Dove ancora non è arrivata la legge ci ha pensato la Corte costituzionale. La Consulta (relatore il giudice Giuliano Amato) si è infatti pronunciata a favore  del fatto che i genitori, al momento della nascita del figlio, possano scegliere per lui il doppio cognome, quello del padre e quello della madre, dichiarando incostituzionale l'automatica attribuzione del cognome paterno ai figli nati nel matrimonio, quando i genitori vogliono fare una scelta diversa. Accogliendo così le obiezioni sollevate dalla Corte d'appello di Genova a cui si era rivolta una coppia di genitori italo-brasiliana il cui bambino con doppia cittadinanza aveva già il doppio cognome in brasile ma si era vista negare la stessa possibilità in Italia.  La sentenza, che diventerà operativa dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale,  dichiara che i  figli nati nel matrimonio potranno prendere anche il cognome della madre, in aggiunta a quello del padre, se tra i coniugi c'è accordo. Ciò dovrebbe accelerare l’iter parlamentare, che dopo l’approvazione della legge alla Camera nel 2014, giaceva in Senato da due anni, e la cui discussione era ripresa il 27 settembre scorso.
La prima proposta di legge in materia risale a quasi 40 anni fa e nel 2014 la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo aveva denunciato il nostro Paese come  inadempiente del rispetto dei diritti fondamentali previsti dal Trattato di Lisbona, ribadendo il diritto delle madri a potere trasmettere il proprio cognome da ragazza. C’è da dire che l'automatismo a favore del cognome paterno, che la Consulta ha fatto cadere, non è previsto da una norma specifica, ma è desumibile da una serie di disposizioni, a partire da diversi articoli del codice civile. E secondo i magistrati genovesi viola diversi diritti sanciti dalla Costituzione: quelli all'identità personale (art.2), all'uguaglianza e alla pari dignità sociale dei genitori nei confronti dei figli (art.3), alla parità morale e giuridica dei coniugi (art.29). Oltre ad essere in contrasto con il dovere dello Stato di rispettare gli obblighi internazionali (art.117), a partire dalla Convenzione di New York sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, ratificata nel 1985 dall'Italia. Un’evoluzione rispetto a un pronunciamento della Consulta di dieci anni fa sulla stessa materia, quando pur riconoscendo  che l'automatismo rappresentava un «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia», aveva ritenuto che cancellarlo avrebbe creato un «vuoto di regole», incolmabile senza invadere i compiti del legislatore. Fino a oggi l’unico modo per richiedere il doppio cognome era rivolgersi al prefetto, con decisioni che dipendevano però dalla loro discrezionalità.
A commentare la decisione della Consulta è il senatore del Pd Sergio Lo Giudice, relatore in Senato del disegno di legge 1628. «Adesso è l'ora di colmare questo ritardo: possiamo dare in pochi mesi all'Italia una legge europea che elimini finalmente uno degli ultimi cascami di una concezione diseguale dei rapporti fra i sessi». Per quanto riguarda il testo sul doppio cognome, Lo Giudice osserva che si tratta di un provvedimento «il cui impianto deciso alla Camera è ampiamente condivisibile», ma per il quale sta studiando «qualche modifica per migliorarlo ulteriormente».