«Putin lo fermeremo se lo colpiremo finanziariamente ed economicamente e se rafforzeremo, e questo purtroppo è inevitabile, anche la nostra capacità militare in ambito Nato. Dobbiamo essere disposti a pagare il prezzo di queste azioni economiche altrimenti sarà a rischio la nostra stessa democrazia»

Vittorio Emanuele Parsi, professore ordinario di Relazioni internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore di Aseri (Alta scuola di economia e relazioni internazionali) spiega che l’operazione di Putin «mira, insieme a Pechino, a rimettere in discussione le conseguenze della fine della guerra fredda ed è un attacco alla democrazia liberale dei Paesi occidentali».

Ma Putin dice che vuol mettersi al tavolo. Anche questo è un bluff?

«Pensare che con Putin potremo rimetterci attorno a un tavolo a parlare, fa il gioco di Putin. Parleremo con lui quando cambierà atteggiamento. Nel frattempo ci proteggeremo. E ricordiamoci che non si tratta con i bugiardi. Bisogna capire i bugiardi cosa vogliono, cosa dicono, quali delle parole che usano sono la cortina fumogena delle vere intenzioni e quali, invece, sono l’annuncio di quello che faranno. Ma sostanzialmente trattare con un bugiardo è inutile. In questo momento a maggior ragione. Putin vuole mettere un governo fantoccio, processare Zelinsky e qualche centinaia di funzionari ucraini per presunti crimini contro l’umanità. Bisogna essere molto duri nelle risposte».

Intanto in Russia si protesta contro la guerra. È un bene?

«Le proteste contro la guerra sono sempre benvenute. È importante che una parte della società russa, nonostante la cappa di piombo in cui vive e la repressione feroce cui è sottoposto chiunque alzi un po’ la voce, trovi il coraggio di manifestare. La consapevolezza che i russi dovrebbero avere è che il loro nemico principale è Putin, non siamo noi. È un punto importante. E poi credo che sia fondamentale riconoscere chi è l’aggredito e chi è l’aggressore. Mi amareggia quando sento riflessioni italiane di un po’ tutti i colori che cercare di spiegare perché Putin doveva farlo. Mi sembra la stessa logica di quando, di fronte a uno stupro, ci spiegano che lo stupratore aveva tanto bisogno di soddisfare la sua libido e si dimentica la vittima e si dice che l’Ucraina aveva la gonna troppo corta, non doveva uscire la sera tardi, doveva essere meno ammiccante. Invece dobbiamo essere molto chiari: qui c’è qualcuno che ha fatto una guerra militare in Europa come non si vedeva dal 1939. C’è un aggressore e c’è un aggredito».

Cosa fare adesso?

«In questo momento la cosa migliore da fare è mostrare fermezza. E poi speriamo che gli ucraini resistano. Gli ucraini sono in grado di offrire una resistenza militare, perché di questo si tratta, all’invasione russa. E più la guerra dura e più Putin è nei guai con la sua opinione pubblica, che si interrogherà sempre di più sul perché sta morendo per occupare l’Ucraina. Non solo, più la guerra dura e più le pavide democrazie occidentali e le borghesie che sono attente più ai soldi che ai principi capiranno che non c’è altra chance che essere fermi e duri nei confronti della Russia».