«Assistiamo oggi alla pretesa di imporre punizioni contro giudici delle Corti internazionali per le loro funzioni di istruire denunce contro crimini di guerra, a difesa dei diritti umani, in definitiva a difesa dei popoli del mondo: sono pretese di un mondo volto pericolosamente indietro, al peggiore passato. Un mondo che si presenta rovesciato e contraddittorio con condanne alla carcerazione di componenti le Corti internazionali ad opera di un Paese promotore, e con suoi giudici protagonisti, del processo di Norimberga».

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la XVIII Conferenza degli Ambasciatori d’Italia, Farnesina, Roma 15dicembre 2025. ANSA/FABIO FRUSTACI
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la XVIII Conferenza degli Ambasciatori d’Italia, Farnesina, Roma 15dicembre 2025. ANSA/FABIO FRUSTACI
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la XVIII Conferenza degli Ambasciatori d’Italia, Farnesina, Roma 15 dicembre 2025. (ANSA)

Ha detto Sergio Mattarella alla XVIII Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d’Italia il 15 dicembre. L’allusione è a otto giudici della Corte Penale internazionale e della Procura Internazionale, condannati in contumacia in Russia. La loro colpa sarebbe avere: «perseguito persone innocenti e di tentata violenza contro persone che godono di protezione internazionale». La sentenza, emessa da una corte di Mosca, porta la firma del presidente il giudice Andrey Suvorov, passato alle cronache per la condanna di Alexei Navalny e di altri oppositori di Putin.

CHI È IL GIUDICE AITALA

Nato nel 1967 a Catania, Rosario Aitala ha un curriculum di elevatissimo spessore in tema di diritto internazionale e diritti umani è professore di Diritto internazionale alla Luiss Guido Carli di Roma. Entrato in magistratura nel 1997, dopo cinque anni come funzionario della Polizia di Stato, ha fatto il tirocinio a Milano, è stato sostituto procuratore a Trapani, applicato alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Specializzato in protezione internazionale dei Diritti Umani e in Stato di diritto e Ricostruzione civile dei Paesi in stato di crisi, è stato consigliere per le aree di crisi e la criminalità internazionale del ministro degli esteri e consigliere per gli affari internazionale del Presidente del Senato nella XVII legislatura. Ha lavorato e vissuto in Albania, Afghanistan, nei Balcani e in America Latina, occupandosi di criminalità organizzata, terrorismo, crimini internazionali. È consigliere scientifico di Limes ed editorialista di Avvenire. Il 6 dicembre 2017 è stato eletto a New York giudice della Corte Penale Internazionale.

LA SUA AMAREZZA PER LA “GUERRA AL DIRITTO”

Il 16 luglio scorso, in una intervista rilasciata alla rivista La magistratura, a proposito delle pressioni sulla Corte Penale aveva manifestato tutta la propria amarezza per quella che aveva chiamato la “guerra al diritto internazionale”: «La Corte», spiegava, «adesso paga la sua rilevanza. Subisce una serie di misure coercitive esplicitamente indirizzate a fermare e influenzare i procedimenti. Una grande potenza ha annunciato minacciosi mandati di cattura nei confronti dei giudici, inseriti nelle liste dei latitanti come terroristi e mafiosi. Un’altra impone sanzioni contro i giudici inserendoli nelle liste nere come se fossero loro i terroristi, i criminali di guerra, i torturatori e gli stupratori. Si ripetono violenti attacchi informatici. Ma la Corte non può fermarsi. Deve continuare a difendere la vita, la libertà e la dignità dei civili inermi e innocenti, soprattutto i bambini: sequestrati, deportati, «dilaniati dalle bombe» – parole di Papa Leone – affamati a morte. In questa atmosfera internazionale la Corte è un presidio irrinunciabile di civiltà».

Per poi aggiungere: Si può immaginare quanto siano impegnative le istruttorie nei conflitti internazionali in corso. Un lavoro meticoloso e pericoloso. Il sostegno politico alla Corte è sempre stato altalenante. Ma oggi più che mai gli Stati vorrebbero scegliere i procedimenti che si allineano ai propri interessi politici e fare a meno o fermare gli altri. Il che naturalmente non si concilia con l’avere voluto una vera Corte, dotata di indipendenza e di imparzialità. I giudici della Corte non si fanno influenzare e rispettano rigorosamente questi due requisiti fondanti di ogni giurisdizione». In quel momento i mandati di cattura contro i giudici internazionali erano “annunci” oggi sono una sentenza, che si inserisce nel quadro di delegittimazione che il giudice delineava, e che negli Stati Uniti si è tradotto il 6 febbraio 2025 nell’ordine esecutivo del presidente statunitense Donald Trump che impone sanzioni alla Corte penale internazionale (Cpi), accusata di «intraprendere azioni illegali contro gli Stati Uniti e il nostro stretto alleato Israele».

