In Italia annegano meno persone rispetto a un tempo, circa 400 all’anno. Ma sono sempre troppe. E’ quanto comunica un’indagine dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS) che ha voluto tracciare l’andamento della mortalità per annegamento degli ultimi anni a scopo preventivo. «Di sicuro un ruolo fondamentale nella prevenzione degli annegamenti - ha affermato Enzo Funari, direttore del Reparto Qualità degli ambienti acquatici e delle acque di balneazione dell’ISS e curatore del Rapporto sugli annegamenti - è svolto dai servizi di sorveglianza. Laddove esiste un efficace servizio di sorveglianza si muore di meno».
Se consideriamo che il litorale marino nazionale ha una lunghezza di oltre 7.000 km, diventa fondamentale per evitare gli incidenti, avere una maggiore consapevolezza dei rischi, saper nuotare, tenere comportamenti responsabili, passando dall’educazione nelle scuole e, ovviamente, dal potenziamento della sorveglianza. «È necessario trovare strumenti nuovi - ha aggiunto Funari - e fare in modo di rendere ancora più efficaci quelli già noti. Molti incidenti accadono in acque con determinate caratteristiche ed in condizioni tali da rappresentare un rischio elevato per i bagnanti. È dunque necessario che questi siano messi a conoscenza dei pericoli presenti e che siano predisposte adeguate misure di prevenzione. L’obiettivo è quello di promuovere un nuovo approccio preventivo di primo livello, da diffondere e migliorare progressivamente lasciando il dato statistico, in un certo senso, in secondo piano».
Pochissime risultano le spiagge dove sono stati azzerati gli annegamenti. In gran parte del territorio nazionale e soprattutto nelle spiagge libere, ai bagnanti non viene di fatto riconosciuto il diritto ad essere informati dei pericoli e non viene fornito alcun servizio di sorveglianza. Ma qualcosa si può fare se i dati sulla mortalità per annegamento in Italia dimostrano una forte diminuzione a partire dagli anni ’70 ad oggi. Nell’ultimo decennio, la situazione sembra essersi stabilizzata, con circa 400 annegamenti per anno, gran parte dei quali si verifica nei mesi di luglio e agosto.
Il ruolo dei bagnini rimane centrale. Dall’indagine risulta che dove sono presenti i bagnini, soprattutto in forma organizzata, le persone vengono soccorse e salvate. Ma quali sono i pericoli di cui i bagnanti dovrebbero essere informati? Ad esempio, la presenza di buche pericolose in condizione di mare calmo, o delle correnti che possono trasportare in mare aperto con mare mosso o poco mosso. I tratti italiani con i più alti numeri di decessi per annegamento sono risultati la costa adriatica centro-settentrionale da San Benedetto del Tronto a Trieste, alcune aree della costa sud della Puglia, la Liguria tra San Remo e Savona, la Toscana tra Carrara e Piombino, il Lazio tra Fiumicino e Terracina, la Campania tra Castel Volturno e Acropoli, la Sicilia nella costa sud-orientale e a Palermo, e la Sardegna lungo la costa meridionale. Ma un altro dato importante che emerge dallo studio è che, sebbene siano i litorali quelli maggiormente interessati dal rischio di annegamento severo, anche i fiumi e i laghi, anche se meno frequentati, rappresentano degli ambienti potenzialmente ad elevato rischio. Questi luoghi, infatti, sono raramente sorvegliati, le acque dolci sono mediamente più fredde e possono essere attraversate da forti correnti.
Le raccomandazioni dell'Istituto Superiore della Sanità
Raccomandazioni per la promozione di strategie di prevenzione a livello locale
Educazione nelle scuole: le scuole dovrebbero fornire ai bambini e ai ragazzi la formazione necessaria per prevenire situazioni di rischio inaccettabili.
