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È una delle protagoniste di Matrimoni e altre follie, fiction di 24 episodi in 12 prime serate su Canale 5 dal 1° giugno. Dal 16, invece, darà la voce alla gallina Matilda nel cartone animato ispirato ad Angry Birds, il videogame più famoso d’America. Dopo l’estate la vedremo nel film tv per Rai 1 Piccoli segreti e grandi bugie, e ha altri progetti cinematografici ancora top secret. Nelle sale è appena uscito il suo film On air - Storia di un successo. Nel frattempo si sta godendo gli ottimi ascolti di Non dirlo al mio capo, con Vanessa Incontrada.
Chiara Francini, attrice di cinema, teatro e televisione, laureata in Lettere con il massimo dei voti, non è la femme fatale che uno si aspetta di incontrare. Comodamente rilassata in un abbigliamento vintage che nulla concede alla sua fisicità prorompente, un filo di trucco che «è ancora quello di ieri», scende senza ansia dal tacco 12 per vestire una normalità da ragazza della porta accanto.
In Matrimoni e altre follie interpreta Giusy Ballarin, una donna romantica che sogna il matrimonio. Anche lei è così nella vita?
«Giusy è un’astronoma con un lavoro di responsabilità ma con la testa un po’ tra le stelle: è appassionata, sogna un amore folle, la favola. Ma è una piccola Bridget Jones: il grande amore con cui è andata a vivere la lascia prima del matrimonio e lei è costretta a trovare un coinquilino per finire di pagare il mutuo. Si innamora del nuovo arrivato ma scopre che è omosessuale. Poi ritorna l’ex danzato e inizierà una deliziosa, divertentissima convivenza a tre. Anch’io ho questa duplice natura: sono razionale e rigorosa sul lavoro ma anche un’inguaribile romantica, innamorata dell’amore, un po’ naïve. Il mio miglior pregio è l’autoironia: se dovessi cadere da un tacco 12 farei una grande risata. Quanto al matrimonio, “s’ha da fare”, ma solo quando il mio fidanzato me lo chiederà ufficialmente, sono molto tradizionalista. E finora non l’ha fatto. Pur non avendo figli, ho scoperto di piacere molto ai bambini, forse per la mia mimica facciale».
È un ruolo nel quale esce la sua vena comica?
«L’ironia c’è, e anche l’autoironia. Giusy palesa i suoi fallimenti ma ci ride sopra, con romanticismo, non ha lo humour caustico di Perla in Non dirlo al mio capo, altro mio personaggio».
In un’intervista ha dichiarato di essere pronta per un ruolo impegnato. In Italia è difficile concepire un’attrice con più di un registro, a differenza degli Stati Uniti?
«Sono diplomata all’Accademia d’arte drammatica. Il personaggio di Perla non si era mai visto nella cinematografia italiana perché è un anti-cliché. In teatro sono molto soddisfatta delle critiche ricevute per Ti ho sposato per allegria di Natalia Ginzburg. In questi personaggi ci sono venature drammatiche, sono a tutto tondo, e proprio per questo piacciono. Mi piacerebbe un ruolo drammatico al cinema. Se arriva il film giusto vado in America: ho una fisicità che si sposa con i modelli amati all’estero. Ho anche partecipato al Sundance Film Festival di Robert Redford».
Nella sua nuova fiction si parla di famiglia nelle sue molteplici sfumature. Com’è stata la sua?
«Tradizionale e piena d’amore. Se sono una donna realizzata, che ha chiara la distinzione tra bene e male, è grazie ai valori che mi hanno trasmesso. È una famiglia un po’ “calvinista”, dove il lavoro è un dovere: quando a scuola prendevo bei voti, ero felice, ma pensavo già al dopo. Sono cresciuta con i nonni materni, un’educazione rigida che è stata la condizione indispensabile della mia libertà: oggi non bevo e non fumo. Dal caos nasce il cosmo».
«Ma l’amore è cieco e gli amanti non possono vedere le piacevoli follie che essi commettono»: è una frase di William Shakespeare che a lei piace molto. Quali sono state le sue piacevoli follie?
«Dieci anni e mezzo di fidanzamento sono una follia. Scherzi a parte, una volta ero fidanzata con un ragazzo veneto e ho fatto Firenze-Padova in treno solo per vedere la porta di casa sua, poi sono tornata indietro».
Quanto conta l’amore nella sua vita?
