Caro don Antonio, consideri qual è la situazione dei matrimoni, oggi. In particolare quelli religiosi, che sono 110 mila all’anno, mentre erano 420 mila nel 1964: un calo del 75 per cento. Se la tendenza dovesse perdurare, i matrimoni in chiesa diventeranno un elemento residuale. Sulla famiglia, la Chiesa ha perso la sua battaglia culturale nei confronti della società laica. E pensare che c’è, nella Chiesa, chi propone di gettare via l’indissolubilità del matrimonio e sdoganare convivenze e nuove forme di unioni come rimedio a questa sconfitta... Mentre, se passassero, sarebbe il colpo di grazia alla famiglia. Tra gli indiziati c’è anche Famiglia Cristiana, che ha fatto da grancassa alla linea “aperturista” del cardinale Kasper sulla Comunione ai divorziati. Occorrerebbe, invece, cogliere quanto ha ben evidenziato il cardinale Scola: «Come facciamo a dire a dei giovani che si sposano oggi, per i quali il “per sempre” è già molto difficile, che il matrimonio è indissolubile, se sanno che, comunque, ci sarà sempre una via d’uscita?».
CARLO P.
Caro Carlo, credo che tu sia vittima di qualche manipolazione giornalistica, che ha trasformato il recente dibattito al Sinodo sulla famiglia in chiacchiere da salotto, con una buona dose di superficialità. Non si può stravolgere la serietà di un confronto tra i padri sinodali sui sacramenti per i divorziati risposati (questione importante, che ha avuto tanta visibilità sui mass media, ma marginale rispetto al resto del dibattito) con affermazioni perentorie che «c’è nella Chiesa chi vuole sdoganare le convivenze e altre forme di unioni». Tranquillo: la dottrina della Chiesa non cambia, ma c’è più attenzione pastorale verso le persone, soprattutto quelle “ferite”.