Il 25 dicembre saranno i 90 anni dall'uscita del primo numero di Famiglia Cristiana. Era Natale 1931 quando il settimanale dei Paolini vide la luce, 90 anni dopo una mattinata di parole e testimonianze celebra la visionarietà e la profezia del beato Giacomo Alberione che ideò e volle fortemente fondare quella che allora si chiamava La Famiglia Cristiana. A condurre l'incontro, Lucia Ascione, volto noto di TV2000, giornalista e appassionata lettrice di Famiglia Cristiana. «Sono cresciuta a pane e Famiglia Cristiana. Senza il giornale e le pasterelle in casa nostra non era domenica».

Nell'auditorium dedicato al fondatore, un susseguirsi di voci per augurare lunga vita alla testata ammiraglia del gruppo San Paolo. Un anniversario, come ha spiegato il direttore Antonio Rizzolo, celebrato anche con un numero speciale (FC 52 in edicola da giovedì 23 dicembre) «a memoria di quel numero 1 del 1931 fatto di sole dodici pagine in bianco e nero perché tutto deve nascere dal piccolo, dalla paglia del presepe. Ecco perché ancora oggi abbiamo chiesto all'artista Giuseppe Afrune di reinterpretare la stessa copertina: Gesù sulla paglia del presepe per non scordarci delle origini, restare umili e coraggiosi senza tralasciare mai l'attualità mettendo sempre in luce il bene anche nel dolore e nella sofferenza».
don Valdir José De Castro, superiore generale dei Paolini: «FC al servizio delle famiglie per formarle e informarle»


Cosa è stato e cosa dovrebbe essere ancora il settimanale, «luogo di incontro in cui società e Chiesa fanno la storia» ha detto Ascione, e del posto importante che ancora ha FC ne ha parlato Andrea Riccardi, fondatore di Sant'Egidio in collegamento da Roma. «Famiglia Cristiana non ha un posto nelle sagrestie, ma nella cultura e nell'opinione italiana. Partiamo dalla festa della rivista che si colora non di un ricordo importante del passato, ma di ottimismo perché ha un futuro vivo. Fc è nata nel 1931 prima del Natale: questo ha un significato particolare, ci richiama alla radice cristiana nella versione natalizia di speranza e ottimismo e nel giorno della festa della famiglia. Il fondatore don Giacomo Alberione nel 1931 fu chiaro: dovrà parlare di tutto cristianamente superando così il fossato tra la società e la fede, la teologia e il pensiero. Io sono convinto che in stagioni diverse l'ambizione di Fc è stata di creare una cultura popolare a contatto con i fatti del giorno. Persone della Chiesa, della famiglia e del mondo. “Cultura popolare”: è un'espressione che non usiamo più. È una cultura di popolo, di gente semplice e non, di intellettuali e non. Di popolo vuol dire diffusa. Giovanni Paolo II affermava: “una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accoltanon in teramente pensata e non fedelmente vissuta”. Questa è la dimensione di popolo, di fede che non sia solo del tempio e della sagrestia, ma che diventi un clima, un modo di pensare, un lessico. Alberione lo sapeva bene: perché ciò accada ha bisogno di scrittori e giornalisti, ma anche di operai. La cultura ha bisogno di un popolo. La sua vastissima diffusione in un momento in cui tutte le riviste sono in difficoltà è preziosa per la Chiesa, ma anche per la cultura italiana: aumenta la coesione sociale e alimenta la chiesa senza confini di papa Francesco». E ha concluso con tre sottolineature: «Uno, lo spirito di FC è uno sguardo simpatico sulla vita contemporanea; simpatico inteso come non superficiale, ma di sentire “con la vita delle gente”; due, bisogna cercare il bene che non vuole dire negare le difficoltà. La storia, però, non è solo cronaca nera, ma storia in cui male e bene convivono e positività e negatività si intrecciano. FC ha lo sguardo ottimista della speranza e di chi ricerca fatti di speranza. Tre, auguri per i 90 anni che se per un uomo e una donna sono tanti, per una rivista sono quasi impossibili! Che arrivi al centenario in ottima salute». Cos'ha dato e cosa dà a Riccardi? «Mi ha consolato quando vedevo nero, mi ha dato il contatto coi lettori e la gente comune, mi ha fatto capire che c'è un'Italia che urla e ce n'è una che sente e pensa con il cuore e questa seconda è quella che legge Famiglia Cristiana. È una famiglia di lettori quella di Famiglia Cristiana».

