La vita in Repubblica Democratica del Congo è tornata alla normalità: gli uffici hanno riaperto, le scuole funzionano, i mercati e i negozi sono di nuovo in piena attività. Ma il clima resta teso, nella capitale e in gran parte del Paese. Solo a Kinshasa sono stati mobilitati in ogni angolo della città 20 mila militari: il timore è che la contestata e dubbia rielezione del presidente uscente Joseph Kabila possa far esplodere violenze su larga scala.
Secondo i dati (definitivi ma non ufficiali) resi noti dalla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (Ceni) i votanti nei 63.865 seggi sono stati 18.911.572 (il 58,81% degli aventi diritto). Il vincitore è Joseph Kabila, col 48,95% dei consensi (8.880.944 preferenze, in cifre assolute). Etienne Tshisekedi – il principale sfidante – si è invece fermato al 32,33% (5.864.775 voti). Gli altri due candidati ad aver ottenuto un certo consenso sono Vital Kamerhe, che ha avuto il 7,74% (1.403.372 consensi) e Leon Kengo col 4,95% (898.362 voti).
L’esito elettorale, però, è fortemente contestato da più parti. La tensione è più alta nei quartieri dove è più alto il seguito di cui gode il principale sfidante, Etienne Tshisekedi, il candidato dell’Unione per la democrazia e il progresso sociale (Udps).
Tshisekedi all’annuncio dei risultati – che lo danno perdente per 15 punti percentuali – si è autoproclamato vero vincitore delle elezioni.
Secondo alcune fonti dell’agenzia di stampa Misna, nei giorni scorsi ci sarebbero state perquisizioni casa per casa e abusi commessi dalla polizia nelle zone più calde per prevenire nuovi disordini. C’è preoccupazione anche per la possibile infiltrazione di bande criminali che potrebbero approfittare della situazione di instabilità per creare il caos. Sono già 18 le vittime e centinaia i feriti provocati delle violenze di queste settimane.
Si sono verificati anche ripetuti scontri tra forze dell’ordine e militanti dell’opposizione, specie nella capitale, nella città di Mbuji-Mayi (provincia del Kasai occidentale) e a Bukavu, che si trova al confine con Ruanda e Burundi.
Sulla scarsa trasparenza del voto e sui brogli elettorali sono state tante le prese di posizione, sia da parte della Chiesa (vedi l’articolo del dossier che riguarda la conferenza stampa del cardinale Monsengwo, arcivescovo di Kinshasa) che degli osservatori della Fondazione Carter e dell’Unione Europea, come pure di numerose realtà della società civile. Anche la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Victoria Nuland, ha dichiarato che il voto congolese è «gravemente viziato da irregolarità». «Non si sa se questo, insieme alla poca trasparenza», ha aggiunto, «sia stato sufficiente a cambiare il risultato».
Il clima di incertezza si è protratto fino a oggi, 17 dicembre: in giornata verranno annunciati i risultati ufficiali, dopo l’esame dei riscorsi. Intanto, i leader di opposizione sembrano voler cercare una soluzione, che eviti lo scontro politico e l’accendersi di nuovi focolai di violenza.
«I risultati del voto del 28 novembre non sono conformi né alla verità né alla giustizia». Dichiarazione secca, quella del cardinale Laurent Monsengwo Pasinya. L’arcivescovo di Kinshasa non crede alla correttezza e alla trasparenza del risultato elettorale del voto per le presidenziali reso noto in questi giorni in Repubblica Democratica del Congo.
«Dopo le analisi dei risultati resi pubblici il 9 dicembre dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni, ndr)», ha aggiunto, «possiamo realmente concludere che tali risultati non sono conformi alla verità e alla giustizia».
Il 9 dicembre, il Presidente uscente Joseph Kabila, è stato proclamato vincitore delle elezioni presidenziali del 28 novembre (anche se il risultato sarà proclamato in via ufficiale il 17 dicembre, dopo l’esame dei ricorsi presentati da diversi candidati da parte della Corte Suprema di Giustizia).
