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Ottant’anni dopo la sua nascita, l’ONU sembra un gigante stanco, spesso ignorato dai potenti e impotente di fronte ai massacri di Gaza o all’aggressione russa in Ucraina. Eppure c’è chi, dopo una vita passata dentro le Nazioni Unite, continua a credere nella loro missione originaria: costruire la pace e difendere la dignità umana. Sandro Calvani, diplomatico, economista e docente universitario, tra i più autorevoli esperti italiani di cooperazione internazionale, è uno di loro. Per oltre trent’anni ha diretto programmi dell’ONU e di altre agenzie globali in Asia, Africa e America Latina, occupandosi di sviluppo umano, lotta alla povertà, giustizia e narcotraffico. Oggi è consulente per organizzazioni internazionali e autore di numerosi saggi sul futuro della governance globale. Inoltre è presidente del Consiglio scientifico dell'Istituto G. Toniolo dell’Università cattolica per il diritto internazionale della pace. Per i lettori che volessero approfondire i temi trattati nell'intervista sono utili due suoi libri recenti: Senza False Frontiere, (AVE 2021) e Protopia (Città Nuova, 2025). Con lui abbiamo ripercorso la storia e le sfide del Palazzo di vetro, dalla nascita nel 1945 alle crisi del presente, tra guerre, sovranismi e nuove speranze di pace.
Le Nazioni Unite sembrano aver perso molto della loro autorità e del loro prestigio di fronte alle vecchie potenze e a quelle crescenti, come si è visto nella vicenda di Gaza.
«Da ottant’anni le Nazioni Unite – come dovrebbe essere chiaro nel loro nome – sono un’associazione di nazioni che desiderano essere unite per il bene di tutte. Pertanto, come qualunque dinamica di gruppo al mondo, funzionano nella stessa misura in cui i soci rispettano le regole che si sono dati. Attribuire al sistema ONU la sua debolezza è come squalificare il gioco del Monopoli, quello del poker, quello del calcio o un condominio semplicemente perché qualcuno dei membri non rispetta le regole».
Nonostante le numerose denunce, i rapporti delle commissioni, la definizione di genocidio il governo Israele non è mai stato fermato, grazie all’appoggio degli Stati Uniti.
«Sulle questioni più scottanti del momento, per esempio, diritti umani, Palestina, Ucraina e narcotraffico, negli ultimi decenni meno di una dozzina di governi hanno deciso di fare di testa loro, infischiandosene delle regole decise insieme e firmate, e non rispettando la volontà e le risoluzioni votate da altri 150 o 160 paesi che hanno scelto la soluzione giusta. Quei Paesi che abbandonano l’inclusione, il diritto e la diplomazia si nascondono dietro una loro asserita volontà popolare o bisogno di “sicurezza nazionale”. In realtà, lo chiamano suprematismo “il mio paese viene prima”, o sovranismo “non prendiamo ordini dagli altri paesi”, ma sono forme di razzismo e imperialismo. Di fronte ai prepotenti, almeno dovremmo accettare tutti di chiamare i fatti con il loro nome. Chi rinuncia alla verità deve sapere che giustizia e pace non possono esistere nella falsità».


Anche la giustizia dell’ONU sembra essere annullata dalla tracotanza delle potenze, a cominciare da Usa e Israele. Nonostante ci siano ordinanze molto severe da parte della Corte internazionale di giustizia. Stiamo assistendo alla fine del diritto internazionale, che è sempre meno rispettato?
«Il diritto internazionale rimane presente e autorevole perché nessuno ha ancora proposto un assetto migliore. Ma va riconosciuto che si va riducendo l’efficacia della sua autorevolezza perché i prepotenti, invece di rispettare gli arbitri, vogliono rifiutare con la forza le decisioni imparziali. Invece di accettare le ammonizioni e le espulsioni espellono gli arbitri. Se una o più nazioni negano un genocidio, il cambio climatico, l’efficacia dei vaccini, i diritti umani, i diritti di genere e delle migrazioni, non cambiano i fatti, solo li nascondono e rendono impossibile il governo dei beni comuni globali».
