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Un autoscatto del papa con un gruppo di giovani che lo ritraggono secondo i loro canoni estetici e di condivisione delle immagini e che in poche ore diventa virale e spopola nel web?
I più miopi, in Rete, lo definiscono “marketing della Chiesa cattolica”. Il ragionamento che più o meno esplicitamente viene espresso da una cospicua parte di cybernauti, a spanne, è questo: “la Chiesa sta perdendo fedeli giorno, dopo giorno ed ecco che questo papa, con trovate originali, sta alimentando la popolarità di un’organizzazione della quale si trova al vertice”.
Abbinando le parole chiave “papa” e “marketing” non sono certo pochi gli articoli e i commenti che emergono dal web (ad esempio qui, qui, qui e qui), creando un cortocircuito tra lo stile del vescovo di Roma e le moderne tecniche di vendita o di potenziamento del consenso.
Forse farebbe bene, in questi casi, semplificare i ragionamenti secondo il principio espresso da un francescano del XIV secolo, noto come “rasoio di Occam”: «entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem», ovvero non si devono moltiplicare gli enti più del necessario, la spiegazione di ciò che sta accadendo è molto più semplice. Papa Francesco ritengo agisca così spontaneamente senza troppe dietrologie o presunte strategie di marketing, cercando semplicemente di essere accessibile. Fare il “divo”, ovvero il “divino”, significa oggi essere poco accessibile, lontano dall’esperienza quotidiana, irraggiungibile per le persone comuni. È un meccanismo che, anche involontariamente, potrebbe avviluppare la figura del papa sottraendolo dal contatto immediato con le persone.
Farsi fotografare con l’autoscatto da un gruppo di ragazzi che riescono ad avvicinarlo e indossare un fazzolettone scout significa condividere qualcosa del loro mondo e del loro codice espressivo. È lo stile del vangelo, lo sa bene chi è cresciuto nella fede in un Dio che si è fatto uomo, creatura fragile e accessibile, per salvare l’umanità.
I più miopi, in Rete, lo definiscono “marketing della Chiesa cattolica”. Il ragionamento che più o meno esplicitamente viene espresso da una cospicua parte di cybernauti, a spanne, è questo: “la Chiesa sta perdendo fedeli giorno, dopo giorno ed ecco che questo papa, con trovate originali, sta alimentando la popolarità di un’organizzazione della quale si trova al vertice”.
Abbinando le parole chiave “papa” e “marketing” non sono certo pochi gli articoli e i commenti che emergono dal web (ad esempio qui, qui, qui e qui), creando un cortocircuito tra lo stile del vescovo di Roma e le moderne tecniche di vendita o di potenziamento del consenso.
Forse farebbe bene, in questi casi, semplificare i ragionamenti secondo il principio espresso da un francescano del XIV secolo, noto come “rasoio di Occam”: «entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem», ovvero non si devono moltiplicare gli enti più del necessario, la spiegazione di ciò che sta accadendo è molto più semplice. Papa Francesco ritengo agisca così spontaneamente senza troppe dietrologie o presunte strategie di marketing, cercando semplicemente di essere accessibile. Fare il “divo”, ovvero il “divino”, significa oggi essere poco accessibile, lontano dall’esperienza quotidiana, irraggiungibile per le persone comuni. È un meccanismo che, anche involontariamente, potrebbe avviluppare la figura del papa sottraendolo dal contatto immediato con le persone.
Farsi fotografare con l’autoscatto da un gruppo di ragazzi che riescono ad avvicinarlo e indossare un fazzolettone scout significa condividere qualcosa del loro mondo e del loro codice espressivo. È lo stile del vangelo, lo sa bene chi è cresciuto nella fede in un Dio che si è fatto uomo, creatura fragile e accessibile, per salvare l’umanità.