Secondo i dati resi noti dalla commissione elettorale, Kabila ha ottenuto, in totale, 8.830.994 voti, pari al 48,95%, mentre il suo principale sfidante, Etienne Tshisekedi, ha avuto 5.864.775 voti, pari al 32,33%.
Nel clima di tensione che permane nel Paese africano, Monsengwo in una conferenza stampa ha spiegato le ragioni della sua netta presa di posizione: «Come spiegare», ha detto, «che il 6 dicembre, il candidato Etienne Tshisekedi (il principale sfidante del presidente uscente Joseph Kabila, ndr) aveva ottenuto 5.927.728 voti su un totale di 17.329.137 e il 9 dicembre ne aveva 5.863.745 su un totale di 18.144.154 suffragi, ossia 64.000 in meno nel conteggio di 34.000 seggi in più?»
Il cardinale ha invitato i candidati che contestano l’esito del voto «a ricorrere alle vie legali e a non cadere nella violenza». Ma ha anche precisato che «la Chiesa è moralmente tenuta a offrire il suo aiuto alla giustizia, per stabilire la verità delle urne laddove sono stati dispiegati i suoi osservatori».
Il rapporto degli osservatori elettorali dell’Unione europea sulle elezioni presidenziali in Congo denuncia irregolarità e scarsa trasparenza nelle operazioni di conteggio e di convalida dei suffragi da parte della Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni), che hanno dato la vittoria al Capo di Stato uscente Joseph Kabila con oltre il 48% dei voti.
«I risultati pubblicati dalla Ceni non comprendono tutti i verbali dei seggi, ma solo i dati riportati su supporto informatico nei centri locali di compilazione, a volte in assenza di testimoni», hanno dichiarato i 138 osservatori della missione europea, guidata dall’eurodeputata bulgara Mariya Nedelcheva.
«Diversi risultati resi pubblici la sera stessa del voto, dopo lo spoglio delle schede, come ad esempio quelli della città di Lubumbashi, non corrispondono a quelli pubblicati dalla Ceni», sottolineano in un comunicato stampa gli stessi esperti.
Non solo. La missione UE denuncia altre irregolarità rilevanti: il mancato conteggio dei risultati del 7,63% dei seggi, ossia di circa 1,6 milioni di elettori su un totale di 32 milioni, e il divieto imposto ad alcuni centri di compilazione di pubblicare i risultati se non dopo un controllo effettuato presso la stessa sede della commissione elettorale.
La magistratura suprema di Kinshasa sta esaminando i ricorsi presentati da quattro degli undici candidati alle elezioni presidenziali: Vital Kamerhe (che ha ottenuto la terza posizione col 7,7% delle preferenze), Léon Kengo wa Dondo, Antipas Mbusa e Adam. Il principale oppositore di Kabila, invece, che ha avuto il 32,3% dei voti, Etienne Tshisekedi, non ha finora contestato legalmente i risultati, dichiarandosi tuttavia vincitore.
L’opposizione congolese non crede all’obiettività delle istituzioni giudiziarie, che considera sottomesse al presidente uscente Kabila, tant’è che si è rivolta alle Nazioni Unite, all’Unione Europea e alla comunità internazionale chiedendo una mediazione politica “super partes”. I principali oppositori insistono sull’annullamento delle elezioni e sulla formazione di un governo di transizione – formato da membri che non intendano poi candidarsi alla Presidenza della Repubblica – che traghetti il Paese verso una nuova tornata elettorale.
Il suono di fondo di questo sabato mattina sono i colpi di pistola. Per fortuna sembra siano tutti indirizzati in aria, allo scopo di disperdere i gruppi di manifestanti. Ma il rumore rimane inquietante. La situazione non evolve, anzi si complica: colui che è stato dichiarato sconfitto dai risultati “ufficiali”, Etienne Tshisekedi, rivendica la sua vittoria e si è proclamato presidente.