Rosario Aitala - Giudice, Primo Vice Presidente della Corte Penale Internazionale, L’Aia, durante l’evento collaterale del G7 a Presidenza italiana: ‘Spazio virtuale, le garanzie di giurisdizione nella resilienza e nella difesa della sicurezza nazionale’, presso la sede del ministero degli Esteri, Roma, 11 ottobre 2024. ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Rosario Aitala - Giudice, Primo Vice Presidente della Corte Penale Internazionale, L’Aia, durante l’evento collaterale del G7 a Presidenza italiana: ‘Spazio virtuale, le garanzie di giurisdizione nella resilienza e nella difesa della sicurezza nazionale’, presso la sede del ministero degli Esteri, Roma, 11 ottobre 2024. ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Rosario Aitala - Giudice, Primo Vice Presidente della Corte Penale Internazionale, (ANSA)

GLI APPELLI PER LUI A ITALIA E UE

In queste ore molti sono in molti a chiedere che il ruolo della Corte e dei suoi membri venga tutelato dalle istituzioni e che si alzi la voce del Governo italiano e delle istituzioni europee: in Italia alle parole del Presidente della Repubblica si sono unite quelle dell’Associazione dei professori di Diritto penale che auspica: «che le autorità competenti facciano chiarezza sull’accaduto e condannino con fermezza ogni forma di delegittimazione e attacco, tanto più se di carattere personale, alla Corte Penale Internazionale e ai suoi giudici, che devono poter esercitare in piena indipendenza e senza indebite pressioni le proprie funzioni, nei modi e con le forme previste dallo Statuto di Roma».

Anche più esplicita la nota dell’Associazione Nazionale Magistrati: «Auspichiamo che il governo italiano chieda immediatamente spiegazioni al governo russo sulle circostanze che hanno portato un nostro connazionale, il giudice Rosario Salvatore Aitala, a essere condannato in contumacia dal tribunale di Mosca. Aitala lavora per la Corte Penale Internazionale, un organismo che è nato in Italia, a Roma, e che rappresenta un baluardo del diritto a livello mondiale. Ci auguriamo che l'appartenenza di Aitala a questo organismo non sia divenuto un pretesto per esercitare un'odiosa forma di ritorsione della Russia nei confronti suoi e del nostro Paese».

È alla stessa Associazione magistrati che, dall’interno, l’esecutivo di Magistratura democratica chiede l’istituzione di un osservatorio dei magistrati minacciati, che svolga un’attività di monitoraggio e di approfondimento sulle situazioni che vedono magistrati in pericolo e sotto minaccia a causa dell’esercizio delle loro funzioni».

Nel clima, reso incandescente dall’avvicinarsi del referendum sulla riforma dell’ordinamento giudiziario nota come separazione delle carriere, anche in Italia si assiste a un crescendo di delegittimazioni, di fronte a decisioni giudiziarie sgradite, che non risparmia quasi nessun organo di giustizia: dalla Corte di Cassazione al singolo giudice civile, passando per la Corte dei conti, per i tribunali ordinari e per minorenni, che parte - di fronte a decisioni sgradite nel merito - tanto dai canali ufficiali di altre istituzioni, quanto dalle persone comuni sui social ma anche nelle aule di Tribunale, si pensi alla tentata aggressione fisica, pochi giorni fa, della Gip Girardi in aula a Napoli, durante la lettura di una sentenza.

Quale sia il rischio, in proporzione valido per la delegittimazione di qualsiasi giudice nell’esercizio delle funzioni, è esplicitato nell’appello firmato a tutela della Cpi, in più lingue, da numerosi giuristi europei di tutte le professioni ai rappresentanti dell’Unione: «A prescindere dall’opinione che ciascuno può avere sul contenuto del mandato di arresto», scrivono ricordando che tutti i Paesi Ue hanno riconosciuto formalmente la giurisdizione della Cpi, «è necessario prendere atto dell’intollerabile clima di intimidazione generato dalle misure ritorsive nei confronti della CPI, che rischia di incidere profondamente sull’operatività della Corte e sull’indipendenza dei magistrati, ben oltre il caso specifico. Gli altri magistrati della CPI vengono avvisati che, in caso di decisioni sgradite, potrebbero essere chiamati a pagare un prezzo a titolo personale Se chi indaga o giudica in materia di crimini internazionali viene sanzionato e le istituzioni europee restano in silenzio, a sgretolarsi non è soltanto la giustizia internazionale: è la credibilità dell’Europa come spazio nel quale il diritto viene garantito».