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Non scorre buon sangue tra i maestri restauratori del Vaticano e l'Intelligenza Artificiale, universalmente conosciuta con l'acronimo I.A. A rivelarlo è un tecnico di lungo corso dei Musei pontifici, Ulderico Santamaria, che ha persino ammesso pubblicamente di averci “litigato” con quella vocina lievemente metallica di un robot di ultimissima generazione “interpellato” per una “consultazione” ed un possibile “confronto”, durante i recenti restauri, sui materiali usati dal Pinturicchio nel realizzare le tre stanze della residenza di papa Alessandro VI nel Palazzo Apostolico. Tra tecnico e Intelligenza artificiale si è arrivati persino ad un duro, sebbene rispettoso, scontro verbale per iniziali differenze di vedute generate da un madornale errore del robot “convinto”, a suo modo, che le stanze del Pinturicchio “furono dipinte a fresco”. “Assolutamente no”, l'immediata ferma risposta del maestro Santamaria, forte della sua lunga esperienza come capo del Gabinetto di Ricerche Scientifiche applicate ai Beni Culturali dei Musei Vaticani.”E poi, che le stanze di papa Borgia non sono state dipinte a fresco è scritto su tutti i libri di storia dell'arte”, l'aggiunta del tecnico, che ha dovuto lavorare non poco per arrivare a “convincere” il robot, che alla fine ha fatto marcia indietro con un poco convinto “se lo dice lei...sarà così”.
L'episodio è stato raccontato per la prima volta dallo stesso Santamaria alla presentazione dei restauri che hanno riportato al suo originario splendore uno dei più importanti gioielli rinascimentali dei Musei Vaticani, la Sala delle Arti Liberali dell'appartamento Borgia, che dal 1492 al 1494 il maestro perugino Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio, dipinge insieme alle altre due sale borgiane precedentemente restaurate, quella dei Misteri e dei Santi. Un lavoro di ripulitura, sistemazione e potenziamento delle volte e delle superficie - ammalorate nel corso degli anni a causa di fumi, polveri, manomissioni e persino di interventi maldestri – iniziato dai tecnici restauratori pontifici nel 2002 e concluso recentemente, ha spiegato il direttore dei Musei Vaticani, la professoressa Barbara Jatta, nel corso del tradizionale appuntamento de Il Giovedì dei Musei dedicato, appunto, a Il restauro della Sala delle Arti Liberali, Pinturicchio pittore ed imprenditore.
“Questa sala, adibita verosimilmente a studio del pontefice Alessandro VI Borgia è detta delle Arti Liberali – la spiegazione di Barbara Jatta – con riferimento alle 'arti' o discipline che costituivano la base dell'insegnamento scolastico medievale” del Trivio (grammatica, retorica e dialettica) e del Quadrivio (aritmetica, geometria, musica, astronomia), escluse teologia e filosofia, discipline di competenza delle università. “Arti che rappresentano la celebrazione del sapere nelle sue diverse specializzazioni e vengono allegoricamente raffigurate lungo le pareti della Sala come donne avvenenti sedute su troni. Tra queste – sottolinea la professoressa Jatta – spicca la Retorica che reca la scritta Pentoricchio, l'unica firma dell'artista presente nell'intero ciclo pittorico dell'appartamento Borgia”.
Tante le sorprese emerse nel corso dei lavori svolti sotto la supervisione scientifica del Reparto per l'Arte dei secoli XV-XVI diretto Guido Cornini recentemente scomparso ed oggi guidato dal Curatore Fabrizio Biferali. Tra l'altro, lungo le pareti della Sala – liberate dai tendaggi che erano stati collocati negli anni '70 nei lavori di risistemazione della stanza – sono emerse le eleganti decorazioni grottesche realizzate nel '400 dai maestri decoratori della bottega del Pinturicchio sotto l'influsso delle analoghe decorazioni della Domus Aurea fatta edificare da Nerone dopo l'incendio di Roma del 64 d.C. Di particolare bellezza, la Candelabra ritornata alla luce dopo anni di occultamento sotto strati di polveri e materiali aggiunti impropriamente; come pure, il totale recupero del Toro Borgiano in stile egizio, scelto da papa Borgia come simbolo di forza del Pontificato; e le ricche decorazioni che fanno da sfondo alle sette donne-simbolo delle Arti Liberali realizzate dal Pinturicchio e dai suoi collaboratori con la tecnica della pittura a “cavalletto”, non a fresco, con le superficie delle pareti usate come una gigantesca tavolozza sulla quale l'artista realizzava le sue figure a colpi di pennellate forti e potenti, ma all'occorrenza anche leggere e delicate, come – a restauro concluso – è possibile ammirare sulle figure e su tutto l'impianto decorativo. Di non meno interesse, le “scabrosità”, incrostazioni non visibili ad occhio nudo, emerse lungo le superfici, dove l'artista, per rafforzare gli effetti delle ombre, dei chiari e degli scuri – rivela il restauratore Marco Pratelli -, spesso si avvale di colori impastati di materiali poveri come legni, funi, frammenti di tessuti, cordoni di canapa, gocce di gesso.
Messi a fuoco, nel corso del restauro, anche i materiali pittorici del tempo, in gran parte lacche, per dare stabilità chimica all'opera, coloranti organici, indaco per rafforzare la basi di azzurro, come è emerso anche dalle indagini scientifiche coordinate da Ulderico Santamaria, in procinto di essere sostituito alla guida del Gabinetto di Ricerche Scientifiche da Fabrizio Morresi. Tre stanze-simbolo dell'arte rinascimentale che ora è possibile ammirare come furono concepite e realizzate dal Pinturicchio, “uno dei più grandi maestri degli anni a cavallo tra il '400 e il '500, ma anche grande imprenditore”, del quale – la conclusione di Francesca Persegati, Restauratore capo del Laboratorio di Restauro Dipinti e materiali lignei, “una sinfonia di talenti, di saperi, competenze e sensibilità, ha riportato alla ribalta una delle sue opere più importanti e significative” e che ora è possibile ammirare lungo i già ricchi percorsi artistici dei Musei Vaticani. Malgrado “l'eventuale ignoranza storico-artistica di chi è chiamato a gestire l'Intelligenza Artificiale” degli innocenti robot, la conclusione dei restauratori pontifici.