Circolano già tabelle e grafici con i risultati “corretti” che dicono l'opposto di quanto annunciato ieri. In alcuni quartieri di Kinshasa gruppi di Kuluna (gang di giovani armati di machete che di solito operano la notte), o comunque di chi approfitta della situazione incerta, hanno saccheggiato esercizi commerciali, prendendo di mira soprattutto i cinesi, che a Kinshasa sono in gran numero (anche per via degli accordi col Presidente Kabila per i lavori pubblici che sono portati avanti da aziende della Repubblica Popolare Cinese).
Difficile intuire l’evoluzione degli avvenimenti. Qui intanto la vita quotidiana deve far fronte alla situazione d'emergenza, che per una comunità si riesce sempre a rimediare. L’energia elettrica e l’acqua non arrivano dalla rete, per cui si lavora con gruppo elettrogeno e pompa dal pozzo, solo che le riserve di gasolio devono essere salvaguardate. Il cuoco è bloccato a casa sua e così i giovani si danno da fare in cucina.
I dubbi sulla trasparenza del processo elettorale rimangono. E ciò che riserverà il futuro di questa nazione è ancora in gran parte oscuro. Riemergono i due grandi temi che solo una leadership illuminata potrebbe dipanare: il regionalismo e il tribalismo, che segna fortemente la scelta della classe dirigente e quindi anche il rapporto tra il popolo e i vertici della nazione; l’ingerenza straniera con i grandi rapporti economici a stabilire strategie di sviluppo che poco coinvolgono i cittadini, costretti a subire.
Non sono teorie che elaboro a tavolino ma il contatto vivo con la mia comunità che rispecchia appartenenze regionali diverse e ragiona spesso ad alta voce. Poi, prima di arrivare a risolvere queste questioni la stragrande maggioranza dei congolesi attende risposte più concrete: scuole, strade, ospedali, mezzi pubblici di trasporto, sicurezza e giustizia. Situazioni non certo semplici aspettano il presidente, che – se non interverranno elementi nuovi – dovrà prestare giuramento tra qualche settimana. L’attesa quindi non è terminata...
Secondo i dati (definitivi ma non ufficiali) resi noti dalla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (Ceni) i votanti nei 63.865 seggi sono stati 18.911.572 (il 58,81% degli aventi diritto). Il vincitore è Joseph Kabila, col 48,95% dei consensi (8.880.944 preferenze, in cifre assolute). Etienne Tshisekedi – il principale sfidante – si è invece fermato al 32,33% (5.864.775 voti). Gli altri due candidati ad aver ottenuto un certo consenso sono Vital Kamerhe, che ha avuto il 7,74% (1.403.372 consensi) e Leon Kengo col 4,95% (898.362 voti).
L’esito elettorale, però, è fortemente contestato da più parti. La tensione è più alta nei quartieri dove è più alto il seguito di cui gode il principale sfidante, Etienne Tshisekedi, il candidato dell’Unione per la democrazia e il progresso sociale (Udps).
Tshisekedi all’annuncio dei risultati – che lo danno perdente per 15 punti percentuali – si è autoproclamato vero vincitore delle elezioni.
Secondo alcune fonti dell’agenzia di stampa Misna, nei giorni scorsi ci sarebbero state perquisizioni casa per casa e abusi commessi dalla polizia nelle zone più calde per prevenire nuovi disordini. C’è preoccupazione anche per la possibile infiltrazione di bande criminali che potrebbero approfittare della situazione di instabilità per creare il caos. Sono già 18 le vittime e centinaia i feriti provocati delle violenze di queste settimane.
Si sono verificati anche ripetuti scontri tra forze dell’ordine e militanti dell’opposizione, specie nella capitale, nella città di Mbuji-Mayi (provincia del Kasai occidentale) e a Bukavu, che si trova al confine con Ruanda e Burundi.
