Terry Dutto, responsabile della missione Focsiv a Erbil (Kurdistan), di emergenze ne ha viste, dalla micidiale carestia in Etiopia degli anni Ottanta al disastroso tsunami dell’Oceano Indiano del 2004. Eppure questa “emergenza Kurdistan” lo colpisce come qualcosa di particolare. Perché? «Per almeno tre ragioni», dice: «la prima è la violenza bestiale, quella delle milizie dell’Isis, che ne è all’origine; la seconda è la dimensione, si parla di due milioni di profughi con la tendenza a crescere ancora; e infine, per il fatto che non si può fare alcuna previsione sulla durata della crisi. Anzi: anche i tempi, semmai, tendono ad allungarsi».
L’ELEMENTO MANCANTE
Da mesi, ormai, sono attive in Kurdistan tutte le più grandi organizzazioni umanitarie, a partire da quelle dell’Onu. C’è ancora spazio per altri interventi? «Ce n’è sempre di più, in realtà», dice Dutto. «Intanto, anche i grandi in questa situazione cominciano a essere in dif- coltà. Ma soprattutto, loro pensano ai grandi numeri e alle necessità primarie.
Noi, che siamo ogni giorno tra i profughi, possiamo provvedere a quello che chiamo “l’elemento mancante”. Cioè, l’intervento mirato che cambia la vita a una comunità di persone». Per esempio? «Abbiamo scoperto un gruppo di 50 famiglie yazidi ammassate in una scuola: né le mamme né i bambini avevano assorbenti o pannolini. Glieli abbiamo procurati. Ci sono 60 famiglie siriane, con un centinaio di bambini piccoli, in tende e baracche: cucinavano per terra, abbiamo dato loro fornelli e tavolini. E così via a crescere. Per chi non ha nulla, trovare la risposta a un bisogno reale è tutto».