Ha lasciato tutti senza parole l'intervento di una delle firme di Famiglia Cristiana, coetaneo della rivista, don Antonio Mazzi:

«Sogno che Famiglia Cristiana la leggano anche i giovani, di fatto la mia paginetta è sempre orientata in tal senso perché la vadano a cercare. Oggi suppongo di avere davanti dei giovani e farò una puntata per loro. Un professore di filosofia arriva a scuola, va sulla cattedra e lì tira fuori un'anfora e altre cose. “Qui c'è un'anfora” dice “prendo dei sassi di 3 centimetri e la riempio. Ragazzi è piene l'anfora?”. Sì, rispondo i ragazzi meravigliati; allora lui tira fuori un cartoccio e versa i piselli piano piano nell'anfora che si vanno a intromettere negli spazietti giù giù giù e arrivano fino a su. I ragazzi: “non doveva parlare di San Tommaso e del principio di contraddizione?”. E il prof: “Ragazzi è piena l'anfora?”. Sì, più di prima. Allora l'insegnante tira fuori uno scatolone di sabbia che versa piano piano. Tra i piselli e i sassi tutto lo scatolone di sabbia va dentro l'anfora. E di nuovo chiede: “Ragazzi è piena?”. E loro: “Sì finalmente non ci sta più nulla”. E il prof di filosofia - che probabilmente veniva da Monaco - tira fuori due bicchieri di birra e ci stanno anche quelli. I ragazzi restano meravigliati”. Cosa vuole dire questo? Che l'anfora siamo noi, dentro le prima cose che dobbiamo mettere sono le grandi verità, l'amore, la fede, la famiglia, le grandi idee. Quelle che devono essere nel fondo della nostra personalità, i sassi. I piselli sono le realtà meno importanti, ma che hanno un significato: il lavoro, la scuola la macchina per andare al lavoro. Non fondamentali, ma importanti. Però valgono tanto perché sotto ci sono i sassi. La sabbia sono le cose di tutti i giorni: i vestiti, la bicicletta, la cameretta. Attenzione: se faceste il contrario succederebbe che i sassi avrebbero meno importanza e meno posto e che le cose meno importanti sarebbero le prime e le più importanti le ultime: ovvero il telefono verrebbe prima, l'amore poi. Guai, ciascuno di noi è autentico in base alle priorità. Guai se aveste le stesse cose, ma non in ordine di priorità: perché tutti abbiamo dentro le stesse cose. Una ragazza allora chiede: “ma cosa c'entra la birra?”. E il prof: se riuscite a mettere in fila le priorità bene vi meritate una birra. Un modo per spiegare ai ragazzi che dentro hanno l'infinito, hanno tutto. Ieri poco prima di pranzo è venuto un ragazzo che ha ammazzato il padre. Mi ha detto: “io non posso passare Natale perché sono cattivo e non me lo merito”. Io non sono stato più capace di mangiare. Perché anche lui dentro ha i sassi, i piselli e la sabbia. Spero che Famiglia Cristiana riesca a far capire a ciascuno di noi e a tutti i ragazzi che se mettiamo insieme le priorità possiamo sbagliare, ma ci salviamo se abbiamo le cose fondamentali dentro. Perché abbiamo tutti il diritto di farci un bicchiere di birra». E se dovesse inventare un numero destinato ai ragazzi da cosa comincerebbe? «Dall'amicizia. Perché la grande lacuna dei nostri ragazzi è che non sanno più stare insieme da amici. La scoperta dell'adolescenza è l'amicizia che piano piano va verso l'amore. Due, l'adolescenza è il tempo dei padri. Fare le mamme è abbastanza facile, ci aiuta la natura. Fare il padre nell'adolescenza è la vera sfida: deve aiutare l'adolescente a trovare i sassi, i piselli e a mettere al posto giusto tutte le cose di cui abbiamo bisogno».


Mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura: «Famiglia Cristiana è per me famiglia giornalistica e di amicizie»


Una rivista che non ha mai perso il grande radicamento nelle famiglie. E le pagine di rubriche dedicate al tema In Famiglia lo testimoniano. Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, è uno degli esperti che ogni settimana da 12 anni risponde alle domande dei lettori che chiedono aiuto, mamme e papà che hanno bisogno di sostegno.

