Nella notte tra il 21 e il 22 giugno 2025, gli Stati Uniti hanno lanciato un attacco a sorpresa contro tre dei più importanti siti nucleari iraniani: Fordow, Natanz e Isfahan. L’operazione, ordinata dal presidente Donald Trump e condotta in coordinamento con Israele, rappresenta una svolta drammatica nello scontro tra Washington e Teheran, segnando una pericolosa escalation nella crisi mediorientale.

Secondo fonti ufficiali, sei bombardieri stealth B-2 Spirit dell’aeronautica statunitense sono decollati dalla base di Whiteman, Missouri, per colpire il sito di Fordow con sei bombe bunker buster GBU-57A/B MOP, capaci di penetrare decine di metri di cemento armato. In parallelo, sottomarini americani nel Golfo Persico hanno lanciato trenta missili Tomahawk contro gli impianti di Natanz e Isfahan, centri nevralgici del programma nucleare iraniano.



Le prime immagini satellitari mostrano una devastazione significativa nei siti colpiti, mentre l’Atomic Energy Organization of Iran ha confermato i danni, senza però fornire dettagli sulle possibili conseguenze ambientali o radiologiche. Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha denunciato una “grave violazione” della Carta dell’ONU, promettendo “conseguenze eterne” per gli Stati Uniti. I Guardiani della Rivoluzione hanno dichiarato che “la guerra è iniziata”, mentre la tv di Stato ha avvertito che ogni cittadino americano nella regione è ora un obiettivo legittimo.

La risposta di Teheran non si è fatta attendere: tra 20 e 30 missili sono stati lanciati verso Israele, con sirene d’allarme e esplosioni segnalate a Tel Aviv, Gerusalemme e Haifa. L’aviazione israeliana è intervenuta per intercettare i razzi, mentre il premier Benjamin Netanyahu ha rivendicato il “perfetto coordinamento” con Washington e la “promessa mantenuta” di fermare il programma nucleare iraniano.

L’attacco ha aperto un nuovo fronte nella guerra tra Israele e Iran, coinvolgendo direttamente gli Stati Uniti e rischiando di allargare il conflitto a tutto il Medio Oriente. Oltre 40.000 soldati americani sono ora a rischio nelle basi militari della regione, mentre l’Iran potrebbe rispondere colpendo queste strutture o minando lo Stretto di Hormuz, snodo cruciale per il petrolio mondiale.

Il presidente Trump ha dichiarato che “ora è il momento della pace”, ma ha avvertito che, in assenza di una tregua, seguiranno nuovi attacchi. L’Iran, dal canto suo, ha assicurato che il programma nucleare non si fermerà, nonostante i danni subiti.



L’attacco notturno degli Stati Uniti ai siti nucleari iraniani segna un punto di non ritorno nella crisi mediorientale. La distruzione delle infrastrutture strategiche ha indebolito il programma nucleare iraniano, ma ha anche innescato una spirale di ritorsioni che rischia di coinvolgere l’intera regione e minacciare la sicurezza globale.