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È davvero difficile per alcuni preadolescenti proiettarsi nel futuro e pensarsi inseriti nella scuola superiore. Un desiderio unico sembra dominarli: la soddisfazione del bisogno immediato di movimento e di svago. E la negazione di ciò che invece è fatica e impegno, anche quando non se ne ha voglia. Forse a questo contribuiscono anche modelli educativi rivolti a evitare le frustrazioni ai ragazzi, a non metterli mai di fronte a un dovere da affrontare senza mediazioni, a volte anche alla mancanza di occupazioni stabili che richiedono una messa in gioco duratura. Per esempio, uno sport praticato con continuità per anni e non abbandonato al primo insuccesso. Oppure un impegno negli scout o all’oratorio portato avanti con regolarità e non sospeso al primo raffreddore o alla prima interrogazione pesante. Invece, i genitori sembrano talvolta impegnati più a sgomberare il cammino dei gli dagli ostacoli che a insegnare loro a superarli.
Così i ragazzi finiscono per restringere le loro prospettive di vita a un presente soddisfacente. Guardare il futuro, invece, mette paura, tanto da doverlo affrontare con il supporto del migliore amico, anche scegliendo una scuola per la quale non si è tagliati. In questo contesto la scelta orientativa deve essere condotta in modo realistico e oculato. Partendo dai risultati scolastici reali e dalle indicazioni dei professori e confrontandosi con il ragazzo sulle materie che ritiene più interessanti e su quelle per lui più ostiche. Accompagnandolo nelle visite alle scuole superiori, senza sostituirlo. Se la nebbia sulla scuola superiore permanesse, consultando uno specialista in orientamento che lo accompagni.
E poi, lavorando affinché i prossimi mesi, fino alla fine dell’anno, siano occasione di maturazione: con gli insegnamenti e soprattutto con la pratica il ragazzo va aiutato ad assumere in modo graduale ma deciso le sue responsabilità, in casa e fuori.



