Quello che fu il “modello Milano” sembra svanire definitivamente in quest’estate torrida e triste. Mercoledì la Procura ha chiesto al giudice per le indagini preliminari (Gip) di arrestare sei persone indagate: tra queste ci sono l’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi e Manfredi Catella, presidente della grande società di sviluppo immobiliare Coima, che in città ha costruito moltissimi progetti tra cui una gran parte delle nuove costruzioni del quartiere di Porta Nuova, e che sta lavorando alla costruzione del villaggio olimpico per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Ci sono poi un costruttore, due membri della commissione paesaggio del comune di Milano e un architetto.

Il sindaco Giuseppe Sala, del Pd, è accusato di «false dichiarazioni su qualità personali proprie o di altre persone» e concorso in «induzione indebita a dare o promettere utilità».

L’inchiesta della Procura – che conta 74 indagati e slla quale è ancora presto per dare un giudizio e occorre aspettare lo sviluppo delle indagini – mette, però, il dito nella piaga che tante persone conoscono già da tempo e vivono sulla propria pelle. Milano è una città che esclude e spinge ai margini perché, semplicemente, è cara, troppo cara. Scandalosamente cara.

Capita spesso, quando uno cerca casa, sentirsi dire dall’agente immobiliare: «Ma le serve per abitare o per fare un investimento?».

Milano è la città dove l’arcivescovo Mario Delpini è dovuto intervenire più volte per dire che le case servono per abitare, appunto, non per fare affari. E per questo, nel dicembre scorso, ha lanciato il “Fondo Schuster – Case per la gente” affidato alla Caritas Ambrosiana e arrivato a una dotazione di 2 milioni di euro. Gli obiettivi sono tre: sostenere i lavori di riqualificazione degli alloggi, per cui è destinata la metà delle risorse; offrire garanzie ai privati che mettono a disposizione gli appartamenti con affitti calmierati (20%) e dare un contributo alle spese abitative, dal contributo all'affitto a quello per bollette, spese condominiali o di riqualificazione. (30%).

L’inchiesta della Procura segna la fine di un modello di città indigesto per molti e appetitoso per pochi, anzi pochissimi. Una Milano che in questi anni ha guardato molto in alto e pochissimo, o quasi mai, in basso. Una città che ha perso di vista il bene comune di molti, esultando per i prezzi che salivano e le case che diventavano più care di Dubai, Londra o New York.

Una città che ha fatto finta di non vedere – salvo alcune, lodevoli eccezioni come la Chiesa e il mondo del volontariato e del Terzo Settore – come gran parte di quella che un tempo si chiamava “classe media” veniva sbalzata via, e in fretta, dal treno della vita normale mentre molti si lamentano che tram e autobus non passano più come prima perché l’Atm fa fatica a reclutare autisti perché se arrivi da fuori a Milano con uno stipendio di 1.500 euro fai fatica a campare e quei soldi bastano a malapena per pagarti l’affitto.

Un “modello”, chiamiamolo così, di città che in nome del mattone ha svenduto sé stessa e ha beneficiato di una narrazione patinata grazie anche, talvolta, a una classe dirigente miope e un’informazione compiacente. Se non, addirttura, complice.

Il mattone è stato il vero core business della città negli ultimi anni fra Expo, riqualificazione di aree dismesse, ex scali ferroviari diventati, nella narrazione luccicante di molti, “place to be”, boschi verticali (e intanto di verde “orizzontale” ce n’era sempre di meno, come ce ne accorgiamo in estate quando i quartieri diventano catini bollenti e irrespirabili e l’asfalto sputa fuori il fuoco), grattacieli tirati su e spacciati per “ristrutturazioni” dove prima c’era una piccola palazzina, case di ringhiera ambitissime, quartieri resi chic, sempre nella narrazione patinata di cui sopra, cambiando nome come nel caso del boom di NoLo, che sta per North of Loreto nella lingua ufficiale della città, che è l’inglese. Anziché risolvere i problemi, si cambia nome ai quartieri.

E i poveri vengono sistematicamente espulsi fuori dai confini in quella che lo slang milanese chiama “circonvalla” che prima, forse, faceva ridere e ora solo arrabbiare.

I numeri parlano chiaro. Si calcola che quest’anno il prezzo medio del metro quadrato sarà di 11.200 euro in centro, di 6.450 in semicentro e di 3.950 in periferia. Tradotto: per comprare casa – non un attico di 500 metri quadrati ma un monolocale – bisogna essere ricchi, molto ricchi. Del resto, il mattone è il bene rifugio che è aumentato di più: a Milano, il valore di una casa ha superato di 35 volte quello che aveva cinquant’anni fa, nel ’75 (l’oro, per dire, si è rivalutato “solo” 21 volte).


Il sindaco Giuseppe Sala e Manfredi Catella, fondatore e Ceo di Coima in una foto del 10 ottobre 2024 (Ansa)

Sugli affitti la musica non cambia. Secondo un recente studio del Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della Uil a Milano il canone di affitto ammonta a 1.810 euro medi mensili ed incide sul budget familiare per il 57,9% (l'incidenza del costo del canone di affitto, invece, è stata calcolata sui dati Istat relativi alle condizioni di vita e reddito delle famiglie). Un dato record. A Roma si pagano mediamente 1.503 euro mensili, che incidono per il 48,1%; a Bolzano gli affitti ammontano a 1.433 euro mensili che incidono per il 45,8%; a Como 1.375 euro mensili, che incidono per il 44% e a Modena 1.358 euro mensili, che incidono per il 43,4%.

Prima si diceva che a Milano c’era il lavoro. C’è ancora, certo, ma il paradosso che è diventata troppo cara, quasi proibitiva, per chi ci dovrebbe lavorare. I dati parlano chiaro: negli ultimi cinque anni i prezzi degli affitti sono cresciuti del 40%, mentre gli stipendi sono rimasti fermi. Il risultato è che una parte crescente della forza lavoro milanese non può più permettersi di vivere dove lavora.

Comunque vadano a finire le cose – tutti gli indagati sono innocenti fino a prova contraria – il modello della città “di sinistra”, che la governa initerrottamente da 14 anni, si sta sgretolando definitivamente su quanto più di destra ci sia: il consumo vorace del suolo, il mattone, l’urbanistica, la pantofola baciata ai palazzinari.

Destra e sinistra che, peraltro, si sono ritrovate a braccetto quando in Parlamento è arrivato il “salva Milano”, la legge proposta dalla maggioranza di centrodestra per sbloccare la complicata situazione dell’urbanistica in città, interessata dalle inchieste, che poi è finita su un binario morto e non è stata più approvata.

Il tempo dirà cosa accadrà. L’oggi è la fotografia di un disastro e di un disagio per milioni di persone rimasto a lungo inascoltato.

La classe media è sparita, sono rimasti i grattacieli extra lusso.


Il cantiere Coima al Villaggio Olimpico vicino allo Scalo di Porta Romana in una foto di archivio (Ansa)