Ho letto la lettera di suor Maria Pia (FC n. 45/2013), che termina così: «Chissà se per avere il necessario per vivere, un giorno dovremo uscire dal monastero per andare a lavorare. Viene da domandarcelo, scandalizzando molti». Cara suor Maria Pia, scandalo è, semmai, che non usciate per andare a lavorare e potervi così mantenere, com’è doveroso per tutti. La preghiera è il “respiro dell’anima” ed è preziosa e necessaria a ciascuno, religioso o laico che sia. Ma non è giusto che la suora di clausura si faccia mantenere da chi ha già da sostenere sé stesso e la propria famiglia: è come “rubare”. Ciascuno di noi ha fame e sete, ha bisogno di un alloggio e di assistenza medica, ma proprio per questo tutti dobbiamo lavorare. Non è giusto scaricare sugli altri il proprio mantenimento.

ANNA MARIA - Verona
Se l’orizzonte della nostra esistenza fosse solo terreno, avresti ragione, cara Anna Maria. Ma se ci interroghiamo sul senso della vita, forse dovremmo avere una diversa considerazione delle suore di clausura, e di chi ha scelto di consacrare la propria vita al Signore. Certo, queste suore sono isolate, ma non sono fuori dal mondo e dai problemi della società. Chi è in clausura, poi, vive del proprio lavoro e di quanto la Provvidenza fa pervenire. Altro che parassita! Le parole di suor Maria Pia, che ti hanno turbata, vanno ben comprese. Ti auguro di poter avere un contatto diretto con qualche monastero di clausura. Non finiresti di ringraziare Dio per la gioia e la serenità che potresti trovarvi. Te lo posso assicurare per esperienza personale.