«Sono contento, lieto e grato di essere qui. Le nostre sono 5 pagine dialoganti in cui riceviamo lettere da mamme, papà e nonni, genitori che si rivolgono a noi quasi chiedendo un supporto educativo. Quasi 12 anni che c'è questo inserto centrale che parla di, con, e per la famiglia. Un bellissimo osservatorio sulle trasformazioni che sono in atto. Le statistiche ci dicono la fragilità del fare famiglia oggi, quanti scelgono di essere un nucleo familiare transitorio temporaneo e quanto quando nascono i figli questo ci obblighi ad avere una cura per sempre. La bellezza allora nasce dal constatare come le domande che i genitori si stanno ponendo siano quelle di sempre: come faccio a essere un buon genitore dentro a sfide educative di una complessità che non ha punti di riferimento. È una fida che io genitore non so gestire. Famiglia Cristiana è il luogo dove si parla di quel che accade, non dove si danno regole. In un un mondo che ha davvero isolato noi genitori e le nostre esistenze quando il fare famiglia è anche sentirsi parte di un villaggio e di una comunità educante, ecco queste pagine tornano a essere “un cortile” in cui i genitori si parlano e si confrontano. Apprezzo, poi, le storie in cui le famiglie negli anni si sono raccontate: rotte, ricomposte, parentali con un'educazione che non ha tempo e che ha a cuore la crescita. Negli ultimi 5 anni abbiamo parlato tanto di vite online, con una distanza sempre maggiore tra figli e genitori. Tantissima attenzione educativa rispetto alle nuove sfide di emergenza e pandemia. Quali sono le quattro parole che trovo nelle pagine? La cura dei legami, l'ansia e la paura che ci prende quando non abbiamo punti di riferimento, il bisogno di orientamento. Qual è quell'indicazione che ci aiuta a vedere il percorso e non il traguardo. E la tenerezza. Tanti nonni ci chiedono se i figli ormai genitori stanno andando bene, ma anche tanti nonni comprano la rivista e la domenica la danno ai figli che sono poi genitori che ci scrivono». Cosa spinge a fidarsi tanto di una rivista? «Io penso che in questo momento l'autorevolezza derivi dal fatto che non abbiamo niente da vendere se non lo voglia di aiutare a tenere alto lo sguardo. Proponiamo un progetto di bene in cui sentirsi fratelli».


Monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano: «Famiglia Cristiana è al servizio di tutti anche di chi non ha voce»


Tempi durissimi per l'editoria. Cos'abbia dato alla famiglia Paolina la rivista lo dice bene don Stefano Stimamiglio, condirettore di Famiglia Cristiana e segretario generale dei Paolini. «Famiglia Cristiana è un'opera collettiva. Dall'origine quando nel dopoguerra le Figlie di San Paolo passavano di casa in casa per fare gli abbonamenti. Allora come oggi fu ed è un affare di famiglia. Anche adesso noi che operiamo all'interno del giornale non possiamo non lavorare come squadra. In virtù della consacrazione religiosa e battesimale di chi collabora troviamo una grande linea di ispirazione. In nome di Gesù che ci rende fratelli. In un momento di asprezza, toni forti e cattivismo promuoviamo gesti di gentilezza come atteggiamento che dovrebbe trasparire anche dalle pagine del giornale».



