In Italia il sangue non si può vendere e il sistema legislativo italiano e l’organizzazione pubblica della gestione del sangue, attraverso il Centro nazionale sangue, è ormai preso a riferimento da molti Paesi non solo in Europa dove la gratuità della donazione viene sempre di più messa in dubbio. Ecco perché l’udienza giubilare di sabato 20 febbraio di Papa Francesco con le associazioni dei donatori di sangue assume un particolare significato nell’Anno della Misericordia.

La legge che prevede la gratuità ha appena compiuto dieci anni (n°219 del 2005). Il riferimento è articolo 36 della Costituzione italiana che, unica al mondo, stabilisce il diritto alla salute. E’ per questo motivo che nel nostro Paese il sistema sanitario è pubblico e i privati possono solo integrarlo secondo le norme di legge e non diventare essi stessi pilastro fondamentale di sostenimento del sistema. Del sistema sanitario nazionale pubblico fa parte anche il sistema trasfusionale, che per questo motivo vede al centro il donatore. La donazione deve essere volontaria personale e non remunerata. Se una persona vende il suo sangue incorre in un reato punito dalla legge. L’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo dove ciò accade. Non accade per esempio negli Stati Uniti o in Canada, il mercato di sangue più grande del mondo in mano a banche private. In Europa i sistemi sono vari. In Germania c’è il 5 per cento di donatori non retribuiti, mentre il resto dei donatori è assunta e stipendiata da cliniche o università o banche private del sangue.

A livello mondiale la situazione è drammatica. L’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, stima che l’83 della popolazione ha accesso solo al 40 per cento del sangue disponibile, e ciò per via di carente strutturali nei sistemi sanitari dei singoli Paesi. Quindi il 20 per cento della popolazione ha accesso al 60 per cento del sangue raccolto. E si tratta dei più ricchi. Il 78 per cento del sangue viene dai Paesi più sviluppati e praticamente ci resta, anche solo il 20 per cento della popolazione mondiale vive in questi Paesi. Il tasso di donazione per mille abitanti è venti volte superiore nei Paesi più sviluppati. I Paesi più poveri sono in crisi su questo versante. Non hanno soldi per sostenere i sistemi sanitari pubblici, non hanno soldi per pagare i donatori, non hanno soldi per comperare sangue sul mercato internazionale e nemmeno hanno donatori volontari. In più c’è il grave problema della diffusione dell’Aids e soprattutto della malaria che impedisce le donazioni.

Il sangue invece è un bene pubblico, come gli organi che non possono essere venduto o comprati, e l’organizzazione del suo mantenimento e dei suoi impieghi è regolato dal Centro nazionale sangue nato nel 2007, che ogni anno pubblica un Rapporto consultivo e preventivo sul fabbisogno approvato dal governo e della Conferenza delle regioni e pubblicato nella Gazzetta ufficiale. Il fabbisogno è previsto in 40 unità di sangue ogni mille abitanti, cioè 2 milioni e 400 mila unità all’anno.

Nel Duemila l’Italia ha raggiunto l’autosufficienza a livello nazionale, ma non tutte le Regioni lo sono e quindi vi è un trasferimento di sangue da Regione a regione coordinata a livello nazionale dal sistema sanitario nazionale. Ogni giorno in Italia si stima che vengano effettuate 8500 trasfusioni e che ci siano circa un milione e settecento mila donatori. I donatori maschi possono effettuare fino a 4 donazione all’anno che scendono a due per le femmine. Si può donare fino a 65 anni e non prima dei 18 anni. I dati dicono tuttavia che il fabbisogno aumenta più velocemente dei donatori. Oggi i donatori crescono i circa l’1 per cento, mentre le necessità di circa il 3 per cento. Quindi in futuro si rischia di non avare abbastanza sangue. I motivi soni due. L’aumento dei trapianti e delle operazioni chirurgiche e l’aumento della vita e della popolazione. Così le scorte da qualche tempo diluiscono. Si discute sul congelamento del sangue, che oggi non si può fare. Si può congelare solo quello del cordone ombelicale, che ha una normativa speciale. Il sangue donato dopo 42 giorni scade. La riflessione da fare è tuttavia diversa. Il miglior contenitore del sangue non solo le sacche e i frigoriferi dove conservarlo, ma il corpo umano. E lì che si conserva meglio. Quindi ampliare la cultura della donazione è anche un modo per far fronte all’aumentato fabbisogno. Occorrerebbero circa 3 milioni di donatori e l’ideale sarebbe poterli chiamare, almeno una parte di essi, al momento della necessità, così non si spreca niente. La legge riconosce al donatore di sangue una giornata di riposo lavorativo remunerato il giorno dopo la donazione.