I comuni delle località nelle quali si svolgono attività di balneazione, soprattutto nelle aree di maggiore criticità dovrebbero assicurare:
In considerazione del numero di bambini che sono annegati in piscine private, si raccomanda quanto segue, se si possiede una piscina interrata:
Se consideriamo che il litorale marino nazionale ha una lunghezza di oltre 7.000 km, diventa fondamentale per evitare gli incidenti, avere una maggiore consapevolezza dei rischi, saper nuotare, tenere comportamenti responsabili, passando dall’educazione nelle scuole e, ovviamente, dal potenziamento della sorveglianza. «È necessario trovare strumenti nuovi - ha aggiunto Funari - e fare in modo di rendere ancora più efficaci quelli già noti. Molti incidenti accadono in acque con determinate caratteristiche ed in condizioni tali da rappresentare un rischio elevato per i bagnanti. È dunque necessario che questi siano messi a conoscenza dei pericoli presenti e che siano predisposte adeguate misure di prevenzione. L’obiettivo è quello di promuovere un nuovo approccio preventivo di primo livello, da diffondere e migliorare progressivamente lasciando il dato statistico, in un certo senso, in secondo piano».
Pochissime risultano le spiagge dove sono stati azzerati gli annegamenti. In gran parte del territorio nazionale e soprattutto nelle spiagge libere, ai bagnanti non viene di fatto riconosciuto il diritto ad essere informati dei pericoli e non viene fornito alcun servizio di sorveglianza. Ma qualcosa si può fare se i dati sulla mortalità per annegamento in Italia dimostrano una forte diminuzione a partire dagli anni ’70 ad oggi. Nell’ultimo decennio, la situazione sembra essersi stabilizzata, con circa 400 annegamenti per anno, gran parte dei quali si verifica nei mesi di luglio e agosto.
Il ruolo dei bagnini rimane centrale. Dall’indagine risulta che dove sono presenti i bagnini, soprattutto in forma organizzata, le persone vengono soccorse e salvate. Ma quali sono i pericoli di cui i bagnanti dovrebbero essere informati? Ad esempio, la presenza di buche pericolose in condizione di mare calmo, o delle correnti che possono trasportare in mare aperto con mare mosso o poco mosso. I tratti italiani con i più alti numeri di decessi per annegamento sono risultati la costa adriatica centro-settentrionale da San Benedetto del Tronto a Trieste, alcune aree della costa sud della Puglia, la Liguria tra San Remo e Savona, la Toscana tra Carrara e Piombino, il Lazio tra Fiumicino e Terracina, la Campania tra Castel Volturno e Acropoli, la Sicilia nella costa sud-orientale e a Palermo, e la Sardegna lungo la costa meridionale. Ma un altro dato importante che emerge dallo studio è che, sebbene siano i litorali quelli maggiormente interessati dal rischio di annegamento severo, anche i fiumi e i laghi, anche se meno frequentati, rappresentano degli ambienti potenzialmente ad elevato rischio. Questi luoghi, infatti, sono raramente sorvegliati, le acque dolci sono mediamente più fredde e possono essere attraversate da forti correnti.
Le raccomandazioni dell'Istituto Superiore della Sanità
- Non entrare in acqua a stomaco pieno o durante la digestione (attendere almeno 3 ore da un pasto).
- Non entrare in acqua quando non ci si sente bene o si accusano malesseri.
- Quando si sono consumate bevande alcoliche evitare di entrare in acqua, andare in barca o fare altri sport acquatici; si ricordi che l’alcol può rendere meno vigili in circostanze in cui si richiede capacità di controllo, anche nel prestare attenzione ai bambini.
- Non entrare in acqua bruscamente dopo una lunga esposizione al sole o se si è accaldati, perché la notevole differenza di temperatura tra il corpo e l’acqua può determinare delle alterazioni, anche gravi, della funzione cardiorespiratoria, con perdita della conoscenza e arresto cardiaco.
- Addestrarsi a praticare la rianimazione cardiopolmonare (CPR), perché nel tempo in attesa dell’arrivo del personale sanitario, le capacità di primo soccorso possono fare la differenza per salvare la vita.
- Evitare, se possibile, di fare il bagno da soli e soprattutto allontanarsi dalla riva perché anche un banale crampo potrebbe mettere in serie difficoltà; possibilmente scegliere per nuotare luoghi sorvegliati da bagnini.
