Ci sono alcune cose che diamo per scontato. Mi sono accorto che una di queste cose che fingiamo di conoscere è la preghiera. Ascoltando le domande delle persone, mi sono accorto che ci sono molti luoghi comuni distorti intorno a questo aspetto della vita. Purtroppo, fatta eccezione per il tempo degli Esercizi spirituali, è difficile trovare altri momenti per aiutare le persone a vivere questa dimensione fondamentale della fede. In genere parto dalla costatazione che la preghiera ci aiuta a vivere più profondamente quello che siamo, cioè esseri in relazione con Dio, creati per questa relazione. La preghiera è infatti tutto quello che ci mette in relazione con Dio. Siamo creati a immagine e somiglianza, abbiamo la capacità di entrare nella relazione con il Creatore e siamo tanto più noi stessi quanto più viviamo questa relazione. La preghiera può anche essere definita come un lasciarsi vedere: se è vero che uno dei nostri bisogni fondamentali è quello di essere riconosciuti, visti, apprezzati, è proprio nella preghiera, cioè stando davanti a Colui che ci conosce fino in fondo, che possiamo sentirci visti e amati così come siamo. La preghiera ci permette inoltre di integrare quelle dimensioni che nella vita ordinaria possono prendere direzioni diverse. I padri del deserto descrivono infatti la preghiera come un mettere la testa vicino al cuore, cioè avvicinare i nostri pensieri ai nostri sentimenti. Significa trovare un’integrazione, ritrovarsi nell’unità dei diversi aspetti della nostra vita. Possiamo vivere talvolta anche la fatica della preghiera, perché vuol dire anche riconoscere la nostra debolezza: pregare è ammettere che ci manca qualcosa, significa esprimere la nostra debolezza. Siamo creature fragili e perciò bisognose. Abbiamo la necessità di chiedere. La preghiera è un domandare. È vero però che di solito rivolgiamo le nostre domande a qualcuno di cui ci fidiamo e al quale attribuiamo il potere di intervenire in nostro favore. La preghiera esprime quindi una fiducia nei confronti di Dio. Chi non prega, generalmente è uno che non si fida. Ma la preghiera richiede anche umiltà, vuol dire ammettere che non siamo autosufficienti e che abbiamo bisogno di un altro. La preghiera è anche lasciarsi toccare: non si tratta di elaborare visioni teologiche, ma di lasciare che la Parola di Dio tocchi la nostra vita. Possiamo dire di aver pregato veramente, quando sentiamo che qualcosa è realmente cambiato nel nostro modo di guardare la realtà.