Mentre la Mare Jonio, nave della Ong Mediterranea Saving Humans, si prepara per salpare dal porto di Trapani, una comunità intera si stringe intorno al personale di bordo dell’imbarcazione, battente bandiera italiana. Anche l'arcivescovo di Agrigento, monsignor Alessandro Damiano si trova lì per benedire l’equipaggio e l’imbarcazione, in attesa che molli gli ormeggi per solcare il Mediterraneo ed effettuare il soccorso in mare, in coordinamento con la Guardia Costiera. Ed è come se in quel momento la Mare Ionio si facesse Chiesa. Durante la benedizione, in mezzo a tanti giovani, ci sono anche Luca Casarini, fondatore di Mediterranea Saving Humans, Lili Genco, responsabile dell’ufficio comunicazione sociale della diocesi di Trapani, e naturalmente don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea. La missione della nave è interpretata dall’equipaggio e dagli armatori come una testimonianza reale di quella Chiesa in uscita che Papa Francesco esorta tutti noi ad essere: un luogo di fratellanza, nella casa comune che è il Pianeta, dove tutti sono benvenuti e dove non ci deve essere spazio per la politica dello scarto, dell’odio o della indifferenza. Una Chiesa in uscita galleggiante, spiega il cappellano della nave.

In queste ore difficili, in cui molte persone in fuga dal Niger, dal Burkina Faso, Etiopia, Eritrea, Somalia, Camerun e da tanti altri luoghi di guerra e di miseria rischiano di annegare in mare per mancanza di soccorso, le braccia e le mani protese dell’equipaggio, dice don Mattia, 29 anni, che il 21 luglio è stato ricevuto dal Pontefice insieme a un ragazzo camerunense soccorso, Bentolo, e ad altri volontari della Ong, «diventano lo spartiacque tra vita e morte». E aggiunge: «Noi siamo invitati dal Papa a vivere la fraternità, che deve diventare il grande valore del nostro tempo. E la fraternità è possibile solo tra soggetti che si riconoscono come protagonisti della propria esistenza e corresponsabili della esistenza degli altri. Francesco, che si tiene costantemente in contatto con noi e vuole essere informato della nostra attività in mare, nell’accoglierci a Santa Marta, qualche settimana fa, ha voluto conoscere la storia di Bentolo, le condizioni in cui il suo popolo sta vivendo a causa della guerra in Camerun. Ma ha anche voluto riconoscere in lui, la sua immensa bontà, nel cercare disperatamente di salvare la vita di un altro ragazzo suo amico, massacrato nel lager libico, spendendo tutto quel poco che aveva a disposizione per riuscire a sopravvivere».

Papa Francesco, prosegue don Mattia,  «ci indica con chiarezza il suo modo di essere Chiesa: si va a scuola dei poveri per imparare da loro quanto il Vangelo e il Calvario di Cristo possano diventare carne nel mondo e come l’ amore viscerale di Dio per l’umanità sia parola incarnata nello spirito. La fraternità non è un valore simbolico, astratto, ma deve diventare carne, ovvero relazione tra le persone, anche in mezzo ai flutti. Mediterranea fa appunto questo, attraverso il soccorso in mare, nel sostegno ai migranti che si trovano intrappolati in Libia o in Tunisia, per esempio. Questo servizio alla fraternità viene svolto in tanti luoghi (in mare, e in terra) come ad esempio, lo Spin Time, a Roma, dove Suor Adriana Domenici vive insieme ad una comunità fatta da 450 persone, provenienti da 170 Paesi del mondo, in fraternità». Prosegue don Mattia:  «Moltissimi giovani si presentano per partecipare alle attività dell ong Mediterranea. I ragazzi sono attratti dalle esperienze vere, di umanità. Sono alla ricerca della bellezza, quella più profonda (e non solo di quella apparente) e proprio per questo sono i primi a rispondere “all’amore viscerale” di cui parla Papa Francesco, ossia, quell’amore che ci coinvolge dentro, sino all’anima! Nella loro purezza, i giovani sono coloro che più facilmente riescono a percepire e a predisporsi a questa esperienza interiore, profonda, dove non trovano la contaminazione di un mondo in cui spesso prevalgono le logiche di interesse, di profitto, o di protagonismo e allora capiscono di essere di fronte ad una forma diversa e più umana di esistenza e sembrano essere attratti proprio da questa enorme necessità di vivere da umani in un mondo che rischia di diventare sempre più disumano».

Il cappellano di Mediterranea denuncia con fermezza gli accordi italiano e dell’Unione Europea con il nord Africa, Libia e la Tunisia, e racconta a situazione di tantissime persone, che, oggi, si trovano intrappolate nel confine tra la Tunisia e la Libia: «La fornitura di soldi al governo di Kais Saied, in cambio del blocco dei migranti da parte del governo tunisino, ha permesso alle milizie tunisine di deportare donne, bambini, uomini in quel lembo di terra di nessuno, nei confini con Libia, dove sono stati abbandonati senza acqua e senza cibo, per morire lontani dai nostri occhi. Noi di Mediterranea, siamo molto delusi e anche arrabbiati. perché non percepiamo da parte della  politica, italiana ed europea, la forza di contrastare questi crimini terribili, che sono crimini contro l’umanità», conclude.

 

nella foto, l'arcivescovo di Agrigento Alessandro Damiano, al centro, con don Mattia Ferrari, a destra, a bordo della Mare Jonio.