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Un re profondamente cristiano, ecumenico, religioso e spirituale che guida una Chiesa di stato ancora nel cuore della vita nazionale britannica, baluardo contro un ateismo sempre piu’ diffuso, in un Paese, il Regno Unito, tra i piu’ secolarizzati nel mondo. Arrivando a Roma per pregare con Papa Leone nella Cappella Sistina, re Carlo conclude un lungo percorso personale e cambia per sempre la storia della monarchia. E’ passato quasi mezzo secolo da quando, allora trentenne, alla ricerca di una direzione per la propria vita, l’ erede al trono si affidava al perennialismo del controverso guru Laurens van der Post, una corrente di pensiero che vede il mondo precedente la modernità come meglio integrato e più tollerante. Si armonizzavano, in questa visione, le diverse passioni del principe, la difesa dell’ambiente, il rifiuto del consumismo e dell’architettura contemporanea, la nostalgia per un mondo più in armonia con la natura, la sua fede in una base spirituale che informa tutto il Creato. Ormai quarantenne, nel 1994, con una frase che scatenò grandi polemiche, il principe dichiarò di voler essere “difensore del concetto di fede” anziché “difensore della fede cristiana”, titolo che appartiene al sovrano inglese, dato da Papa Leone X a Enrico VIII nel 1521, prima che il re rompesse con Roma dando vita a una chiesa di stato sua. Carlo spiegò, poi, di essere stato frainteso e di non avere nessuna intenzione di cambiare, una volta sul trono, il suo ruolo di Supremo Governatore della Chiesa di Inghilterra. Era ancora alla ricerca di una sua strada religiosa che gli consentisse di essere se stesso e di collocarsi, nello stesso tempo, nel cuore dello stato e della Chiesa che lo sostiene. Erano anche segni di un’apertura profonda verso le altre religioni e di un desiderio di trovare un dialogo con chi non era credente. Con gli anni il principe si e’ inserito nella vita cristiana della nazione ed è diventato un campione dei diritti dei fedeli al Vangelo perseguitati nel mondo, come ha testimoniato con la sua collaborazione all'associazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre” e tanti discorsi pubblici.
La Regina Elisabetta che pure, prima nella storia della monarchia, invitò l’allora Primate inglese Cormac Murphy-O’Connor a predicare a Sandringham e aveva molta simpatia per la Chiesa cattolica rimase, per tutta la vita, profondamente anglicana, attaccata al protestantesimo, con una fede molto biblica. Il re, negli anni, ha dimostrato un impegno per il lavoro ecumenico piu’ deciso e convinto di quello della madre. Quando, nel 1982, per la prima volta dalla Riforma di Enrico VIII, un Papa, san Giovanni Paolo II, arrivò nelle isole inglesi. L’allora principe Carlo decise di partecipare alla funzione ecumenica nella cattedrale di Canterbury, insieme all’allora arcivescovo di Canterbury Robert Runcie e al Santo Padre, facendo arrabbiare alcuni protestanti della Chiesa di Scozia. Tre anni dopo, accompagnato dalla moglie Diana, l’erede al trono, in visita in Vaticano, voleva andare, oltre che in udienza dal Papa, anche a una Messa cattolica nella cappella privata del Santo Padre. Due settimane prima della sua partenza, però, la Regina Elisabetta, preoccupata delle reazioni che quella scelta radicale e controcorrente – la prima volta di uno sovrano inglese a una Messa cattolica dai tempi di Enrico VIII - avrebbe provocato nel mondo protestante, intervenne per fermare l’iniziativa del figlio e decise che l’udienza col Papa era piu’ che sufficiente. Erano altri tempi.
Oggi il capo di una chiesa nata in rottura con Roma, prega accanto al Papa e la liturgia, proprio su richiesta di re Carlo, celebrera’ il decimo anniversario della Laudato Si’ di Papa Francesco che il re ha incontrato due volte, nel 2017 e nel 2019, e col quale condivideva la passione per l’ ambiente. Anche in patria il sovrano ha deciso di dare un nuovo profilo alla Chiesa cattolica inglese, nata nel 1850, quando i cattolici, quasi sempre immigrati irlandesi, recuperarono i loro diritti civili. Un gesto fra tanti e’ stata la sua decisione di visitare l’oratorio di Birmingham, fondato da san John Henry Newman quando il santo inglese è stato dichiarato dottore della Chiesa il 31 luglio scorso. Per Carlo, molto devoto a Newman, si e’ trattato di una specie di pellegrinaggio durante il quale ha ammirato, tra altri ricordi, il rosario del santo. Del neodottore della Chiesa, come ha scritto in un articolo pubblicato sull’Osservatore Romano nel 2019, lo stesso re Carlo ammira la profonda religiosità e la grande capacita’ di dialogo. E quale prova migliore puo’ esserci del profondo ecumenismo che anima il sovrano della decisione di invitare, anche qui per la prima volta dalla rottura di Enrico VIII con Roma, il Primate cattolico Vincent Nichols alla sua incoronazione il 6 maggio del 2023. E anche di farsi benedire dal cardinale inglese quando, soltanto settant’anni prima, veniva proibito ai fedeli a Roma di entrare nelle chiese anglicane. Sempre la processione per l’incoronazione, da Buckingham Palace a Westminster abbey, è stata guidata dalla Croce del Galles dentro la quale il re ha voluto far incastonare due frammenti della Vera Croce, che si ritiene sia stata usata nella crocefissione di Gesù, donati da Papa Francesco al sovrano specialmente per l’occasione. Re Carlo in viaggio verso la Cappella Sistina dà vita alle parole usate da lui stesso, in quell’articolo pubblicato sull’ Osservatore Romano, per commemorare Newman in occasione della sua canonizzazione: "Tutte le nostre divisioni possono portare a una comprensione piu’ profonda e tutte le nostre liturgie possono trovare una casa comune”.



