Nessun accanimento, ma la richiesta di chiarimenti definitivi sull’interpretazione del diritto. La procura di Palermo, con il cosiddetto «ricorso per saltum», cioè direttamente in Cassazione, chiede un «vaglio di legittimità». Vale a dire, essendo comunque accertati i fatti storici, i pm del pool coordinato dal procuratore aggiunto Marzia Sabella, si rivolgono alla Suprema Corte per sapere, sul caso che vede protagonista il vicepremier Matteo Salvini e per altri futuri casi analoghi, qual è la corretta interpretazione delle norme.

Facciamo un passo indietro. I fatti accertati sono quelli che riguardano l’impedimento allo sbarco per i 147 migranti a bordo della Open Arms dal 14 al 20 agosto 2019. La decisione di non assegnare un porto sicuro (pos) per tutti quei giorni fu di Salvini accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. In data 20 dicembre 2024 Salvini viene assolto perché il tribunale, pur riconoscendo la verità dei fatti, ritenne che l’Italia non aveva il dovere di assegnare il porto sicuro alla nave battente bandiera spagnola.

Nella sentenza si chiarisce che è vero che i naufraghi, giunti in acque territoriali italiani furono trattenuti contro la loro volontà a bordo della nave, ma si esclude la responsabilità dell’allora ministro dell’Ibterno.

La procura di Palermo chiede, con il ricorso il Cassazione, che sia data la giusta interpretazioni alle leggi italiane e internazionali. «La ritenuta estraneità del ministro dell'Interno, quale autorità nazionale deputata a rilasciare il Pos, rispetto ai tre eventi di salvataggio avvenuti in acque internazionali, è stata sostenuta in ragione del fatto che, secondo il Tribunale, in base alla vigente normativa, l'Italia non poteva essere qualificata né Stato di bandiera né Stato di primo contatto né Stato competente sulla regione Sar (ricerca e soccorso in mare n.d.r.) in cui avvennero i soccorsi». Ma, secondo i ricorrenti «il sistema delle c.d. leggi del mare non prevede, né può prevedere, vuoti di tutela, ancor meno per i soccorsi operati dai, meno attrezzati, natanti privati (che le Convenzioni, facendo continuo riferimento ai “comandanti di navi”, ovviamente includono)». L’Italia, inoltre ha sottoscritto le tre Convenzioni sul soccorso in mare (Solas, Sar, Unclos), che si fondano «su quel principio consuetudinario, frutto “delle più antiche tradizioni marinare secondo cui nessuna richiesta di soccorso in mare deve restare senza risposta”» introducendo così «come imprescindibile corollario, il dovere di solidarietà e sussidiarietà tra gli Stati che, pertanto, sono tenuti a intervenire in caso di inerzia, rifiuto o assenza degli altri».

In sostanza con il ricorso si chiede alla Cassazione di verificare la correttezza da parte del giudice di primo grado, dell’applicazione delle norme e delle procedure senza entrare nel merito della causa ma dando, anche per l’avvenire, una corretta applicazione della legge.