«Tutto. Il mio compagno ha una concezione ortodossa della giustizia, un alto senso della morale. Ho trovato una persona che ricorda un po’ mio padre, altrimenti avrei sbarellato: mi sta accanto con la sua solidità e con la presenza, senza darmi consigli. È questa la chiave del mio successo».
Chiara Francini, attrice di cinema, teatro e televisione, laureata in Lettere con il massimo dei voti, non è la femme fatale che uno si aspetta di incontrare. Comodamente rilassata in un abbigliamento vintage che nulla concede alla sua fisicità prorompente, un filo di trucco che «è ancora quello di ieri», scende senza ansia dal tacco 12 per vestire una normalità da ragazza della porta accanto.
In Matrimoni e altre follie interpreta Giusy Ballarin, una donna romantica che sogna il matrimonio. Anche lei è così nella vita?
«Giusy è un’astronoma con un lavoro di responsabilità ma con la testa un po’ tra le stelle: è appassionata, sogna un amore folle, la favola. Ma è una piccola Bridget Jones: il grande amore con cui è andata a vivere la lascia prima del matrimonio e lei è costretta a trovare un coinquilino per finire di pagare il mutuo. Si innamora del nuovo arrivato ma scopre che è omosessuale. Poi ritorna l’ex danzato e inizierà una deliziosa, divertentissima convivenza a tre. Anch’io ho questa duplice natura: sono razionale e rigorosa sul lavoro ma anche un’inguaribile romantica, innamorata dell’amore, un po’ naïve. Il mio miglior pregio è l’autoironia: se dovessi cadere da un tacco 12 farei una grande risata. Quanto al matrimonio, “s’ha da fare”, ma solo quando il mio fidanzato me lo chiederà ufficialmente, sono molto tradizionalista. E finora non l’ha fatto. Pur non avendo figli, ho scoperto di piacere molto ai bambini, forse per la mia mimica facciale».
È un ruolo nel quale esce la sua vena comica?
«L’ironia c’è, e anche l’autoironia. Giusy palesa i suoi fallimenti ma ci ride sopra, con romanticismo, non ha lo humour caustico di Perla in Non dirlo al mio capo, altro mio personaggio».
In un’intervista ha dichiarato di essere pronta per un ruolo impegnato. In Italia è difficile concepire un’attrice con più di un registro, a differenza degli Stati Uniti?
«Sono diplomata all’Accademia d’arte drammatica. Il personaggio di Perla non si era mai visto nella cinematografia italiana perché è un anti-cliché. In teatro sono molto soddisfatta delle critiche ricevute per Ti ho sposato per allegria di Natalia Ginzburg. In questi personaggi ci sono venature drammatiche, sono a tutto tondo, e proprio per questo piacciono. Mi piacerebbe un ruolo drammatico al cinema. Se arriva il film giusto vado in America: ho una fisicità che si sposa con i modelli amati all’estero. Ho anche partecipato al Sundance Film Festival di Robert Redford».
Nella sua nuova fiction si parla di famiglia nelle sue molteplici sfumature. Com’è stata la sua?
«Tradizionale e piena d’amore. Se sono una donna realizzata, che ha chiara la distinzione tra bene e male, è grazie ai valori che mi hanno trasmesso. È una famiglia un po’ “calvinista”, dove il lavoro è un dovere: quando a scuola prendevo bei voti, ero felice, ma pensavo già al dopo. Sono cresciuta con i nonni materni, un’educazione rigida che è stata la condizione indispensabile della mia libertà: oggi non bevo e non fumo. Dal caos nasce il cosmo».
«Ma l’amore è cieco e gli amanti non possono vedere le piacevoli follie che essi commettono»: è una frase di William Shakespeare che a lei piace molto. Quali sono state le sue piacevoli follie?
«Dieci anni e mezzo di fidanzamento sono una follia. Scherzi a parte, una volta ero fidanzata con un ragazzo veneto e ho fatto Firenze-Padova in treno solo per vedere la porta di casa sua, poi sono tornata indietro».
Quanto conta l’amore nella sua vita?
«Tutto. Il mio compagno ha una concezione ortodossa della giustizia, un alto senso della morale. Ho trovato una persona che ricorda un po’ mio padre, altrimenti avrei sbarellato: mi sta accanto con la sua solidità e con la presenza, senza darmi consigli. È questa la chiave del mio successo».



