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Immaginate una chiesa del 1300 a Ortigia, nel cuore del centro storico di Siracusa. Una chiesa parrocchiale molto viva oltre che bellissima, amata dai parrocchiani e anche dei turisti. Peccato che i tavolini del ristorante della piazza arrivino a toccare, letteralmente, il bianco della pietra mentre il profumo dei piatti serviti agli avventori e le loro risate fanno da accompagnamento alla preghiera dei fedeli.
“Pensi che, a maggio, ho dovuto celebrare le Comunioni con tutti i tavolini apparecchiati”, si sfoga il parroco, don Flavio Cappuccio. E questo col permesso, davvero inspiegabile, del Comune, dopo che il parere prima negativo della Soprintendenza era diventato positivo.
Una vicenda paradossale, che ha scatenato la protesta, con toni parecchio accesi, dei cittadini. E padre Flavio, paradosso nel paradosso di un'Italia che funziona a modo suo, ha dovuto far da paciere cercando un'intesa col ristoratore. “Non posso prendermela con lui”, continua, “ha una famiglia da mantenere, la crisi c'è per tutti, deve lavorare. Ho trovato un'intesa col sistema della cordialità: quando dico Messa, l'ho convinto a spostare i tavolini un po' di lato, per lasciar passare i fedeli”. Per il resto non è che si sia arreso. Ha scritto lettere su lettere, all'amministrazione comunale e anche alla soprintendente. Nessun risultato. E dire che la chiesa di San Giovanni Battista, meglio conosciuta come “San Giovannello”, è inserita tra i monumenti particolarmente rilevanti da tutelare.
“La piazza viene utilizzata come parcheggio, basterebbe togliere qualche posto auto e assegnare un altro spazio al ristorante, una soluzione di civiltà che accontenterebbe tutti”, spiega don Flavio. Ma la situazione ormai si trascina, assurda e legale insieme. “Che poi è legale fino a un certo punto, perché i tavolini dovevano essere sei poi sono diventati dodici e adesso mi dicono i parrocchiani che a volte sono più di venti”, conclude, “io quando chiudo i portoni della chiesa evito di guardare perché mi si stringe il cuore per l'amarezza”.



