambiente. Inserirli
nella dieta è un buon proposito di
inizio anno. La nutraceutica approva.