Trent'anni fa, il 18 maggio del 1988, dopo immani sofferenze, e in seguito a uno dei casi mediatico-giudizari più devastanti della storia repubblicana italiana, moriva Enzo Tortora, uno dei conduttori di punta della storia della Rai. Questo 2018 però non sarà soltanto il trentennale della sua scomparsa, ma anche il novantesimo della nascita. Per l'occasione, «I Favolosi» di RaiPlay, curati da Rai Teche, proporranno, a partire da venerdì 18 maggio, un'ampia antologia delle puntate integrali, tratte da tutte le edizioni, di «Portobello», andato in onda su Rai1 dal 1977 al 1983, e poi nel 1987, alla fine del travaglio giudiziario. L'omaggio a Tortora non è soltanto un modo per risarcire un uomo ingiustamente accusato da alcuni pentiti della camorra, ma sopratutto un'occasione per ricordare un grande protagonista della storia della Rai, nonchè uno dei programmi più amati dagli italiani.
Nato a Genova nel 1928, Tortora viene assunto dalla RAI a soli 23 anni e lavora allo spettacolo Campanile d'oro. Un grande della tv ricordato da «Il giorno e la Storia», il programma di Rai Cultura in onda venerdì 18 maggio a mezzanotte, e in replica alle 5.30, 08.30, 11.30, 14.00 e 20.10 su Rai Storia. La prima apparizione tv di Tortora è nel 1956, ma il successo arriva nove anni dopo con la conduzione de «La Domenica Sportiva» e della prima edizione dei «Giochi senza frontiere». Nel 1977, Tortora conduce Portobello, raggiungendo l'apice del suo successo.
La sua trasmissione raggiunge i 28 milioni di telespettatori, record difficilmente battuto. Quel giorno il conduttore avrebbe dovuto firmare il contratto per una nuova edizione. Alle 4 di notte, però, i carabinieri bussano alla stanza dell'Hotel Plaza di Roma, e lo arrestano. Per trasferirlo nel carcere di Regina Coeli i militari aspettano la mattina e cameramen e fotografi lo possono così riprendere con le manette ai polsi. Una immagine che dopo 30 anni è ancora indelebile per molti. Quel 17 giugno vengono eseguiti altri 855 ordini di cattura emessi dalla Procura di Napoli nei confronti di presunti affiliati alla nuova Camorra Organizzata, capitana da Raffaele Cutulo. A muovere le accuse contro il presentatore sono due 'pentitì dell'organizzazione Pasquale Barra e Giovanni Pandico, poi a catena si aggiungono altri 17 testimoni che non solo confermano le accuse ma le coloriscono di particolari. Si scopre in seguito che pentiti e testimoni potevano liberamente comunicare mentre erano nella caserma di Napoli. Ad 'inchiodarè l'uomo di spettacolo è una agendina con il suo nome, in realtà vi era scritto Tortona e non Tortora, e dei centrini di seta inviati dal carcere dallo stesso Pandico a Portobello che i responsabili della trasmissione smarrirono. Centrini che nelle parole di alcuni pentiti diventano delle partite di droga.
Condannato in primo grado, Tortora viene assolto definitivamente in Cassazione nel 1987 e il 20 febbraio dello stesso anno ritorna in televisione con il suo Portobello. Ed esordisce così: «Dunque, dove eravamo rimasti... Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni, molta gente ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me e io questo non lo dimenticherò mai, e questo grazie a questa cara buona gente; dovete consentirmi di dirlo. L'ho detto e un'altra cosa aggiungo: io sono qui anche per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti e sono troppi; sarò qui, resterò qui anche per loro. E ora cominciamo come facevamo esattamente una volta».
Ma per la figlia Silvia Tortora «dal mio punto non è cambiato nulla: sono 30 anni di amarezza e di disgusto». «Mi aspettavo una riforma del sistema giudiziario, invece non è accaduto. I processi continuano all'infinito. Anzi in 30 anni c'è stata una esplosione numerica». Per non parlare della società: «Vedo dei passi indietro nelle disuguaglianze, l'essere una comunità non esiste più. Ci siamo incrudeliti ed assuefatti all'ingiustizia, c'è un generale imbarbarimento». Ed anche la televisione è così lontana da quella realizzata dal genitore «improntata sul garbo, l'empatia e l'educazione. Vedo trasmissioni su casi giudiziari, dove non c'è mai un'ottica dubitativa»