I nuovi equilibri mondiali – con la crescita di potenze come la Cina, l’India e la Russia di Putin – stanno cambiando gli assetti interni del Palazzo di vetro. È immaginabile una riforma reale dell’organizzazione?
«L’Assemblea ONU 2025 ha votato a grandissima maggioranza a favore della riforma proposta, risultante da oltre un decennio di consultazioni, chiamata UN80. L’Italia ha dato un grande contributo a questa cammino di trasformazione. La nuova ONU che nasce nel 2025 si è tolta di dosso molti dei segni della sua vecchiaia. Ma la sfida rimane la stessa detta all’inizio: la buona volontà dei paesi membri. I paesi che si oppongono e cancellano i loro finanziamenti, dopo due anni di opposizione così sterile e distruttiva perderanno il diritto di voto, proprio come in un’assemblea condominiale».
Lei ha lavorato per anni sul campo, anche nei programmi ONU contro la povertà e la droga. A suo giudizio, quali sono le agenzie delle Nazioni Unite che oggi funzionano davvero e quali invece sopravvivono solo per inerzia burocratica?
«I programmi e le agenzie specializzate dell’ONU più efficaci sono stati quelli che avevano al loro interno un grande consenso, partecipazione, buona volontà dei paesi membri, come per esempio l’OMS, la FAO, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni , i programmi umanitari come il Programma Alimentare Mondiale, l’Unicef, l’UNHCR. Insieme questi programmi hanno liberato dalla povertà, dall’ignoranza e dalle malattie miliardi di persone, che oggi nei loro paesi sono molto grati al sistema ONU averli salvati».
Da ex alto funzionario dell’ONU, pensa che un cambiamento vero sia possibile, o le potenze vincitrici del 1945 continueranno a bloccare ogni evoluzione? In un mondo frammentato, dove il nazionalismo e l’indifferenza crescono, che cosa resta dello spirito originario della Carta di San Francisco? È ancora possibile credere nelle Nazioni Unite come “coscienza del mondo”?
«Al contrario delle aspirazioni dello Statuto ONU di San Francisco, l’iper-mercato e le ipo-democrazie stanno creando un’era di iper-conflitti. Ma otto miliardi di persone hanno certamente un’intelligenza collettiva e un senso di umanità comune, che si manifestano nel rifiorire delle reti di informazione, di educazione e di cittadinanza attiva per il bene comune nel mondo intero per superare gli iper-conflitti. Soprattutto in Asia, che da sola ha più popolazione e maggiori risorse di tutto il resto del mondo messo insieme, si può intravvedere una nuova volontà di dialogo e tolleranza. Le nuove generazioni sono coscienti dell’impatto devastante delle disuguaglianza di ricchezza, di potere, di opportunità che pochi iper-capitalisti vorrebbero consolidare per governare da soli e a loro vantaggio il futuro dell’umanità. Ma grazie alle tecnologie moderne e alla potenza dirompente dell’autenticità e della fraternità, le idee fondanti per un futuro di iper-democrazia sono già state concepite e articolate negli impegni umanisti e solidali, sottoscritti dalle religioni e dagli scienziati».
E’ ottimista sul futuro del Palazzo di vetro?
«La coscienza e la speranza del mondo si possono reprimere temporaneamente anche con grandi abusi su milioni di persone; ma non si possono spegnere definitivamente; esse rinascono sempre nell’impegno quotidiano di miliardi di esseri umani. Li ho visti all’opera per le strade delle periferie del mondo. La loro speranza e loro coscienza per unire i destini delle nazioni in un futuro di pace, sviluppo e giustizia si possono vedere sulla faccia di miliardi di bambini. Sorridono tutti nella stessa lingua; quel sorriso è la nuova bandiera ONU, vincerà proprio con lo stesso spirito di San Francesco, quello di Assisi, non solo quello della California».



