Con un decreto il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano precisa che «il lavoratore che senza comprovate ragioni di salute rifiuti» di sottoporsi alla campagna vaccinale può subire sanzioni che, però, non giungono fino alla interruzione del rapporto di lavoro (come di fatto ha detto, interpreando in una nota le norme pubblicate, lo stesso Governatorato).
Il decreto vaticano firmato l'otto febbraio - che ha avuto una certa eco sui blog tradizionalisti con simpatie «no vax» - rimanda, più precisamente, all'articolo 6 delle «norme a tutela della dignità della persona e dei suoi diritti fondamentali da osservarsi negli accertamenti sanitari in vista dell'assunzione del personale e durante il rapporto di lavoro». Norme approvate nel 2011 sotto Benedetto XVI, che, all'articolo 6, stabiliscono che «il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti preventivi o periodici previsti ed agli accertamenti sanitari d'ufficio, nonché la rinuncia alla prosecuzione dell'accertamento preventivo, periodico o d'ufficio già iniziato, comportano per i dipendenti conseguenze di diverso grado che possono giungere fino alla interruzione del rapporto di lavoro».
Il decreto «in materia di emergenza sanitaria pubblica» approvato lo scorso 6 febbraio dal cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato, regolamenta i diversi aspetti legati alla pandemia. La premessa è che sottoporsi alla vaccinazione viene ritenuta «la presa di una decisione responsabile, atteso che il rifiuto del vaccino può costituire anche un rischio per gli altri» e «che tale rifiuto potrebbe aumentare seriamente i rischi per la salute pubblica».
Tra le varie misure - limitazione dell'assembramento di persone, distanziamento fisico e quarantena, norme igieniche, dispositivi di protezione individuale, protocolli terapeutici e protocolli di vaccinazione - l'articolo 6 affronta i «provvedimenti nei confronti dei lavoratori». Oltre al caso del «lavoratore che senza comprovate ragioni di salute rifiuti» di sottoporsi alla campagna vaccinale, per il lavoratore che, invece, «per comprovate ragioni di salute non può sottoporsi alla somministrazione del vaccino», l'amministrazione può adibirlo «a mansioni differenti, equivalenti o, in difetto, inferiori, garantendo il trattamento economico corrispondente alle mansioni di provenienza».
Per tutte le altre violazioni (limitazione dell'assembramento di persone, distanziamento fisico e quarantena, norme igieniche, dispositivi di protezione individuale) il decreto elenca le sanzioni amministrative pecuniarie corrispondenti.
A ricevere il vaccino in Vaticano sono i cittadini (gli ultimi dati ufficiali del febbraio 2019 hanno registrato 618 persone, delle quali solo 246 abitanti), gli abitanti (453, cittadini e non), e soprattutto i dipendenti (poco meno di 5mila), ma anche i familiari che godono dell’assistenza del Fas (Fondo assistenza sanitaria) e i pensionati. In tutto si viaggia su cifre che superano le 7mila unità. Lo Stato Pontificio ha ricevuto, come l’Italia, la fornitura di vaccini Pfizer BioNTech, conservati in frigorifero, che prevedono la somministrazione di due dosi, la seconda 21 giorni dopo la prima. Lo Stato pontificio ha iniziato le vaccinazioni il 13 gennaio, e tra i primi ad essere inoculato c’è stato Papa Francesco, 84 anni, che il 3 febbraio si è sottoposto al richiamo. Anche il papa emerito Benedetto XVI, 93 anni, è stato vaccinato. Le vaccinazioni, facendo un calcolo a partire dal ritmo di persone vaccinate in queste prime settimane, dovrebbero andare avanti per almeno altre quattro settimane. E a quel punto – orientativamente prima metà di marzo – il Vaticano diventerebbe il primo Stato del mondo ad aver completato la campagna vaccinale.
Papa Francesco ha detto che «vaccinarsi contro il Covid-19 è un’opzione etica» ed ha messo in guardia dal «negazionismo suicida»: «Non so perché qualcuno dice: “no, il vaccino è pericoloso”, ma se te lo presentano i medici come una cosa che può andare bene, che non ha dei pericoli speciali, perché non prenderlo?».
Ma le resistenze alla pratica dei vaccini non sono né sorprendenti né nuove. Sul prossimo numero della Civiltà cattolica, padre Carlo Casalone, gesuita e medico, ricorda ad esempio di quando già nel 1820 tra i fedeli - allora sudditi - del Papa c'era chi rifiutava la vaccinazione voluta contro il vaiolo da Pio VII. Nulla di nuovo sotto il sole, e neanche sotto il Papa.