Sulla scarsa trasparenza del voto e sui brogli elettorali sono state tante le prese di posizione, sia da parte della Chiesa (vedi l’articolo del dossier che riguarda la conferenza stampa del cardinale Monsengwo, arcivescovo di Kinshasa) che degli osservatori della Fondazione Carter e dell’Unione Europea, come pure di numerose realtà della società civile. Anche la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Victoria Nuland, ha dichiarato che il voto congolese è «gravemente viziato da irregolarità». «Non si sa se questo, insieme alla poca trasparenza», ha aggiunto, «sia stato sufficiente a cambiare il risultato».
Il clima di incertezza si è protratto fino a oggi, 17 dicembre: in giornata verranno annunciati i risultati ufficiali, dopo l’esame dei riscorsi. Intanto, i leader di opposizione sembrano voler cercare una soluzione, che eviti lo scontro politico e l’accendersi di nuovi focolai di violenza.
Luciano Scalettari
«I risultati del voto del 28 novembre non sono conformi né alla verità né alla giustizia». Dichiarazione secca, quella del cardinale Laurent Monsengwo Pasinya. L’arcivescovo di Kinshasa non crede alla correttezza e alla trasparenza del risultato elettorale del voto per le presidenziali reso noto in questi giorni in Repubblica Democratica del Congo.
«Dopo le analisi dei risultati resi pubblici il 9 dicembre dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni, ndr)», ha aggiunto, «possiamo realmente concludere che tali risultati non sono conformi alla verità e alla giustizia».
Il 9 dicembre, il Presidente uscente Joseph Kabila, è stato proclamato vincitore delle elezioni presidenziali del 28 novembre (anche se il risultato sarà proclamato in via ufficiale il 17 dicembre, dopo l’esame dei ricorsi presentati da diversi candidati da parte della Corte Suprema di Giustizia).
Secondo i dati resi noti dalla commissione elettorale, Kabila ha ottenuto, in totale, 8.830.994 voti, pari al 48,95%, mentre il suo principale sfidante, Etienne Tshisekedi, ha avuto 5.864.775 voti, pari al 32,33%.
Nel clima di tensione che permane nel Paese africano, Monsengwo in una conferenza stampa ha spiegato le ragioni della sua netta presa di posizione: «Come spiegare», ha detto, «che il 6 dicembre, il candidato Etienne Tshisekedi (il principale sfidante del presidente uscente Joseph Kabila, ndr) aveva ottenuto 5.927.728 voti su un totale di 17.329.137 e il 9 dicembre ne aveva 5.863.745 su un totale di 18.144.154 suffragi, ossia 64.000 in meno nel conteggio di 34.000 seggi in più?»
Il cardinale ha invitato i candidati che contestano l’esito del voto «a ricorrere alle vie legali e a non cadere nella violenza». Ma ha anche precisato che «la Chiesa è moralmente tenuta a offrire il suo aiuto alla giustizia, per stabilire la verità delle urne laddove sono stati dispiegati i suoi osservatori».
Luciano Scalettari
Il rapporto degli osservatori elettorali dell’Unione europea sulle elezioni presidenziali in Congo denuncia irregolarità e scarsa trasparenza nelle operazioni di conteggio e di convalida dei suffragi da parte della Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni), che hanno dato la vittoria al Capo di Stato uscente Joseph Kabila con oltre il 48% dei voti.
«I risultati pubblicati dalla Ceni non comprendono tutti i verbali dei seggi, ma solo i dati riportati su supporto informatico nei centri locali di compilazione, a volte in assenza di testimoni», hanno dichiarato i 138 osservatori della missione europea, guidata dall’eurodeputata bulgara Mariya Nedelcheva.
«Diversi risultati resi pubblici la sera stessa del voto, dopo lo spoglio delle schede, come ad esempio quelli della città di Lubumbashi, non corrispondono a quelli pubblicati dalla Ceni», sottolineano in un comunicato stampa gli stessi esperti.
