Una chiara, decisa vendetta. Il generale Igor Kirillov è stato ucciso perché si era reso «responsabile dell'uso massiccio di armi chimiche vietate» sul territorio ucraino. Con questa motivazione i servizi di sicurezza ucraini (Sbu) hanno rivendicato apertamente l'attentato a Mosca - attraverso l'esplosione di un ordigno piazzato in uno scotter elettrico - nel quale sono stati uccisi il comandante delle truppe di difesa nucleare, chimica e biologica delle Forze armate russe e un suo assistente.

Kirillov era un« obiettivo legittimo» - secondo una fonte interna alla Sbu riportata dalla BBC - e si era macchiato di crimini di guerra. Pertanto, era giusto eliminarlo. Secondo i servizi segreti di Kyiv, sotto gli ordini del generale Kirillov la Russia ha fatto uso di armi chimiche in Ucraina per più di 4.800 volte.  Mosca dal canto suo ha negato le accuse.

Il Governo di Kyiv al momento non ha rilasciato commenti. Dal Cremlino invece immediata e dura è stata la reazione: Dmitri Medvedev, numero due del Consiglio di sicurezza della Federazione russa ha minacciato «ritorsioni inevitabili». Gli Stati Uniti si sono dichiarati estranei all'attentato, affermando di non essere stati in alcun modo avvertiti di questa azione contro il generale russo. Ma già a maggio scorso Washington aveva accusato Mosca di usare armi chimiche come metodo di guerra in Ucraina, in violazione delle leggi internazionali che bandiscono l'impiego di sostanze usate per provocare intenzionalmente la morte o per danneggiare gravemente la salute delle persone attraverso le sue proprietà tossiche.

Lo scorso ottobre la Gran Bretagna aveva imposto sanzioni contro le truppe russe della Difesa nucleare, chimica e biologica sotto il comando del generale Kirillov, accusato anche di essere «un megafono rilevante della disinformazione del Cremlino».

(Foto Reuters: la scena dell'attentato a Mosca al generale Kirillov e al suo assistente)