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In Russia sono in tanti a protestare contro la politica di Putin e l’invasione dell’Ucraina. Un movimento che si esprime in manifestazioni di piazza e dichiarazioni sui social, soprattutto attraverso Facebook. E verso il quale il Governo ha messo in atto delle rappresaglie che vanno dai manifestanti fermati, portati alla stazione di polizia e costretti a pagare una multa, al blocco di Facebook. Ce lo racconta Ekaterina (nome di fantasia), 55 anni, di Mosca, docente di italiano in scuole e università e anche traduttrice.
«Oggi ho scoperto che non ci sono più le notizie aggiornate su Facebook. Molti cercano di aggirare il blocco del social istallando programmi come VPN che non geolocalizzano gli utenti. Ci ho provato anche io, ma qualcosa non ha funzionato e a questo punto preferisco rinunciare. ma sono tagliata fuori dalle notizie. Se gli interventi più plateali su Facebook da parte dei dissidenti sono stati censurati, io mi sono limitata a esprimere il mio "no alla guerra" condividendo frasi per esempio di Bonhoeffer, e questo ancora lo possiamo fare. Qui sui mass media è anche proibito pronunciare la parola guerra, ufficialmente quella in Ucraina è solo un'operazione speciale, Più che andare a manifestare io testimonio la condanna alla guerra con la preghiera. Sono ortodossa, ma molto vicina al mondo cattolico, alla comunità di Taizè e ho anche tradotto un libro di Enzo Bianchi. Non mi piacciono certe prese di posizione della nostra chiesa che giustificano la guerra perché combattuta contro un Occidente immorale. Rabbrividisco a sentire queste cose».
Il resto del mondo sta boicottando tutto ciò che proviene della Russia, anche lo sport e la cultura. Questo come fa sentire voi intellettuali?
«Tutto sta rapidamente cambiando. Artisti che dovevano venire a esibirsi in Russia non verranno, così come artisti russi non sono più i benvenuti. Ci sentiamo come presi tra due fuochi, perché la maggior parte del mondo culturale è contro la guerra, eppure deve pagare le conseguenze delle ritorsioni internazionali. Per noi è un vero shock. A Mosca poi stanno salendo i prezzi di tutti i beni di importazione, anche le medicine sono più care. È cominciata una corsa all’accaparramento delle scorte».
Che rapporto aveva con l’Ucraina?
«In realtà in Ucraina, nella stessa Kiev, vivono molti russi, ho anche amici laggiù, come una scrittrice che tiene un diario quotidiano sulla guerra. E anche loro, che sono come gli ucraini sotto le bombe, non si sentono liberati, ma vittime. E la mia sensazione è quella che mi stia cadendo addosso il cielo. Sapere quello che accade mi distrugge l’anima».



