Mense scolastiche: sprechi invisibili in 2 scuole su 3
Presentata alla Camera la valutazione di Foodinsider, che evidenzia un Paese a due facce. Se da un lato migliora la qualità dei menù (più biologico, più legumi, meno carne rossa e meno cibi processati), dall'altro emerge un grave problema: solo una mensa su tre misura gli scarti
Un sistema in letta ma netta trasformazione, che viaggia però a due velocità diverse. È la fotografia scattata dal 10° Rating dei menù scolastici presentato il 23 ottobre, presso la sala stampa della Camera dei Deputati. L’indagine decennale di Foodinsider, presentata insieme al deputato Andrea Casu, evidenzia un progresso innegabile nella qualità dei piatti, ma solleva un allarme urgente: due mense su tre non misurano in modo sistematico gli sprechi alimentari, rendendo lo spreco di cibo un problema in gran parte invisibile. Dallo studio emerge un’Italia divisa. Accanto a realtà eccellenti, capaci di innovare menù e pratiche, persistono mense ferme su modelli standard. Nonostante questa disparità, il quadro generale mostra segnali positivi di transizione. Il biologico cresce in modo strutturale: quasi la metà dei menù analizzati propone oltre 22 prodotti bio a settimana, mentre la quota di quelli con meno di 9 prodotti biologici scende al 5%.
Anche la composizione dei piatti si evolve verso modelli più sani e sostenibili. I legumi sono ormai una presenza fissa, comparendo una o più volte a settimana nel 94% dei menù. Aumenta la varietà dei cereali (a Cremona se ne contano fino a otto), cresce l’uso degli integrali e si riduce il consumo di carne rossa. L’indagine registra anche un primo, importante segnale di inversione rispetto all’uso di prodotti processati. Misti, invece, i dati sulle filiere locali: sebbene il 40% dei Comuni offra ancora pochi o nessun prodotto del territorio, aumenta il numero di amministrazioni che inseriscono stabilmente più di dieci prodotti locali a settimana. Per quanto riguarda i menù scolastici più virtuosi, al vertice si posiziona la città di Parma. Secondo Claudia Paltrinieri, presidente di Foodinsider, le soluzioni per migliorare sono chiare: «Misurare gli scarti, valorizzare le cucine di quartiere e le competenze di chi lavora in mensa, e applicare fino in fondo la legge dei Criteri Ambientali Minimi (CAM), che sta guidando la ristorazione scolastica nella transizione ecologica». Un ostacolo chiave resta il rifiuto di alcuni cibi da parte dei bambini, specialmente i legumi. Francesca Rocchi, vicepresidente dell'associazione, suggerisce un approccio mirato: «Dobbiamo considerare i bambini 'onnivori diffidenti'. Assaggi guidati, ricette buone e familiari, storie degli ingredienti e tempo per imparare nuovi sapori trasformano la diffidenza in curiosità e piacere». Per il deputato Andrea Casu, l’investimento sulla mensa è strategico: «Investire sulla mensa scolastica vuol dire generare sviluppo: ingredienti locali, ricette che raccontano le comunità, meno sprechi, più educazione e consapevolezza alimentare. A tavola, ogni euro investito diventa qualità, coesione sociale e opportunità per l’economia in chiave sostenibile».