Arriva per iscritto il messaggio di Terry e Tony Sarcina da quasi 42 anni firma della cucina di Famiglia Cristiana. «Caro direttore, in occasione dei festeggiamenti per i 90 anni di Famiglia Cristiana ti mando un pensiero sui 42 vissuti della coppia Terry e Toni Sarcina alla conduzione ininterrotta della rubrica dedicata alla cucina. Ma è bene cominciare dall'inizio e raccontare come nacque questo rapporto. Era l'autunno del 1979, il direttore di Famiglia Cristiana era Giuseppe Zilli, reduce da un pauroso incidente che, dopo una rocambolesca ripresa, lo aveva riportato in ufficio. Io Tony allora mi occupavo di assicurazioni e finanza, con la passione per la cucina che mi seguiva quasi dalla nascita. Mia moglie Terry aveva da poco aperto una scuola di cucina di successo. Un'amica che aveva una rubrica al venerdì sulla stazione televisiva Telenova ci chiese di tenerne una sulla cucina. Noi accettammo e comincio così un nuovo sodalizio all'interno della nostra stessa coppia. Io cercavo dei personaggi noti al grande pubblico e chiedevo loro di proporre un loro piatto preferito che durante l'intervista fatta da me in diretta veniva realizzato da Terry davanti alle telecamere. Avevamo un piccolo fornello da campo e Terry si barcamenava con grande perizia tra ingredienti, realizzazione del piatto e risposte. Questa era la vera novità: in diretta gli spettatori di Telenova potevano chiedere qualsiasi cosa riguardasse la cucina. In uno di quei venerdì il direttore di Telenova alla fine della trasmissione ci disse che il direttore di Famiglia Cristiana voleva invitarci nel suo ufficio all'ultimo piano per prendere un caffè insieme. Conoscemmo così don Zilli, il quale ci propose di occuparci della rubrica di cucina della rivista, che allora si chiamava “La cucina di zia Betta”. Suddividendoci i compiti: Terry avrebbe fatto in i piatti direttamente nella nostra scuola e io mi sarei occupato della descrizione dell'argomento. Per me andava bene perché il mio nome non sarebbe apparso, anche se stavamo pensando seriamente a un cambio di attività, dedicandoci di più a quello gastronomico. E così la collaborazione cominciò. Io avevo anche l'incarico di curare i rapporti con i lettori firmando semplicemente “zia Betta”. Se siamo ancora qui a parlarne è perché la rubrica aveva successo, le lettere dei lettori diventavano sempre più numerose. Nel frattempo purtroppo Don Zilli ci lasciò e subentrò con altrettanto successo il suo vice don Leonardo Zega, che ci disse semplicemente di continuare con il lavoro. A questo proposito posso citare un piccolo aneddoto. Una lettrice di Roma di nobile origine aveva telefonato in redazione per parlare con qualcuno che si occupasse di cucina e che desse delle spiegazioni sulla ricetta del vitello tonnato perché quella da noi pubblicata era diversa dalla tradizione. La indirizzarono al nostro ufficio e io le diedi tutte le spiegazioni del caso. Mentre parlavo al telefono, la marchesa scriveva con la giusta lentezza di una marchesa e al termine mi ringraziò, mi invito ad andarla a trovare a Roma per assaggiare il vitello tonnato fatto da lei. Come ultima frase disse: La ringrazio ancora ma non le nascondo un certo sgomento nel sentire zia Betta con una voce maschile. Raccontai l'episodio a don Zega che dal numero successivo fece stampare i nostri due nomi e la rubrica divenne “Le ricette a cura di Terry e Toni Sarcina”. Ormai veleggiavano verso il cinquantenario della rivista e il direttore ci chiese di preparare un dolce speciale che richiamasse contemporaneamente i 50 anni di Famiglia Cristiana e le nozze d'oro di una delle coppie più longeve della rivista. Terry ha preparato una torta fantastica a tre piani, con un ripieno diverso da tutte le altre in circolazione, adatta per quantità ad essere assaggiata da tutta la redazione. Decidemmo allora di fotografarla direttamente in redazione. L’abbiamo portata in macchina, io guidavo e Terry teneva la super torta tra le braccia come se si trattasse di un bimbo. Ma era una giornata piovigginosa e alla prima frenata vidi dallo specchietto la torta che paurosamente precipitava verso i sedili anteriori. Ho potuto apprezzare lo spirito e la rapidità di Terry che, senza battere ciglio, ha ripreso la torta mentre stava cadendo riportandola miracolosamente sul sedile posteriore. Potere dei 50 anni! Arrivammo in redazione e dopo aver fatto il servizio fotografico assaggiamo tutti la torta, che era obiettivamente molto buona. Passò il sessantesimo, il settantesimo e l’ottantesimo. E ora, alla vigilia del novantesimo, verrebbe da chiedersi come mai una collaborazione di questo tipo sia così lunga, senza interruzioni e senza attriti. La spiegazione è molto semplice. Don Zilli ci disse: il repertorio lo scegliete voi perché vorrei una rubrica che non subisse la concorrenza di riviste non meglio qualificate così come tutte le altre rubriche della rivista che erano notoriamente molto apprezzate dai lettori. In effetti, ciò che noi abbiamo trovato e apprezzato in Famiglia Cristiana e nella sua redazione è stata sempre l'atmosfera di cordialità, rispetto e amicizia oltre naturalmente alla stima per il lavoro che almeno secondo noi era fatto a regola d'arte. Abbiamo visto passare nuovi redattori, giornalisti, collaboratori ma il codice unico che contraddistingueva il rapporto di lavoro era sempre lo stesso: stima, rispetto, amicizia e naturalmente professionalità. Cosa vogliamo fare per il futuro? Un pensiero c'è l'avremmo: poter partecipare al primo centenario di Famiglia Cristiana!».



Un'ultima parola, infine, del condirettore Luciano Regolo sulla scelta della copertina: «Volevamo una copertina che rispettasse il passato e potesse guardare al futuro. Sulla scia delle tradizione - è consuetudine nei decennali fa interpretare il Gesù benedicente del primo numero a un artista – abbiamo chiesto al pittore Giuseppe Afrune, ritrattista di Papi e di Santi, perché aveva già realizzato il ritratto di don Alberione per il 50esimo della sua morte; ritratto che è stato benedetto da don Luigi Maria Epicoco nella Messa di Natale. A lui abbiamo domandato come mai l'abbia visto così e ci ha risposto: “Nessuno sa com'era davvero, ma io nell'immaginarlo ho dato risalto a due idee di fondo: la bellezza e la tenerezza che non cui accoglie tutti senza confini». Famiglia Cristiana è un giornale che come si è detto dal 1931 a oggi ha attraversato tante epoche, è stato per tutti un grande orgoglio sfogliare le pagine del giornale e ribadire così ancora un volta il legame con i lettori che nel tempo non è cambiato. Sento verso di loro e verso tutti, da primo condirettore laico, una grande responsabilità: quello coi lettori è un legame che vogliamo custodire. Desidero ringraziare tutti i miei colleghi per l'impegno che profondono ogni giorno per questa causa».
Ha chiuso la mattinata il messaggio di papa Francesco che è stato, come l'ha definito Lucia Ascione, «una carezza».