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mercoledì 11 settembre 2024
 
il dibattito
 

«Zelensky a Sanremo? Frutto della guerra tra tifoserie digitali»

01/02/2023  L’analisi del professore Marco Lombardi dell’Università Cattolica di Milano sulle polemiche per l’intervento del presidente ucraino al festival: «È ancora un uomo di spettacolo, per alcuni un presidente da avanspettacolo, in ogni caso sa usare la comunicazione del circo mediatico e bellico. Tocca a lui valutare i rischi della sovraesposizione a cui potrebbe arrivare»

Il professore Marco Lombardi
Il professore Marco Lombardi

Sanremo comincia tra una settimana me le polemiche sono già divampate. Riguarda la “presenza”, con un messaggio videoregistrato, di Volodymyr Zelensky durante la serata finale del festival e a pochi giorni dal primo anniversario della guerra scatenata in Russia da Putin.

È giusto, in un momento di aggregazione collettiva come Sanremo, accendere un faro sul conflitto? I partiti si dividono tra chi lo giudica opportuno e chi no. Amadeus tira dritto: «Deve essere un messaggio di pace, andrà in onda nella serata del sabato dopo le ventotto esibizioni dei cantanti in gara. Comprendo e non mi meraviglio che il suo intervento possa dividere, ma tutte le guerre sono orribili e abbiamo il dovere di non dimenticarlo». Ha fatto discutere la scelta della Rai di sottoporre il contributo video di Zelensky - che dovrebbe durare un paio di minuti - al controllo preventivo, per evitare profili di criticità per l'azienda. Della questione si è discusso lunedì scorso nel Cda di Viale Mazzini e alcuni consiglieri hanno chiesto chiarimenti su una vicenda rilevante dal punto di vista editoriale. «Che sia affidato alla burocrazia della Rai il controllo di ciò che Zelensky dirà a Sanremo è una notizia che non so se sia più ridicola o deprimente», ha commentato sul suo profilo Facebook Pier Ferdinando Casini.

L'intervento di Zelensky, oltre a far storcere il naso a diversi schieramenti politici, ha mobilitato intellettuali, personaggi dello spettacolo e associazioni e si prepara a movimentare anche la giornata di sabato 11 febbraio, con le manifestazioni annunciate in Riviera da parte di pacifisti e di ucraini a sostegno del loro presidente. E l'associazione "Un Ponte per..." ha scritto ad Amadeus per chiedergli di invitare al festival «gli obiettori di coscienza russi e ucraini»: la loro testimonianza, «espressa a rischio della vita e della propria libertà», si sottolinea, è stata «completamente ignorata dalla tv pubblica e dal sistema mass mediatico italiano ed europeo».

Fa bene Zelensky ad andare a Sanremo o il contesto, uno spettacolo musicale, rischia di depotenziarne il messaggio? «Bisogna fare due premesse prima di rispondere a questa domanda», dice il professore Marco Lombardi, sociologo dei media e docente di Teorie e tecniche della comunicazione mediale e Comunicazione e informazione per la sicurezza all’Università Cattolica di Milano, «la prima riguarda il conflitto russo-ucraino: siamo in piena guerra cognitiva, la prima pienamente digitale, che si caratterizza per l'impiego specifico, diffuso e pervasivo della comunicazione. Se si fa attenzione, dal campo di battaglia le prospettive si moltiplicano e si sovrappongono al punto che, non potendo rinunciare a “sapere” il cittadino rinuncia alla verità per credere alla fonte, al marchio, in cui ha fiducia. È una drammatica guerra tra tifoserie digitali».

La seconda premessa riguarda Sanremo, «che è anche il festival della canzone italiana. Ma da sempre, non solo quello», aggiunge il professore, «quei milioni di spettatori sono il pubblico adatto per fare passare i messaggi strategici utili ma a chi? Allo Stato? Al potere? Ai media? Vedete voi. Il punto è che a Sanremo, tra e con una canzone e l'altra, non si perde l'occasione di orientare il pubblico italiano. È così da sempre. Le due premesse, messe insieme, rendono scontato Zelensky all’Ariston. Banale, atteso, discutibile per tutto e per tutti. Tanto che, a chi interessa lo spettacolo in sé, l’inevitabile discussione conseguente all’invito sia il reale obiettivo cercato. Non altro».

Sulla disponibilità di Zelensky a intervenire al festival, l’evento mediatico per eccellenza dell’Italia, uno dei Paesi che sta sostenendo Kiev anche con l’invio di armi, Lombardi non è sorpreso: «Il presidente ucraino è ancora un uomo di spettacolo, per alcuni un presidente da avanspettacolo, in ogni caso sa usare la comunicazione del circo mediatico e bellico. Tocca a lui valutare i rischi della sovraesposizione a cui potrebbe arrivare».

E sulle polemiche politiche a cavallo tra il Parlamento e la Rai? «Le simpatie politiche della discussione sanremese», risponde Lombardi, «si sovrappongono e si confondono rispetto alla scelta tra le parti in gioco, tra la dimensione personale (Zelensky) e quella collettiva (popolo ucraino). Ma nessuno ha cambiato posizione: se era scontato Zelensky a Sanremo, sono scontate le firme sulle narrative a commento del suo prossimo spettacolo».

L’intervento del presidente ucraino è l’ennesimo capitolo della guerra mediatica in corso? «È coerente con l’uso strategico della comunicazione in guerra: costi quel che costi si deve confermare la propria posizione», conclude Lombardi. 

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