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sabato 21 giugno 2025
 
ucraina, terzo anniversario della guerra
 

Le voci da Kyiv: "Per la pace vera, giusta e duratura dobbiamo attendere ancora"

23/02/2025  Alla vigilia del terzo anniversario dell'inizio del conflitto l'atmosfera che si respira è di grande incertezza, preoccupazione, sfiducia verso i colloqui tra Stati Uniti e Russia

da Kyiv

Dopo tre durissimi, dolorosi anni di guerra, tutti in Ucraina sognano e aspettano la pace. Ma secondo tanti sarà necessario attendere ancora. Alla vigilia del terzo anniversario dell’invasione russa e dell’inizio del conflitto, il 24 febbraio, a Kyiv si respira un'amosfera di grande incertezza. Nelle riflessioni, nei pochi commenti appena accennati, negli sguardi di tanta gente sono palpabili la preoccupazione, l'amarezza, il senso di sfiducia, l’attesa mista alla paura per le decisioni che le superpotenze stanno prendendo sul destino dell’Ucraina, senza consultare gli ucraini. Pochi si fanno illusioni sui risultati dei colloqui avviati da Trump con Putin, mettendo da parte sia Kyiv che l’Unione europea. La pace vera, giusta e duratura, dicono, molto probabilmente non scaturirà da queste trattative.

«Vuoi che ti dica la mia opinione? Io sono molto pessimista». Volodymyr ha quasi trent’anni, è nato in Russia, da padre ucraino e madre russa, vive in Ucraina da quando era bambino. Nella zona di Kyiv in cui abita con sua moglie e il loro bambino i droni volano molto bassi, quasi tutte le notti. Uno stillicidio. «Noi cerchiamo di restare calmi. Ma molti abitanti della zona sono terrorizzati e sentiamo spesso i nostri vicini correre quando avvertono i droni o i missili sulle loro teste». E osserva: «La tendenza è chiara: più si parla di negoziati e di una rapida fine della guerra, più aumentano gli attacchi. Le ultime notti, ad esempio, sono state molto movimentate». Aggiunge Volodymyr: «In Occidente pochi pensano al fatto che Putin in realtà non ha alcun motivo o vantaggio per porre fine alla guerra. Tutti vogliono giocare secondo le regole con uno statista che, per definizione, non le riconosce. Eppure, dopo tre anni continuano a credere che finalmente inizierà a rispettarle. La condizione principale della diplomazia russa è sempre stata che l’altra parte deve riconoscere la superiorità della Russia e subirla. Il modello “win-win” esiste solo nella diplomazia occidentale. Qualsiasi concessione da parte dei russi viene fatta solo per ottenere ciò che loro vogliono».

Davanti a una tazza di caffè, Vyktoria, 48 anni, originaria del Donbas ma da tanti anni residente con la sua famiglia a Bucha, a nord-ovest di Kyiv, racconta della sua vita in questi tre anni. Abbassa lo sguardo e sospira quando il suo pensiero va ai tanti giovani, tutti sotto i 30 anni, padri di famiglia, uccisi nella sua cittadina, massacrati nel primo mese della guerra, ritrovati nelle fosse comuni, senza essersi macchiati di alcun crimine. «Non voglio più vivere di nuovo tutto questo. Anche se adesso raggiungessero un accordo per la pace, la Russia potrebbe attaccarci di nuovo».  Non si fida dei colloqui in corso. Non si fida di Mosca. Pensa alle campagne di disinformazione che, ad esempio, hanno messo in dubbio il massacro dei civili di Bucha a marzo del 2022, durante l'occupazione da parte dalle forze russe. «I miei parenti che vivono in Russia credono che il massacro sia un’invenzione e hanno interrotto i rapporti con me. Purtroppo questo è ciò che è accaduto a tantissimi ucraini soprattutto dell’est che hanno familiari in Russia». E ammette: «Amo profondamente l’Ucraina, ma oggi vorrei che i miei figli vivessero in Europa».

Pochi giorni fa il presidente ucraino Zelensky ha dichiarato che 46mila soldati ucraini sono morti in questi tre anni di guerra e che ci sono ancora decine di migliaia di dispersi o prigionieri, anche se il numero non si può conoscere  con certezza. Aspettano la pace i giovani ucraini, dai 25 anni in su, che oggi hanno paura di essere intercettati dai militari, magari mentre vanno al lavoro in macchina o viaggiano su un autobus, e spediti al fronte a combattere. «Mio fratello, che ha 43 anni, è sposato ed è padre, è stato prelevato mentre faceva la spesa al mercato del pesce», racconta con tristezza Kateryna Chvalova, 38 anni, che vive a Fastiv, nella regione di Kyiv, e lavora nel Centro domenicano San Martino de Porres, dove dirige la scuola dell’infanzia e la scuola primaria. «Era la vigilia del Natale scorso. Lo hanno mandato a fare il corso di addestramento. Fra alcuni giorni lo spediranno al fronte, non si sa dove. Anche il marito di sua figlia era stato chiamato alle armi. Lo stesso giorno in cui mio fratello è stato prelevato dai militari, sua figlia ha ricevuto la notizia che suo marito era morto». Anche Kateryna pensa con profonda tristezza e preoccupazione alle notizie poco rassicuranti che arrivano in questi giorni, in queste settimane, sulle possibili trattative fra Washington e Mosca per decidere il futuro del suo Paese e ai recenti, duri attacchi di Trump contro l'Ucraina che ribaltano la narrazione del conflitto.

Intanto la guerra va avanti, senza tregua. Mentre il leader del Cremlino Vladimir Putin dichiara di aver ricevuto da Dio la missione di «difendere la Russia», Zelensky conferma che: «alla vigilia del terzo anniversario della guerra su vasta scala, la Russia ha lanciato 267 droni d'attacco contro l'Ucraina, il più grande attacco da quando i droni iraniani hanno iniziato a colpire città e villaggi ucraini». 

Camminando lungo alcune strade di Kyiv si incrociano grandi pannelli blu con l'immagine stilizzata dell'arcangelo Michele, patrono e protettore della capitale, e un invito in lingua inglese: “Kyiv vi aspetta dopo la vittoria!”. Un richiamo ai visitatori stranieri, perché tornino presto in questa città. Uno sguardo in avanti, proiettato verso un futuro che adesso si presenta pieno di incognite e a una vittoria che oggi, per l'Ucraina, appare lontana.

(Foto: piazza Indipendenza a Kyiv)

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