- Evitare di tuffarsi se non si conosce la profondità dell’acqua; si rischia di urtare contro il fondo o contro gli scogli con conseguente morte per trauma cranico o postumi invalidanti per lesioni alla testa e al collo.
- Non effettuare e scoraggiare i tuffi da riva sulla prima onda: sono responsabili di un gran numero di traumi alla colonna vertebrale e cranici.
- Non improvvisarsi subacquei, in quanto l’immersione richiede una forma fisica adeguata, raggiunta dopo una preparazione specifica.
- Preferire le spiagge nelle quali è garantito un servizio di salvataggio e vengono fornite informazioni adeguate a coloro che le frequentano (possibilmente con specifica cartellonistica), comprese quelle riguardanti correnti che spingono al largo, irregolarità dei fondali, se sono presenti buche, ecc.
- Evitare di fare il bagno quando il mare è agitato, soprattutto nelle spiagge dove si possono formare pericolose correnti che allontanano dalla riva.
- Fare attenzione alle bandiere colorate di avviso di pericolo in spiaggia.
- Fare attenzione alle onde pericolose e ai segni di corrente di riflusso (es. acqua che cambia colore e stranamente mossa, schiumosa, o piena di detriti). Se si finisce in una corrente che porta al largo, non cercare di contrastarla subito nel tentativo di guadagnare immediatamente la riva. È meglio cercare piuttosto di uscire dal flusso della corrente, nuotando parallelamente alla spiaggia. Una volta fuori dalla corrente, nuotare verso la riva.
- Informarsi sulle condizioni del vento e del mare e le relative previsioni prima di andare in acqua. Vento forte e temporali con fulmini possono costituire un serio pericolo.
- Indossare il giubbotto di salvataggio omologato quando si naviga, a prescindere dalla distanza di viaggio, dal tipo di imbarcazione o dall’abilità a nuotare di coloro che vanno in barca.
- Usare molta prudenza in acque dolci (fiumi e laghi) sia per le correnti presenti, sia per la temperatura dell’acqua, spesso assai fredda.
- Prestare la massima attenzione ai bambini, raccomandazione che vale in generale ma soprattutto nelle piscine, ambienti che apparentemente sembrano più sicuri e inducono a minore prudenza.
Raccomandazioni per la promozione di strategie di prevenzione a livello locale
Educazione nelle scuole: le scuole dovrebbero fornire ai bambini e ai ragazzi la formazione necessaria per prevenire situazioni di rischio inaccettabili.
I comuni delle località nelle quali si svolgono attività di balneazione, soprattutto nelle aree di maggiore criticità dovrebbero assicurare:
- la presenza di un adeguato servizio di salvataggio (le spiagge libere sono spesso sprovviste di personale di salvataggio, che dovrebbe invece essere garantito almeno nelle giornate di grande afflusso); - la disponibilità in tempi rapidi di unità di rianimazione cardio-polmonare;
- le informazioni dettagliate ai fruitori delle spiagge circa: o Pericoli che possono essere presenti associati alle attività di balneazione; o Presenza e postazioni del personale di salvataggio; o Presenza di unità di pronto soccorso sanitario e modalità di rapido contatto; o Informazioni su come contattare la locale Capitaneria di porto per interventi di emergenza.
Raccomandazioni per un corretto utilizzo delle piscine private
In considerazione del numero di bambini che sono annegati in piscine private, si raccomanda quanto segue, se si possiede una piscina interrata:
- La piscina dovrebbe essere circondata da un recinto adeguatamente alto (almeno 120 cm).
- L’accesso alla piscina dovrebbe essere consentito tramite cancelli con chiusura con dispositivo di richiamo e meccanismo di apertura fuori dalla portata dei bambini. Considerare l’eventualità di dotare la piscina interrata di ulteriori protezioni aggiuntive come sistemi di allarme perimetrale per prevenire l’accesso ai bambini piccoli.
- Tenere sempre a mente che, braccioli o ciambelle gonfiabili sono giocattoli e non sono realizzati per salvare le persone in acqua. Per questo scopo esistono appositi giubbini di salvataggio.


