Qualche settimana fa, è stata presentata un’esperienza di accoglienza di quattro profughi del Mali (FC n. 44/2015). «Qualcuno potrebbe obiettare», ricordava Alessandra, «che cosa sono quattro profughi rispetto alle migliaia che sono arrivati? Certo, sono una goccia, ma il mare è fatto di tante piccole gocce. Se ogni comunità civile e cristiana sentisse il dovere di fare qualcosa, forse il mondo cambierebbe». Secondo monsignor Perego, responsabile di Migrantes, in Italia ci sono circa ventisettemila parrocchie, se ognuna di esse accogliesse l’invito di papa Francesco, potremmo accogliere circa centomila profughi. Un simile impegno, diffuso e condiviso nel territorio, avrebbe l’effetto di ricondurre l’accoglienza dei rifugiati a una dimensione di relazione, in grado di riconoscere il valore delle loro storie ed esperienze. E quale “ricchezza” deriverebbe per le nostre comunità dall’incontro con queste esperienze di vita! L’impegno delle parrocchie e dei religiosi dovrebbe qualicarsi come una delle espressioni dell’intera comunità ecclesiale, in collaborazione con istituzioni e gruppi di diversa appartenenza civile e religiosa, che vogliono contribuire al riconoscimento dei diritti di quanti chiedono asilo in Italia.
GIOVANNI - Firenze
La strage di Parigi ha giustamente monopolizzato l’attenzione dei mass media, e poco si parla ora del dramma, che pur continua, delle masse di profughi in fuga dai Paesi in guerra, come la Siria. Anzi, quando lo si fa è solo per invocare maggiori restrizioni e altri muri e barriere da alzare per difenderci dall’arrivo di potenziali terroristi. Non viene meno, però, l’impegno della Chiesa italiana, a seguito dell’appello di papa Francesco. In un anno, ricorda monsignor Perego, sono raddoppiate le persone accolte nelle parrocchie e in strutture ecclesiali, passando da diecimila a ventiduemila. Tra le persone arrivate in Italia, una su quattro è accolta dalla Chiesa.