Sulla 'ndrangheta in Calabria 12 pagine di condanna e speranza. La conferenza episcopale calabra, a inizio anno, diffonde una Nota pastorale, datata 25 dicembre, con la quale denuncia chiaramente il fenomeno mafioso nella Regione. Facendo tesoro delle parole di scomunica di papa Francesco pronunciate a Sibari, e riprendendo i documenti che i vescovi calabresi hanno elaborato negli ultimi 70 anni, i presuli ribadiscono in modo netto che la 'ndrangheta è «il male assoluto», «l'antistato», «l'anti-religione», «una struttura pubblica di peccato, perché stritola i suoi figli. È contro la vita dell'uomo e contro la sua terra. È, in tutta evidenza, opera del male e del Maligno». Non c'è spazio per ambiguità e zone grigie: «Far parte consapevolmente della ‘ndrangheta significa, in sostanza, rifiutare concretamente il Vangelo e il suo segno storico che è la Chiesa».
Il documento, dal titolo "Testimoniare il Vangelo. Nota pastorale sulla 'ndrangheta", è il frutto della riflessione che si è sviluppata fortemente negli ultimi mesi e vuole mettere un freno anche all'uso distorto di simboli e devozioni religiose. «Possiamo affermare che lo stravolgimento subito dalle devozioni e dalle pratiche di culto della Chiesa ha portato, a volte, alcune belle forme di pietà popolare a diventare autentiche manifestazioni di idolatria, mascherata di religiosità».
I vescovi, che rimandano a un prossimo Direttorio «su aspetti della Celebrazione dei Sacramenti e della Pietà popolare, principi e linee guide, a cui ispirarsi e attenersi nelle nostre Diocesi di Calabria», non si limitano però a condannare. E, dopo aver ribadito fiducia e collaborazione con le forze dell'ordine e con la magistratura, insistono anche sulla continua testimonianza e sull'azione di conversione, possibile anche per i criminali più incalliti. Una conversione, che però, deve manifestarsi in forma pubblica, cercando di riparare i danni fatti alla comunità. Sapendo anche che la Calabria può avere le energie per riscattarsi.
«Vogliamo infondere coraggio», concludono i vescovi, «e, soprattutto, rilanciare la fiducia nelle grandi capacità dei calabresi, credenti e persone di buona volontà, troppo spesso vanificate dalla indifferenza, dalle omissioni, dalla mancanza di impegno e dalla rassegnata indulgenza di molti. L’atavico fatalismo, che si ritrova in alcune nostre realtà, ha finito talvolta per travolgere ogni esperienza, facendo della sterile attesa la cifra essenziale dell’esistenza, il contrario cioè dell’autodeterminazione e della responsabilità, dell’impegno attivo e del rinnovamento. La parola chiave è una sola: Vangelo!».