Non solo. La missione UE denuncia altre irregolarità rilevanti: il mancato conteggio dei risultati del 7,63% dei seggi, ossia di circa 1,6 milioni di elettori su un totale di 32 milioni, e il divieto imposto ad alcuni centri di compilazione di pubblicare i risultati se non dopo un controllo effettuato presso la stessa sede della commissione elettorale.
La magistratura suprema di Kinshasa sta esaminando i ricorsi presentati da quattro degli undici candidati alle elezioni presidenziali: Vital Kamerhe (che ha ottenuto la terza posizione col 7,7% delle preferenze), Léon Kengo wa Dondo, Antipas Mbusa e Adam. Il principale oppositore di Kabila, invece, che ha avuto il 32,3% dei voti, Etienne Tshisekedi, non ha finora contestato legalmente i risultati, dichiarandosi tuttavia vincitore.
L’opposizione congolese non crede all’obiettività delle istituzioni giudiziarie, che considera sottomesse al presidente uscente Kabila, tant’è che si è rivolta alle Nazioni Unite, all’Unione Europea e alla comunità internazionale chiedendo una mediazione politica “super partes”. I principali oppositori insistono sull’annullamento delle elezioni e sulla formazione di un governo di transizione – formato da membri che non intendano poi candidarsi alla Presidenza della Repubblica – che traghetti il Paese verso una nuova tornata elettorale.
Luciano Scalettari
Il suono di fondo di questo sabato mattina sono i colpi di pistola. Per fortuna sembra siano tutti indirizzati in aria, allo scopo di disperdere i gruppi di manifestanti. Ma il rumore rimane inquietante. La situazione non evolve, anzi si complica: colui che è stato dichiarato sconfitto dai risultati “ufficiali”, Etienne Tshisekedi, rivendica la sua vittoria e si è proclamato presidente.
Circolano già tabelle e grafici con i risultati “corretti” che dicono l'opposto di quanto annunciato ieri. In alcuni quartieri di Kinshasa gruppi di Kuluna (gang di giovani armati di machete che di solito operano la notte), o comunque di chi approfitta della situazione incerta, hanno saccheggiato esercizi commerciali, prendendo di mira soprattutto i cinesi, che a Kinshasa sono in gran numero (anche per via degli accordi col Presidente Kabila per i lavori pubblici che sono portati avanti da aziende della Repubblica Popolare Cinese).
Difficile intuire l’evoluzione degli avvenimenti. Qui intanto la vita quotidiana deve far fronte alla situazione d'emergenza, che per una comunità si riesce sempre a rimediare. L’energia elettrica e l’acqua non arrivano dalla rete, per cui si lavora con gruppo elettrogeno e pompa dal pozzo, solo che le riserve di gasolio devono essere salvaguardate. Il cuoco è bloccato a casa sua e così i giovani si danno da fare in cucina.
I dubbi sulla trasparenza del processo elettorale rimangono. E ciò che riserverà il futuro di questa nazione è ancora in gran parte oscuro. Riemergono i due grandi temi che solo una leadership illuminata potrebbe dipanare: il regionalismo e il tribalismo, che segna fortemente la scelta della classe dirigente e quindi anche il rapporto tra il popolo e i vertici della nazione; l’ingerenza straniera con i grandi rapporti economici a stabilire strategie di sviluppo che poco coinvolgono i cittadini, costretti a subire.
Non sono teorie che elaboro a tavolino ma il contatto vivo con la mia comunità che rispecchia appartenenze regionali diverse e ragiona spesso ad alta voce. Poi, prima di arrivare a risolvere queste questioni la stragrande maggioranza dei congolesi attende risposte più concrete: scuole, strade, ospedali, mezzi pubblici di trasporto, sicurezza e giustizia. Situazioni non certo semplici aspettano il presidente, che – se non interverranno elementi nuovi – dovrà prestare giuramento tra qualche settimana. L’attesa quindi non è terminata...
don Roberto Ponti
(sacerdote paolino a Kinshasa)


