“Mamma, mi lavi la felpa nuova? Come lo fai tu, non lo fa nessuno…”. Attenzione, dopo una frase come questa, la suddetta felpa potrebbe essere condannata a giacere per settimane, forse anche per sempre, nella cesta della biancheria sporca. Complice l’indignazione, prontamente segnalata in rete, delle amiche della indignata genitrice. E’ più o meno quello che è successo a Bologna, dove un’amica della coordinatrice delle donne del Pd locale si è trovata in procinto di lavare una felpa di quelle che piacciono tanto ai ragazzini di oggi, con l’immancabile stampa sul davanti. La mamma in questione ha letto l’etichetta del lavaggio, in realtà molto dettagliata. Lavare a 30 gradi, non lavare a secco, stirare con ferro tiepido e non sulla parte stampata… Poi si è accorta di un rigo finale (in inglese) ed è inorridita. “Dalla alla mamma,”recita la scritta incriminata, “è il suo lavoro”. Apriti cielo. La felpa responsabile di quest’affronto è rimasta a scontare le sue colpe nel cesto della roba sporca, mentre l’amica di questa suscettibile signora, ossia Federica Mazzoni, coordinatrice appunto delle piddine bolognesi, si è affrettata a denunciare l’azienda, un marchio piuttosto noto, nato nel 2007 in Emilia, al comitato dell’ Istituto dell’Autodisciplina pubblicitaria (IAP), che in realtà dovrebbe occuparsi di messaggi pubblicitari volgari e discriminanti. L’etichetta sarebbe sessista, “perché fare lavatrici non è il lavoro delle mamme, anche i papà sono in grado di girare una semplice manopola”. Di più. “Come se il lavoro delle mamme fosse quello di fare lavatrici, magari stando in casa, senza alcuna professionalità…”.

Premesso che ovviamente il messaggio era scherzoso e rivolto al target del marchio, ossia agli adolescenti, come si è affrettata a chiarire l’azienda, se riflettiamo un secondo di più, al di là delle battute, ci accorgiamo che i luoghi comuni rischiano di lasciar passare un messaggio davvero diseducativo, specie per i più giovani. Dato per scontato che il lavoro delle mamme non è quello di far lavatrici delicate (stirare una felpa stampata è un pelo più impegnativo: va stirata a rovescio, per chi non è pratico) come del resto il lavoro dei papà non è quello di piantar chiodi o tagliare l’erba del giardino. Dato per scontatissimo che il rispetto per la donna e la discriminazione sono ben altra cosa. Aggiungendo anche che ci sono papà bravissimi a stirare e donne in grado di ripararle, le lavatrici: ma perché mai i lavori della “cura” dovrebbero risultare sminuenti, per maschi e femmine, soprattutto quando si è in grado di farli al meglio? Tralasciando il fatto che la Tv ci propina ogni giorno immagini di donne seminude che reclamizzano bibite o gelati oppure, come altrettante oche, vanno in estasi di fronte ai poteri di detersivi super pulenti, non vorremmo assistere al prossimo capitolo. Nostro figlio che ci chiede di preparargli un piatto di spaghetti- come li sai fare tu non li fa nessuno- e mentre noi gli impartiamo una lezione sul sessismo gli spaghetti rimangono intonsi e crudi, in fondo alla dispensa.