Si sono riuniti negli stessi luoghi dove Giorgio La Pira avviò i suoi Colloqui Mediterranei. Nel salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio, le delegazioni dei sindaci provenienti dai venti Paesi che si affacciano sulle sponde le Mare nostrum hanno cominciato i lavori.
Un minuto di silenzio «per ricordare le prime vittime di questo conflitto e chiedere alla Russia e a tutto il mondo di fermare la guerra per un negoziato che vada avanti a oltranza per la pace», ha chiesto immediatamente il sindaco di Firenze Dario Nardella ricordando il gemellaggio con Kiev che la città ha dal 1966.
Prima di lui, ad aprire la giornata, aveva parlato il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, che ha spiegato il senso della convocazione die sindaci e dei vescovi ricordando che «la cultura del Mediterraneo è una potente forza di pace» e che gli incontri sono «convocati per avviare processi di riconciliazione e di pace».
Va rilanciata, ha detto poi Nardella, «un’agenda per il Mediterraneo fatta di scadenze e impegni certi con adeguati investimenti economici. Non vogliamo solo una Europa delle sanzioni, ma una Europa della diplomazia con un piano di emergenza umanitaria». Oggi, ha sottolineato ancora il sindaco, «è come se il mar Mediterraneo si trovasse a Firenze. Il Mediterraneo non come luogo geografico, ma come luogo dello spirito, della cultura».
E di cultura hanno parlato sia il direttore generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, che Romano Prodi, già presidente della Commissione europea. L’idea di lavorare insieme a favore delle nuove generazioni «deve darci un po’ di speranza in giorni così tristi come quelli che stiamo vivendo. Dobbiamo pensare anche all’Unione europea che è stata costruita mettendo in pace Paesi nemici. Quello che si è fatto qui si può fare ovunque». Il pensiero a quanto sta accadendo in Europa percorre tutta la sala e tutti gli interventi. «Ma proprio per questo», insiste prodi, è fondamentale sviluppare una politica nuova». L’ex premier ha in mente una Università del Mediterraneo con 20 o 30 sedi nelle città che si affacciano sul mare nostrum dove possano studiare insieme le nuove generazioni. Il miracolo dell’Europa unita è stato fatto mescolando le persone e questo è un progetto concreto che può aiutare a costruire il futuro». Un progetto che costa pochissimo soprattutto se si paragona alle ingenti spese militari, che «può funzionare se nessuno se ne appropria, ma se dà a tutti, alla pari, le opportunità per aderirvi. Questa potrebbe davvero diventare una struttura di pace e di comprensione».
Prodi parla dell’«anello degli amici», un’idea che aveva provato a portare avanti negli anni di presidenza europea. E cioè l’idea di una Europa che «non va oltre i suoi confini, ma costruisce rapporti bilaterali e di interscambio dalla Bielorussia al Marocco».
Uno scambio di cui si sente la necessità immediata. Lo dice il sindaco di Fez, in Marocco, Abdeslam El Bakkali, «dobbiamo collaborare», lo ripete la sindaca di Gaziantep, in Turchia, Fatma Sahin, «perché in un mondo dove i bambini muoiono nessuno può dirsi innocente». Vibrano le parole della sindaca di Sarajevo, Benjamina Karic: «Supportate Kiev perché Sarajevo sa questo molto bene. I cittadini e le cittadine sono sopravvissute al più lungo assedio ed è per questo che siamo vicini a Kiev- Parlano il sindaco di Beirut, Jamal Itani, e quello di Ariana (Tunisia), Fadel Moussa, quello di koper (Slovenia), Koper, Aleš Bržan, e quello di Lampedusa, Totò Martello. E tutti partono dalla situazione in Ucraina e chiedono e promettono azioni concrete. Perché non sono le armi che devono avere l’ultima parola