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In occasione del XIV Mese Mondiale Alzheimer e della XXXII Giornata Mondiale Alzheimer, Federazione Alzheimer Italia presenta nel nostro Paese il Rapporto Mondiale Alzheimer 2025, redatto da ADI – Alzheimer’s Disease International. Il documento accende i riflettori su un tema ancora poco considerato: la riabilitazione nella demenza. Attraverso analisi di esperti e casi studio, dimostra come questa consenta alle persone con demenza di mantenere più a lungo le funzioni cognitive, l’autonomia e la partecipazione sociale, prolungando la permanenza a casa e migliorando la loro qualità della vita e quella dei caregiver. Non è solo una questione di dignità, ma anche di sostenibilità economica: preservare le capacità delle persone significa ritardare l’ingresso in struttura e ridurre i ricoveri ospedalieri, con un risparmio significativo per i sistemi sanitari e sociali.
Nonostante queste evidenze, in Italia e nel mondo l’accesso rimane limitato e frammentario. Il Rapporto invita quindi a considerare la riabilitazione come un diritto delle persone con demenza e a integrarla nei Piani nazionali per la demenza, in linea con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e con il Piano d’Azione Globale di Salute Pubblica sulla Demenza dell’OMS.


L’Italia: nuove linee guida e sfide aperte
Il documento internazionale converge con le linee guida per la diagnosi e il trattamento della demenza redatte in Italia dall’Istituto Superiore di Sanità, che confermano il valore degli interventi riabilitativi e psicosociali come parte integrante dell’assistenza accanto ai farmaci. Raccomandano infatti la riabilitazione e i training cognitivi, capaci di sostenere memoria, attenzione e funzioni esecutive, in particolare nelle fasi iniziali. Sottolineano inoltre l’importanza dell’esercizio fisico, utile per mantenere la salute e rallentare il declino cognitivo: dalle semplici camminate quotidiane alla ginnastica dolce, dalla cyclette agli esercizi di rinforzo muscolare e di equilibrio. Tra gli approcci efficaci ci sono anche la musicoterapia, la terapia della reminiscenza – che attraverso fotografie, oggetti, musica o racconti stimola memoria e ricordi e rafforza l’identità personale – e altre attività creative e sociali, che favoriscono benessere psicologico, riduzione dell’agitazione e mantenimento delle relazioni. Al tempo stesso, le linee guida invitano a non proporre pratiche prive di evidenze scientifiche come diete chetogeniche, integratori o multivitaminici in assenza di specifiche carenze documentate o agopuntura, chiarendo che questi interventi non portano benefici e rischiano di distogliere risorse da ciò che davvero è utile e sicuro.
La Federazione Alzheimer, insieme al Tavolo permanente sulle demenze, sta lavorando all’aggiornamento del Piano Nazionale Demenze, che necessariamente dovrà tenere conto di queste linee guida. Il tema della riabilitazione dovrà essere incluso nel nuovo Piano, garantendo che questa tipologia di interventi sia parte integrante dei percorsi di cura e assistenza - afferma Mario Possenti, segretario generale della Federazione - È necessario un vero cambiamento culturale: dobbiamo smettere di pensare che la vita finisca con la diagnosi di demenza. Una persona può vivere ancora a lungo, in modo pieno e con dignità, se ha accesso a un sostegno efficacie e personalizzato, capace di valorizzare le capacità residue e accompagnare la famiglia. In un Paese dove i costi complessivi della demenza superano i 23 miliardi di euro l’anno, di cui oltre il 60% a carico diretto delle famiglie, investire nella riabilitazione e nel supporto non è solo un dovere etico, ma anche una scelta strategica e sostenibile per il nostro futuro.
In questo senso, due sfide chiave da affrontare per l’Italia saranno lo sviluppo della teleriabilitazione su tutto il territorio nazionale, per facilitare l’accesso ai programmi di sostegno a chi vive lontano dai centri specializzati e a chi ha più difficoltà a spostarsi da casa, e la formazione adeguata sulla demenza ai terapisti della riabilitazione.
«La riabilitazione restituisce un senso di identità e di intenzionalità: anche i più piccoli progressi possono trasformare una vita» dichiara Paola Barbarino, CEO di Alzheimer’s Disease International.« Troppo spesso sentiamo dire che, appena dopo la diagnosi di demenza, a una persona viene consigliato di tornare a casa e mettere in ordine le questioni di fine vita. Ma con il giusto supporto si può vivere bene per molti anni dopo la diagnosi. È tempo che i sistemi sanitari offrano percorsi di riabilitazione per la demenza, come avviene per altre condizioni croniche».



