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sabato 03 giugno 2023
 
 

Unità, il bilancio di Napolitano

17/03/2012  Il presidente della Repubblica chiude ufficialmente le celebrazioni per i 150 anni. Benigni-show: "Mi chiami, presidente, sono disponibile, faccio il corazziere per sette anni".

Nel salone dei corazzieri, al Quirinale, i bambini sono schierati a festa. Sulle magliette le bandierine tricolore. Tra essi gli alunni dell’ istituto comprensivo Manin, scuola per sordomuti di Roma, cantano e mimano l’inno nazionale. Comincia così la cerimonia di chiusura del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, le massime cariche dello Stato, giornalisti, politici,  in prima fila Roberto Benigni, Aldo Cazzullo, Dacia Maraini, alcuni sindaci, da Piero Fassino a Gianni Alemanno, a Matteo Renzi, a Graziano Delrio ascoltano in piedi il piccolo coro.

Giuliano Amato, presidente del Comitato dei garanti per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, prende la parola. Loda la «vasta partecipazione che ha caratterizzato queste celebrazioni», ricorda i tanti eventi, l’impegno nelle scuole.  Sono tanti gli eventi da ricordare, a partire dal 5 maggio 2010, quando il presidente della Repubblica si recò a Quarto, lì dove Garibaldi si era imbarcato con i Mille, il 5 maggio del 1860, per “fare l’Italia”. E poi Marsala, Roma, Reggio Emilia, Torino, Milano, Rimini, Forlì, Aquileia… Decine e decine di tappe, cerimonie, commemorazioni. Un ruolo importante è stato svolto dalle scuole e il presidente della Repubblica premia l’impegno degli istituti consegnando le medaglie ai bambini e agli universitari.

«In ogni dove è stata inventata una festa parlata con i mille accenti diversi», dice Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani, ricordando che quanto le città del Nord e del Sud abbiano partecipato attivamente all’anniversario.  Ringrazia la tenacia e l’entusiasmo con i quali il presidente della Repubblica ha fortemente voluto e supportato le celebrazioni. «La solidarietà tra le persone, tra le comunità sarà ciò che ci renderà capaci di scrivere un futuro degno di questa patria», conclude Delrio citando anche i tanti immigrati che «hanno festeggiato con noi» e che si sentono parte del nostro Paese. 



Un posto d’onore tra i relatori Roberto Benigni, che si diverte e fa divertire «Se lei mi chiama, Presidente, io sono a disposizione, per sostituire un corazziere, un settennato tecnico, mi chiami…», esordisce frizzante e poi legge e recita. Dalla proclamazione del Regno d’Italia, Gazzetta ufficiale numero 3 alla pubblicità per far rinascere i capelli «i problemi sono sempre gli stessi», commenta Benigni. E poi cita le parole di Cavour «la via parlamentare è la più lunga, ma la più sicura», di Mazzini «la patria non è un territorio, è l’idea che sorge su quello, il senso di comunione che stringe in uno tutti i figli di quel territorio. Voto, lavoro educazione sono le colonne portanti di questa patria», di Garibaldi «supponiamo che l’Europa formasse un solo stato, chi mai penserebbe di disturbarla a casa sua? E in tale supposizione non più eserciti…». 

Giorgio Napolitano, infine, prende la parola – 13 cartelle il discorso completo - per tracciare il bilancio conclusivo delle celebrazioni che sono state «un fatto rilevante nella nostra vita nazionale, denso di potenzialità». Un bilancio fatto di numeri, a partire dalle 4.500 lettere giunte al Quirinale sul tema dell’unità, di analisi dei valori che ancora reggono la nazione, di «fiducia nell’avvenire dell’Italia». Il presidente parla di «risveglio della coscienza nazionale», «di lievito di nuova consapevolezza e responsabilità condivisa», «di interesse generale da far prevalere sull’interesse personale». Non nasconde i problemi e «il delicato e inedito passaggio politico che si è realizzato», il «senso di responsabilità delle forze di governo e di opposizione nel rendere possibile il nascere di un governo estraneo ai due schieramenti», ma necessario per la situazione del nostro Paese. «Tutto sarebbe stato più difficile senza il senso dell’interesse generale».

E anche per questo ritrovato senso di responsabilità, di coesione e di unità, il bilancio delle celebrazioni non può che essere positivo. Un bilancio che non si conclude. Anzi. Il prossimo appuntamento, ha ricordato Napolitano, è a Caprera, a luglio, per commemorare Garibaldi.

 
 
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