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martedì 20 maggio 2025
 
Dopo tutto
 
Credere

Una giovane Medea e il coraggio di chi lotta per i più piccoli e indifesi

26/09/2024  «Ci commuoviamo per un cagnolino o per un fiore. Ma poi rivendichiamo il diritto di non volere un figlio, se capita» Dalla rubrica di Credere "Dopo tutto" di Monica Mondo

Centinaia di coppie, in continuo aumento, volano oltre confine per comprarsi un figlio. Non con processi leciti di adozione, non sarebbe un acquisto ma un atto di generosità; non per rapirli, talvolta questi reati vengono perseguiti (a parte Putin, che rapisce i bambini ucraini per “rieducarli” e ne fa reclute del regime).

Vanno in Georgia, in Albania, le destinazioni più comode ed economiche, per affittare un utero femminile che porti in grembo un bambino che gli sarà strappato, e venduto. Cinquantamila euro per un pacchetto completo. Sono tanti, ma c’è chi li spende per un Suv o per una barca. Ventimila euro vanno alle povere donne “portatrici” (non vasi d’elezione, ma recipienti usa e getta), e sono tanti per chi vive sotto la soglia minima di sussistenza. In barba a qualunque considerazione scientifica sul legame profondo e fondativo che si crea in quello scrigno di vita che è l’utero materno.

Ci commuoviamo per un cagnolino allontanato dalla mamma, ci dispiace per un fiore, sradicato dalla sua pianta, ferita. Invece c’è chi crede che un figlio sia un diritto, come una macchina, appunto, o una vacanza. E che parimenti sia un diritto non volerlo, se capita.

Ci siamo indignati per la follia di una giovane Medea che partorisce, uccide e seppellisce due neonati nati vivi e sani. Nessuno più si indigna per quelli che finiscono di vivere prima di nascere e sono sessantamila solo in Italia, ogni anno. Sessantamila che non saranno bambini, uomini e donne, per questo povero Paese perduto.

Qualcuno si impegna invece e, come sempre, fa poco rumore, come ogni briciola di bene. La comunità Papa Giovanni XXIII ha creato una rete di donne che hanno vissuto l’aborto volontario e vogliono raccontare cos’è stato per loro, quanto siano state segnate da dolore, rimorso, angoscia. Ti racconto l’aborto è un sito e una raccolta di testimonianze vere, sincere, libere, affatto macabre o giudicanti. Come si vorrebbe far credere, quando si osteggiano anche con violenza i volontari che chiedono solo di accompagnare, sostenere e sì, convincere a donare vita, le mamme in difficoltà.

Le voci di Ti racconto l’aborto sono per i 4 milioni di mamme mancate in Italia, che forse non sanno con chi parlare, che forse non hanno coscienza, che forse piangono, sole. E sono per tutte le altre donne che ancora si fidano della narrazione «è solo un grumo di cellule». Un essere palpitante che brucia, nella carne e nella mente, questo nessuno lo dice, lo spiega. Nessuno ti prospetta, qualunque sia la condizione che soffri, che c’è un’alternativa a una strada senza ritorno.

Che coraggio, questi cristiani di gran cuore che scelgono sempre di stare dalla parte dei diseredati, dei piccoli, degli esclusi, come il loro fondatore, un santo, don Oreste Benzi. E chi è più diseredato di un bimbo inerme nell’utero di donna?

Questo articolo è una collaborazione con la rivista Credere

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