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Mio padre, vedovo da tempo, secondo me non si sta godendo per nulla il fatto di essere nonno. Sia io sia mia sorella abbiamo due figli tra i 9 e i 15 anni e quindi lui, che vive vicino a noi, avrebbe tante occasioni per passare del tempo con loro. Mio figlio, ad esempio, gioca a calcio e lui che guida potrebbe accompagnarlo agli allenamenti, ma anche i due più piccoli sarebbero ben contenti se come tanti nonni li portasse a vedere gli animali o i lavori di costruzione... Invece se ne sta chiuso in casa o al bar a parlare sempre delle stesse cose e a... lamentarsi di tutto, di questa società e dei suoi, peraltro minimi, acciacchi. Ma io non so che cosa fare. Se provo a fargli notare appena quel che perde, si arrabbia e dopo ci metto giorni per ricuperare!
— Caro Carlo, non è la prima volta che qualcuno mi scrive per descrivere una situazione come quella di tuo padre, anche se per fortuna molti lettori parlano di ben altre figure di nonno! Trovo che sia molto bello quello che traspare dalla tua lunga e-mail e cioè il dispiacere per quanto tuo padre si sta “perdendo”, senza un cenno di lamentela per quanto potrebbe offrire alle vostre famiglie. Secondo me fai molto bene a cercare di farglielo notare anche a costo di prenderti qualche rimbrotto ingiustificato. Credo che sia un dovere dei figli farlo, almeno sino al momento in cui potrebbe accadere che le loro condizioni psicofisiche gli impediscano di comprendere... Nella tua descrizione ho ritrovato alcuni dei passi di una ricerca davvero interessante, che ha sondato gli effetti dell’allungamento della vita: “Risorsa per la famiglia e opportunità per la società”. Uno dei gruppi di anziani individuato dai ricercatori del Centro di ateneo Studi e ricerche dell’Università Cattolica di Milano è proprio quello dei “bloccati”, soggetti «che paiono essere come imprigionati in una condizione esistenziale negativa» e che, guarda caso, dimostrano un indice basso di soddisfazione, ma anche di solidarietà tra le generazioni, di numero di amici, di rapporti con i vicini, di attività fisica e di partecipazione ad attività associative. Non mollare dunque, Carlo. Come avrà detto lui un tempo da genitore, “fallo per il suo bene”.
CARLO
— Caro Carlo, non è la prima volta che qualcuno mi scrive per descrivere una situazione come quella di tuo padre, anche se per fortuna molti lettori parlano di ben altre figure di nonno! Trovo che sia molto bello quello che traspare dalla tua lunga e-mail e cioè il dispiacere per quanto tuo padre si sta “perdendo”, senza un cenno di lamentela per quanto potrebbe offrire alle vostre famiglie. Secondo me fai molto bene a cercare di farglielo notare anche a costo di prenderti qualche rimbrotto ingiustificato. Credo che sia un dovere dei figli farlo, almeno sino al momento in cui potrebbe accadere che le loro condizioni psicofisiche gli impediscano di comprendere... Nella tua descrizione ho ritrovato alcuni dei passi di una ricerca davvero interessante, che ha sondato gli effetti dell’allungamento della vita: “Risorsa per la famiglia e opportunità per la società”. Uno dei gruppi di anziani individuato dai ricercatori del Centro di ateneo Studi e ricerche dell’Università Cattolica di Milano è proprio quello dei “bloccati”, soggetti «che paiono essere come imprigionati in una condizione esistenziale negativa» e che, guarda caso, dimostrano un indice basso di soddisfazione, ma anche di solidarietà tra le generazioni, di numero di amici, di rapporti con i vicini, di attività fisica e di partecipazione ad attività associative. Non mollare dunque, Carlo. Come avrà detto lui un tempo da genitore, “fallo per il suo bene”.



