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«L’era del riscaldamento globale è terminata, per lasciare il posto all’era della bollitura globale». Parlava così lo scorso 27 luglio il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres nel commentare quanto detto in un comunicato stampa dal Copernicus Climate Change Service (C3S), ossia che luglio aveva tutte le carte in regola per diventare il mese più caldo dal 1940. Oggi, quelle previsioni sono diventate realtà: secondo i dati ufficiali pubblicati dal C3S, a luglio 2023 la temperatura media dell’aria sulla terra ha raggiunto i 16.95°C, ovvero il livello più alto mai registrato dalla metà degli anni Cinquanta.

«È un ulteriore segnale che il riscaldamento globale procede per la sua strada», spiega il climatologo Luca Mercalli, «e va di pari passo con l’aumento della temperatura degli oceani, che a fine mese ha toccato i 20.95°C. Quest’ultimo fenomeno, se vogliamo, è ancora più preoccupante del primo: gli oceani sono molto più lenti a riscaldarsi, ma quando immagazzinano calore lo mantengono per millenni». Le ricerche effettuate dal Copernicus Climate Change Service mostrano come, rispetto agli anni Novanta, le temperature dell’acqua nel 2023 abbiano raggiunto un’anomalia di +0.51°C. «Tutto questo», continua infatti l’esperto, «è in linea con ciò che sta accadendo da circa trent’anni: le temperature del pianeta sono in continuo aumento, tanto che dalla fine dell’Ottocento abbiamo già guadagnato 1.2°C, e non è più possibile tornare indietro».

Le cause delle temperature record sono, come già asseriva Guterres, tutte imputabili al riscaldamento globale di origine umana. «In questo momento non ci sono dei meccanismi naturali che giustificano l’aumento della temperatura del pianeta», aggiunge Mercalli, «e sappiamo con sicurezza che l’unico fattore scatenante sono le emissioni dei gas serra dovuti all’uso del carbone, del petrolio e del gas. Nel 2015 – l’anno in cui, tra l’altro, Papa Francesco ha pubblicato l’enciclica Laudato sii – tutti i Paesi dell’Unione Europea hanno firmato l’Accordo di Parigi [il piano d’azione per limitare il riscaldamento globale, ndr]: eppure, da allora non è stato fatto praticamente nulla».
La politica italiana, purtroppo, non fa eccezione. «In trent’anni di carriera ho vissuto più volte queste brevi fiammate della politica, che magari arrivano in un momento dove l’opinione pubblica è più scossa da eventi traumatici come alluvioni o incendi. Purtroppo, però, non c’è ancora una visione consolidata, e questi piccoli segnali non costituiscono affatto la prova che abbiamo cominciato ad occuparci davvero del problema. Per partire sul serio bisognerebbe avere delle leggi, perché la buona volontà non basta: eppure, nell’Italia del paradosso, i soldi per i pannelli solari non ci sono, mentre vengono accettati centinaia di migliaia di euro per finanziare le armi in Ucraina».
Anche se lo scenario non è dei più rosei, però, come singoli abbiamo il potere (e il dovere) di cambiare le cose. «Noi abbiamo molto da fare», insiste il climatologo, «perché se è vero che la metà del lavoro spetta ai politici, l’altra metà è in mano agli individui. È fondamentale recuperare i due valori che si trovano anche nell’enciclica del Papa, ossia niente sprechi e molta sobrietà. Questo atteggiamento è declinabile in vari settori della nostra vita:
1. possiamo ridurre il dispendio di energia in casa, per esempio attraverso il risparmio energetico, il rifacimento dell’isolamento termico, la realizzazione del cappotto, l’installazione dei pannelli solari;
2. possiamo viaggiare consapevolmente, magari scegliendo un’auto elettrica caricata ad energia rinnovabile oppure evitando di usare l’aereo, se non quando strettamente indispensabile;
3. possiamo scegliere di non essere schiavi delle mode usa e getta, cercando di far durare più possibile i nostri oggetti e i nostri abiti, che costano materie prime e producono rifiuti quando devono essere smaltiti».
(foto di copertina: ANSA)



