Il 14 ottobre del 1920, nel centro storico di Palermo, fu ucciso a pugnalate Giovanni Orcel, tipografo comunista, segretario generale della Fiom di Palermo e protagonista della prima storica occupazione del Cantiere Navale.
Figlio di un impiegato e di una casalinga, cresciuto in una famiglia né ricca né povera, ma dignitosa e colta, Orcel fu considerato una leggenda dai metalmeccanici e da altre categorie di lavoratori.

Il suo omicidio fu impunito e fu accompagnato anche da uno dei primi grandi depistaggi istituzionali della storia. La magistratura non scoprì né i mandanti né gli esecutori, mentre le forze dell’ordine dell’epoca tentarono, invano, di delegittimare quel tenace e temerario sindacalista, depistando attraverso fantasiose e infondate «piste passionali» o «piste interne al sindacato».
In verità il movente era chiaro fin dall’inizio: Orcel aveva denunciato lo sfruttamento dei lavoratori e i legami tra mafia, capitalismo, latifondismo e politica.

Durante il cosiddetto “biennio rosso”, insieme al suo grande amico Nicolò Alongi, coraggioso dirigente sindacale socialista assassinato nei mesi precedenti a Prizzi, Giovanni Orcel aveva teorizzato per la prima volta l’unità tra città e campagne, tra operai e contadini, precedendo le intuizioni di Antonio Gramsci. I funerali di Orcel furono la prima imponente manifestazione antimafia di massa in Sicilia, con il corteo di migliaia di persone che attraversò le strade del centro di Palermo.

Un anno dopo l’omicidio di Giovanni Orcel morì, di morte naturale, anche sua sorella Maria. Il figlio Salvatore Giuliana aveva solo tre anni quando la madre morì, ma per lunghi anni fu convinto che la madre fosse la seconda moglie del padre, Celeste Calabrese, che lo crebbe amorevolmente.

«Tuttavia, cancellarono completamente il ricordo di mia nonna Maria Orcel – racconta Miriam Giuliana, pronipote del sindacalista ucciso 105 anni fa, intervenuta a un recente dibattito nel liceo Regina Margherita di Palermo –. Il legame con il mio prozio Giovanni Orcel e la scoperta della nostra parentela nacque in seguito a una ricerca non storica, ma personale, o meglio familiare. Stavo cercando da tempo di chiarire quello che nella nostra famiglia era sempre stato una sorta di mistero, un segreto che riguardava la mia nonna paterna, Maria Orcel».

Come narrato da Miriam Giuliana, «mio padre studiò e si laureò in Lettere a Palermo dove visse sino ai trent’anni. Dopo aver vinto il concorso, entrò in dogana e per lavoro si trasferì a Ventimiglia, in Liguria. Lì conobbe mia mamma, che viveva nella casa di fronte. Come si usava un tempo, la chiese in sposa e, con il benestare dei genitori, si prepararono le nozze. Quando però vennero affisse le pubblicazioni di matrimonio, si scoprì che il nome della madre non era quello di Celeste Calabrese, che i consuoceri avevano conosciuto, ma di Maria Orcel. Era il 1958. Mio nonno materno, che era un veterinario conosciuto in Liguria, si rivolse allora al canale più veloce e informato per i tempi: la Chiesa. Il vescovo di Ventimiglia chiese al cardinale di Palermo e la risposta fu che la figlia avrebbe potuto sposarsi. A quel punto le nozze furono celebrate regolarmente. In seguito, con mio fratello Piero e mia sorella Lucia, cercammo sempre di capire chi fosse questa nonna, quali fossero gli antenati e per quale motivo si fosse rimosso ogni riferimento a lei e ai suoi parenti in maniera così radicale».

 



La scoperta del legame con il sindacalista protomartire antimafia avvenne per caso meno di vent’anni fa:
«Dopo la morte di mio padre nel 2007, una sera, navigando in rete per curiosità, digitai Orcel/Palermo e scoprii che era uscito un libro scritto dallo studioso Giovanni Abbagnato sul sindacalista vittima della mafia. Il nome di sua madre, Concetta Marsicano, era quello di cui mi accennava mio padre e scoprii che Giovanni Orcel e mia nonna Maria erano fratelli. Scrissi ad Abbagnato e alla prima occasione andai a trovarlo a Palermo. Fu davvero un bell’incontro, come in seguito quello con i sindacalisti della Cgil, della Fiom e con le persone impegnate per mantenere vivo ed attuale il valore dell’operato politico e sociale di Giovanni Orcel».

Tra questi, figura anche Francesco Foti, segretario della Fiom Sicilia:
«Oggi come 105 anni fa, siamo immersi in una situazione di precariato, lavoro fragile e sfruttamento. Vogliamo ricordare il segretario dei metalmeccanici ucciso il 14 ottobre del 1920, perché la sua missione è la nostra missione. A tutela di un lavoro che o è assente o è povero».

Secondo Serafino Biondo, della Rappresentanza sindacale unitaria di Fincantieri, «Orcel si è impegnato per migliorare non solo le condizioni proibitive dei lavoratori metalmeccanici di Palermo, dalle tipografie ai cantieri navali. L’obiettivo delle sue lotte era una società più giusta. È stato il precursore dell’unità tra operai e contadini e questo lo ha reso pericoloso».

Un concetto ripreso da Dino Paternostro, responsabile Archivi e Memoria della Cgil provinciale, e da Mario Ridulfo, segretario della Camera del Lavoro di Palermo e Provincia:
«L’intransigenza sui principi, uniti al pragmatismo e alla ricerca dell’unità dei lavoratori, furono la sua stella polare, anche durante la stagione del biennio rosso e della storica occupazione del Cantiere navale di Palermo. Alla vigilia della Prima guerra mondiale, Giovanni Orcel evidenziò che i lavoratori e i ceti sociali più deboli avevano tutto l’interesse ad opporsi alla corsa agli armamenti e al militarismo».

A 105 anni di distanza dall’omicidio, la Cgil e la Fiom promuovono un convegno su Orcel, in programma martedì 14 ottobre alle 9.30, nei Cantieri Culturali della Zisa di Palermo, seguito dalla proiezione del docufilm del regista palermitano Ottavio Terranova, dedicato alla figura del sindacalista assassinato nel 1920.