“Raccontateci le donne che avete incontrato, le storie di vita che avete ascoltato perché è lì che troviamo parole di speranza”. È stato questo l’appello alla moltitudine di volontari presenti al convegno Carlo Casini a Migliano Veneto (15-17 novembre). Come? Registrando una propria testimonianza nell’angolo dedicato dal titolo emblematico “Impatto Cav”. Perché è proprio quello il segno che possono lasciare le testimonianze. Diventare semi di bene nella vita altrui.

Chiara Gagliardi ha 24 anni ed è del Cav di Salerno. «Sono qui perché credo che la cosa più importante è essere testimoni credibili di Speranza. Testimoni credibili per il nostro impegno e le nostre azioni, per quel che facciamo più che per tante parole». Lei è giovanissima eppure impegnata da anni. «È bello che il movimento sappia che ci sono dei giovani che credono tanto nella difesa della vita nascente e si impegnano per questo. Noi al Pellicano di Salerno siamo 40 volontari di cui 15 giovani tra i 18 e i 30 anni».

Il loro Cav è nato nel 1984 «ed è stato fondato da persone che appartengono alla vecchia guardia. Ma la difesa della vita nascente è attuale! Eppure non se ne parla, se non per l’aborto. “Dobbiamo difendere il diritto all’aborto e non il diritto alla vita nascente?”. Io ho deciso di far parte del Cav perché don Franco Fedullo che l’ha fondato è stato testimone credibile. Diceva sempre “non fare a un bambino in grembo ciò che non faresti a un bambino in culla”».

Il resto l’ha imparato in casa. «A a casa mia si è sempre respirata aria di Cav, più di una volta mi sono trovata a giocare con bambini fratelli di bimbi “salvati” dal Cav. Verso i 16 anni la presa di consapevolezza nata dall’incontro con una ragazza in una situazione complicata. Sono passata dall’essere “parrocchiosa” (una che va in parrocchia ma non ha mai incontrato Gesù) a credente! Io e lei eravamo uguali, due ragazze, scuola amici e sport solo che lei doveva decidere tra la vita e la morte. Ha scelto la vita grazie al Cav e questo è stato per me una presa di consapevolezza».

Con i coetanei parli di questi temi? «In università frequento Medicina e se ne parla coi colleghi. Il tema è scottante e difficile. Ma ho smesso di convincere le persone, non è la mia chiamata. Il mio ruolo è essere testimone di speranza. Mi sono trovata a discutere con un collega studiando embriologia. Eravamo concordi che fosse un essere umano sin dal concepimento, ma non importa. Il punto centrale era un altro: l’egoismo e l’egocentrismo, la priorità di poter fare quel che si vuole».



Eliana Castello ha 26 anni ed è volontaria al Cav di Pisa. Siciliana di nascita si è trasferita lì per studiare Scienze del servizio sociale «vorrei diventare assistente sociale». L’incontro col Cav è stato casuale ma decisivo: «Non conoscevo nulla, ma cercavo un’esperienza di volontariato. Guardando in rete mi sono imbattuta nel Cav. Già il nome è stato dirompente. “Centro di aiuto alla vita”, mi sono sentita chiamata. Di cosa mi occupo? Lavoro dietro alle quinte, imballaggi, pacchi, vestitini, spesa. Seguo seminari per continuare a formarmi. Stare qui mi fa stare molto bene. Aiutare gli altri, farlo senza aspettarsi nulla in cambio nemmeno che abbiano voglia di farsi aiutare! Ecco perché già l’idea che qualcuno inizi a fidarsi… dà soddisfazione! Mi conferma nella scelta da grande di fare l’assistente sociale».