Dall’inizio di quest’anno, ho voluto affrontare con voi domande ricevute riguardo alla preghiera. Ci sarebbero tante altre da affrontare e sicuramente ci ritornerò sopra in futuro. Prima di passare ad altri argomenti, mi preme affrontare con voi una “problematica” sottile. Sottile perché non è una vera e propria obiezione contro la preghiera, ma una specie di mistificazione che, di fatto, mina la particolarità della preghiera come prassi. Di cosa si tratta? Di affermazioni come la seguente: «Non ho bisogno di tempi di preghiera, la mia esistenza è una preghiera continua». Mi verrebbe subito da dire: «Beato te! Noi comuni mortali non funzioniamo così!». Naturalmente, il tono è ironico… ma intendo proseguire con un tono più serio: la preghiera continua è l’aspirazione di tutti i santi e i mistici. Si può dire che il fine dei tempi prestabiliti di preghiera non è quello di timbrare un cartellino, ma appunto di entrare nella presenza di Dio per dimorare nella sua presenza, anche quando si fanno le cose più ordinarie. In che senso allora prendo le distanze dall’affermazione che tutta l’esistenza è preghiera? In un senso molto realistico, pratico ed esperienziale. L’esperienza, infatti, insegna che chi non dedica dei tempi reali al dialogo con Dio, difficilmente starà con Dio in mezzo alle faccende che esigono la nostra attenzione e concentrazione. Non lo dico solo io; e per questo vorrei citarvi una delle autorità spirituali che amo molto, san John Henry Newman. In un sermone sulla preghiera, un giovanissimo Newman affermava: «La preghiera lungo tutto il giorno è davvero la caratteristica di uno spirito cristiano, ma possiamo essere sicuri che, nella maggior parte dei casi, coloro che non pregano in momenti stabiliti in modo più solenne e diretto, non pregheranno mai bene in altri momenti». Aspiri a pregare sempre? Benissimo, stai solo obbedendo al precetto del Signore, replicato dall’apostolo Paolo! Ma ricordati: per poter diventare preghiera continua, devi dedicare del tempo, sia pur conciso, a pregare, umilmente, semplicemente, abitualmente. La preghiera costante richiede costanza nella prassi della preghiera. La trasfigurazione dell’essere passa per il semplice e paziente fare. Detto ciò, mi auguro e ti auguro di diventare ciò che Tommaso da Celano diceva di san Francesco d’Assisi: più che pregare, era diventato preghiera (oratio factus).