Quando pochi giorni fa Guido Corsetto, ministro della Difesa, si è lamentato per la mancanza di uno “scudo” protettivo sul nostro Paese pensava certamente al rischio rappresentato dai droni. D’altra parte le dichiarazioni sono arrivate dopo che la Polonia, con l’aiuto di alcune altre nazioni della Nato (Italia compresa) aveva dovuto fronteggiare l’invasione del suo spazio aereo da parte di una ventina di droni lanciati dalla Russia. Un altro  drone russo vagante, pochi giorni fa, ha violato anche lo spazio aereo della Romania, un altro paese dell’Unione Europea e della nato che condivide il confine con l’Ucraina.

Oggi i droni solo la principale minaccia che viene dal cielo in gran parte dei teatri di guerra. Secondo i dati raccolti dal New York Times all’inizio di questa settimana, nel 2025 la Russia ha inviato finora in Ucraina oltre 34.000 droni d'attacco ed esche (utilizzate per confondere i sistemi di difesa antiaerea), quasi nove volte il numero registrato nello stesso periodo dell'anno scorso.

Ormai i droni possono anche mostrarsi decisivi per determinare l’esito di un conflitto armato. È documentato che l’uso da parte dell’Azerbaigian di droni turchi a costo contenuto sia stato cruciale per sconfiggere l’Armenia  e costringerla a cedere il controllo di parte del territorio conteso del Nagorno Karabach, nella regione del Caucaso. Secondo gli esperti, queste armi hanno cambiato le regole del gioco. I droni azeri hanno fornito vantaggi significativi per le capacità di attacco a lungo raggio, consentendo alle forze azere di individuare, fissare, tracciare e colpire obiettivi con attacchi precisi ben oltre le linee del fronte.

«Non c’è dubbio che il drone sia diventato il protagonista della guerra moderna», dice Pietro Batacchi, direttore della Rivista Italiana Difesa. «Il drone  dà flessibilità, versatilità e anche massa. E nessuno più dei russi sa che la quantità è qualità.I russi hanno migliorato molto il drone  Shahed iraniano rendendolo più capace con il motore a reazione e la dotazione di  telecamere. Hanno introdotto cavi in fibra ottica sui droni più piccoli a introdurre i sistemi di guida a fibra ottica, che rende il drone immune dai disturbi elettromagnetici. Anche l’Ucraina ha startup che producono droni e hanno l’assistenza tecnica occidentale».

La Russia oggi produce droni in proprio, in fabbriche installate nella remota regione del Tatarstan e per  l’assemblaggio sono state reclutate anche giovani donne africane.

Intanto Taiwan intende investire in 50.000 droni nel corso dei prossimi due anni. La decisione arriva in un momento in cui l'isola deve affrontare crescenti pressioni da parte della Cina, che rivendica il territorio come proprio.

Pochi giorni fa il Financial Times ha scritto che «gli sciami di droni alimentati dall'intelligenza artificiale sono destinati a trasformare il campo di battaglia, con aziende che lanciano software all'avanguardia per rendere più letali gli attacchi con armi senza pilota che sopraffanno le difese nemiche». In questo modo i droni, gruppi di armi senza pilota utilizzano l'intelligenza artificiale per coordinarsi tra loro e attaccare le posizioni nemiche.

La tecnologia trasforma i singoli droni in un'unica forza coordinata. Il sistema consente a qualsiasi drone compatibile di unirsi allo sciame attraverso un semplice aggiornamento software.

L’11 settembre il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare, Generale Antonio Conserva, ha spiegato durante un’audizione alla Commissione Difesa della Camera, quanto sia importante «dotarsi di sistemi protettivi ugualmente a basso costo e i droni difensivi potrebbero essere la risposta. Oggi siamo pronti a fermare le aggressioni utilizzando i caccia intercettori e altri strumenti molto costosi, mentre dobbiamo trovare soluzioni che siano efficaci e low cost».

Probabilmente servirà un’azione coordinata con gli altri membri dell’Unione Europea."Dobbiamo ascoltare l'appello dei nostri amici baltici e costruire un muro di droni”, ha detto la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.

In Europa, la Polonia, gli Stati baltici e la Finlandia, ovvero gli Stati membri dell'UE confinanti con la Russia, hanno tutti annunciato piani per rafforzare le proprie frontiere, gli esperti sostengono che questo approccio sarà efficace solo se unificato e basato su tecnologie comuni e completamente integrate.