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Un incendio di proporzioni catastrofiche ha avvolto il complesso residenziale Wang Fuk Court, nel distretto di Tai Po a Hong Kong, trasformando otto grattacieli in una trappola mortale. Il bilancio, ancora provvisorio, parla di almeno 65 morti accertati, tra cui un vigile del fuoco, e quasi 300 dispersi. Le fiamme, divampate nel primo pomeriggio di mercoledì 26 novembre, hanno resistito per oltre venti ore, rendendo le operazioni di soccorso estremamente difficili e pericolose. Le autorità locali hanno dichiarato lo stato di emergenza massima, mobilitando oltre 1.200 soccorritori, 200 automezzi antincendio e 100 ambulanze.
La dinamica del disastro: come è successo
L’incendio è scoppio intorno alle 14:50 ora locale (le 7:50 in Italia) nel complesso Wang Fuk Court, un insieme di otto palazzi di 31 piani ciascuno, per un totale di 1.984 appartamenti e circa 4.600 residenti, molti dei quali anziani. Secondo le prime ricostruzioni, le fiamme si sono sviluppate in un locale karaoke al piano terra di uno degli edifici, per poi propagarsi rapidamente attraverso le impalcature di bambù e i teli di plastica che avvolgevano i palazzi in fase di ristrutturazione. Il bambù, materiale tradizionalmente usato a Hong Kong per la sua economicità e facilità di montaggio, si è rivelato un accelerante letale: le canne, legate tra loro con strisce di plastica, hanno alimentato il fuoco, che si è esteso a sette delle otto torri del complesso.
Materiali infiammabili e negligenze Le indagini preliminari hanno evidenziato la presenza di polistirolo, usato per sigillare le finestre durante i lavori, e di teli di plastica non conformi alle norme di sicurezza antincendio. La polizia ha arrestato tre persone — due dirigenti e un consulente dell’impresa edile responsabile della ristrutturazione — con l’accusa di omicidio colposo per negligenza. Le autorità sospettano che la mancata osservanza delle norme abbia contribuito alla rapidità con cui il fuoco si è diffuso, reso ancora più violento dal vento e dall’estrema siccità che ha colpito Hong Kong nei giorni precedenti.


Il bilancio umano: morti, dispersi e sopravvissuti
Il numero delle vittime è destinato a salire: al momento si contano 65 morti accertati, ma i dispersi sono ancora 279. Tra i deceduti, molti sono anziani o persone con difficoltà motorie, che non sono riuscite a fuggire in tempo. I soccorritori hanno lavorato senza sosta, affrontando temperature elevatissime e il rischio di crolli, per cercare superstiti tra le macerie. Oltre 900 persone sono state evacuate e trasferite in centri di accoglienza temporanei, mentre decine di feriti, alcuni in condizioni critiche, sono ricoverati negli ospedali della città.
Storie di solidarietà e disperazione La comunità di Hong Kong si è mobilitata in modo spontaneo: centinaia di volontari hanno organizzato punti di raccolta per cibo, vestiti, medicine e supporto psicologico. Molti residenti hanno passato la notte a cercare notizie dei propri cari, spesso senza successo. «Ho visto le fiamme arrivare, rosse, e il mio cuore bruciava con loro», ha raccontato ad AFP una donna di 69 anni, che ha salvato una vicina in sedia a rotelle. «Non ho sentito nessun allarme, ho solo sentito le urla».
Un disastro annunciato?
L’incendio di Hong Kong riaccende i riflettori sui rischi legati all’uso di materiali economici ma altamente infiammabili nell’edilizia, soprattutto in città ad altissima densità abitativa. Il complesso Wang Fuk Court, costruito nel 1983, era in fase di ristrutturazione da mesi, ma i lavori avevano già sollevato proteste tra i residenti per la mancanza di misure di sicurezza adeguate. Le autorità avevano annunciato mesi fa l’intenzione di bandire gradualmente le impalcature in bambù, ma la decisione non era ancora stata attuata.
Un precedente tragico Il disastro ricorda da vicino quello della Grenfell Tower a Londra nel 2017, dove 72 persone persero la vita a causa di un incendio propagatosi attraverso rivestimenti non conformi. Anche in quel caso, le indagini rivelarono negligenze e materiali non a norma. A Hong Kong, la Commissione anticorruzione ha avviato un’inchiestaper verificare eventuali irregolarità nei lavori di ristrutturazione del Wang Fuk Court.
Il governatore di Hong Kong, John Lee, ha espresso «profondo dolore» per la tragedia e ha promesso un’indagine approfondita. Il presidente cinese Xi Jinping ha inviato le sue condoglianze alle famiglie delle vittime e ha chiesto di «fare tutto il possibile per spegnere l’incendio e minimizzare le perdite umane e materiali». Intanto, la città si interroga sulle responsabilità e sulle misure da adottare per evitare che una simile tragedia si ripeta.
Hong Kong, una città a rischio
Con una densità abitativa tra le più alte al mondo (oltre 7.100 abitanti per km², che triplicano nelle zone urbane), Hong Kong è particolarmente esposta al rischio di incendi in edifici sovraffollati. Nonostante i progressi nelle norme di sicurezza, la combinazione di materiali infiammabili, lavori edili non regolamentati e una popolazione anziana rende la città vulnerabile a disastri come quello di Tai Po.


Il rogo di Hong Kong non è solo una tragedia, ma un monito. Le immagini dei grattacieli avvolti dalle fiamme, le storie dei dispersi e dei sopravvissuti, le domande senza risposta sulle responsabilità restano impresse come un segno indelebile. Mentre le operazioni di soccorso continuano, la città si stringe attorno alle vittime, ma anche attorno alla consapevolezza che, senza cambiamenti radicali, il rischio di nuovi disastri rimane concreto.
Cosa accadrà ora? Le indagini proseguiranno per accertare le cause precise dell’incendio e le eventuali responsabilità penali. Nel frattempo, Hong Kong dovrà affrontare non solo la ricostruzione materiale, ma anche quella sociale e psicologica di una comunità segnata per sempre.













